Rivive la Roma-Napoli-Roma, in bici
Partirono per la prima volta da Porta Pia nel 1902, in un momento in cui Roma viveva una nuova vita e la bicicletta era ormai diventata la regina dei desideri del secolo appena iniziato. Il luogo non era casuale, anche perché partirono il Venti Settembre. Tanto per ricordare al Pontefice della scomunica antipiemontese che tre decenni prima era finita l’era del “Papa Re”.
Così il XX Settembre del 1902 si corre la prima edizione della “Corsa ciclistica Roma – Napoli – Roma”, che negli anni divenne mitica, teatro di battaglie tra tutti i grandi dell’epoca. Finì in piena epoca fascista, per essere negli anni dimenticata. Ma non da un gruppo di appassionati della epopea della bicicletta, un po’ veri cultori di storia e un po’ pazzi: recuperano i grandi tracciati eroici e, soprattutto, recuperano e ricostruiscono le biciclette e l’affascinante abbigliamento dei ciclisti d’epoca. E ci vanno – su quelle bici – per centinaia di chilometri.
Così nel fine settimana di questo 20 Settembre 2021 la Nova Unione Velocipedistica Italiana ha deciso di far rivivere la corsa che aveva acceso la fantasia e il tifo di tutta Italia, con il supporto – nemmeno a dirlo – della Associazione Nazionale Bersaglieri.
In una quindicina si sono fatti ammirare (in tutti i sensi, estetico e sportivo) dentro il cortile di Porta Pia che, se non ci fossero stati i flash di tanti smartphone a immortalarli, si poteva davvero immaginare di essere tornati indietro di centoventi anni. Maglie di lana a strisce, pantaloni alla zuava o completi campagnoli con giacca e cravatta, scarpette di cuoio, bici di ferro con zainetti e borracce in alluminio.
[Questo post è stato pubblicato originariamente su Fogli&Viaggi]
L’hanno rifatto in gruppo, per due giorni quasi ininterrotti, quel tracciato che “scende” dalla via Casilina fino a Cassino, Capua e poi Napoli, per “risalire” lungo la via Appia per Terracina, i Castelli fino alla capitale. Sono 450 chilometri, per strade ora ben asfaltate (insomma: abbastanza bene…). Ma proviamo a fare un salto nel passato, e a immaginare cosa doveva essere correre su quelle strade bianche, completamente in balìa di se stessi, in una Italia appena riunificata.
La corsa venne ideata dalla Società sportiva “Forza e Coraggio”, sull’onda di due randonnée d’Oltralpe che stavano riempiendo le cronache dei giornali alla ricerca di eroi del nuovo mezzo: la Lione-Parigi-Lione e la Parigi-Brest-Parigi (che ancora esiste). E di coraggio, è il caso di dirlo, ne occorreva parecchio. Il percorso metteva davvero paura: le strade erano ovviamente bianche, molte di quelle che conosciamo – a partire dalla via Pontina – non esistevano, tutta la enorme area tra il Circeo, Terracina e le alture del Frusinate era una palude pericolosa e malsana (ricordate “Canale Mussolini”?).
E poi le biciclette… Quasi non si riesce a immaginare di percorrere quello sproposito di chilometri su mezzi pesantissimi, ovviamente senza cambi. Imprese assurde ma possibili come testimoniano questi appassionati delle “bici eroiche”.
In una quindicina si sono fatti ammirare dentro il cortile di Porta Pia. Si poteva davvero immaginare di essere tornati indietro di 120 anni: maglie di lana a strisce, pantaloni alla zuava o completi campagnoli con giacca e cravatta, scarpette di cuoio, bici di ferro con zainetti e borracce in alluminio
Insomma, si parte. Per le prime edizioni vincono quasi solo i ciclisti romani, anche grazie – si dice – a sostanziosi aiuti lungo le strade deserte. Ma ben presto inizia la stagione dei miti. Dal 1906, per tre anni di seguito trionfa l’imbattibile Gerbi con la sua maglia scarlatta: resterà come il “Diavolo Rosso” nella storia del ciclismo (e nelle canzoni di Paolo Conte). Ma nel frattempo è iniziata l’era di Costante Girardengo: arriverà primo al traguardo nel 1913 e poi nel 21, 22, 23 e 25. In mezzo, il successo di un giovane ciclista molto noto a Roma: Romolo Lazzaretti, che col fratello Remo ha nel frattempo fondato la bottega ciclistica ancora famosa nella capitale. E in questa lista si aggiungeranno Binda, Guerra, Belloni, Ganna.
I tempi, intanto, sono cambiati. Il Risorgimento va bene, ma nel frattempo è iniziato il nuovo corso dei Patti Lateranensi e c’è qualcun altro da celebrare: alla Roma-Napoli-Roma si sovrappone la Predappio-Roma. È il 1934. Nel dopoguerra per un po’ rinascerà come Corsa Ciclomotoristica, nel senso che i ciclisti venivano “tirati” da un partner su uno scooter in omaggio al nuovo mito italiano su due ruote. Ebbe anch’essa grande notorietà con i campioni più famosi, ma durò poco e in breve scomparve dalla memoria. Finché un gruppo di appassionati un po’ folli…
[Angelo Melone, nato nel ’56, giornalista prima a l’Unità poi a Repubblica, ha scritto questo post originariamente per Fogli&Viaggi]
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