I candidati e il fantasma del Campidoglio

In questa campagna elettorale che volge alla fine si è parlato molto di rifiuti, poco di Atac, ma non si è discusso praticamente per niente della macchina amministrativa del Campidoglio e di come funziona; o meglio, direbbe qualcuno, di come non funziona, o non funziona come dovrebbe. 

I dipendenti comunali erano, nel 2018, circa 23.400. Nel 2020, poco più di 23.100 ( i dati sono del Comune). Tanti ma, in proporzione al numero di abitanti, meno che a Milano e in altri grandi città. A quel dato va aggiunto poi il numero dei dipendenti delle società partecipate, come Zétema (quasi 800), che gestisce ormai gran parte delle attività culturali. Ama (circa 7.200), Atac (circa 11.000), Risorse per Roma, Farmacap, Roma Metropolitane. Una massa di persone più o meno equivalente a quella direttamente alle dipendenze dal Campidoglio. Eppure, di loro, del loro lavoro, nel bene e nel male, si parla poco, anche se è importante per la qualità della vita di chi vive a Roma. La macchina capitolina è una specie di fantasma, anzi il convitato di pietra, come nel “Don Giovanni”.

Ne abbiamo discusso con Roberto D’Alessio, 67 anni, in pensione dal giugno scorso. Assunto per concorso grazie alla famosa legge 285, è stato un dipendente comunale per oltre 40 anni, ma non era un impiegato qualsiasi. Si è occupato quasi sempre di comunicazione. Ha lavorato nel gabinetto di Walter Tocci quand’era assessore alla Mobilità, Ha curato il canale YouTube della Capitale con la giunta Alemanno, ha diretto vari Urp (gli uffici di relazione con il pubblico) e la comunicazione dell’Ufficio del Difensore Civico, ed è stato anche social media strategist del Comune con la giunta Raggi, per poi terminare la carriera guidando la comunicazione del VII Municipio. Non è mai diventato dirigente, è arrivato al grado più alto dei funzionari, D7.
Per alcuni anni, nei Novanta, D’Alessio ha guidato la Cgil del Litorale romano, per poi rientrare in Campidoglio. Ed è stato anche segretario della sezione del Pd dei dipendenti pubblici. Un uomo con un’esperienza piuttosto vasta, insomma.

Di macchina amministrativa in questa campagna elettorale praticamente non si parla. Eppure dovrebbe essere un tema importante, per una città così grande e problematica, e che è anche Capitale. Una questione, quella della burocrazia, che per moltissimi romani resta una croce.
In realtà, il degrado della macchina è cominciato dai tempi di Veltroni. L’unico momento, in tempi recenti, in cui c’è stata una grande attenzione al funzionamento della macchina capitolina, e a metterla a posto, è stato con Rutelli. Dopo, per porre rimedio ai vari problemi, ognuno ha cercato le scorciatoie. Sono cresciute enormemente le società in house a cui venivano affidati lavori in continuazione, togliendoli all’attività dell’amministrazione. Le cose più appetibili, dal punto di vista della cultura, della gestione delle strutture di qualità dell’amministrazione non venivano più fatte dai dipendenti, perché c’era un’idea che i dipendenti – idea che ha riguardato Veltroni, Alemanno, Marino e Raggi – in realtà sono degli sfaticati e non hanno voglia di fare niente.
Su questo, ovviamente, tutto il periodo dei furbetti del cartellino, delle inchieste delle Iene etc ha pesato enormemente. Non metto in dubbio che una parte dei miei ex colleghi non sia proprio un fior fiore di efficienza e volontariato. Ma a pensarci bene, l’amministrazione comunale oggi compie un miracolo quotidiano, gestendo le persone dalla culla alla tomba. Nel senso che il sistema è talmente complicato e variegato, che le cose che vengono fatte sono in qualche modo straordinarie. Poi, ovviamente, quello che emerge sono le cose che non vanno, i deficit, la monnezza per strada, gli autobus che non passano, i certificati che non vengono evasi, i cambi di residenza che non vengono soddisfatti…

Roberto D’Alessio

Sta dicendo che in fondo ci dobbiamo accontentare?
Assolutamente no. Il periodo d’oro è stato quando si è pensato che si dovesse convincere il personale a partecipare alla trasformazione della macchina. Questo lo deve capire chiunque voglia fare il sindaco di Roma: non si può governare contro i dipendenti, bisogna conquistarseli, fare in modo che si sentano contenti di venire a lavorare, che vogliano fare formazione, etc Questo è il modo in cui un sindaco riesce a migliorare l’attività dell’amministrazione, riducendo enormemente le spese. Perché gli appalti esterni costano un sacco di soldi. Per esempio, il Servizio giardini. Una volta c’erano 4.000 giardinieri. Adesso ce ne saranno forse 500, non di più. Roma è la città più verde d’Europa, in termini di estensione di parchi ville, giardini etc. Pensare di risolvere questa cosa affidandosi esclusivamente a una serie di appalti esterni significa spendere molto di più e non ottenere risultati. Non a caso una bella fetta di inchiesta su Mafia Capitale era sugli appalti del verde e dell’assistenza, due cose su cui c’era maggior modo di inserire personaggi assolutamente discutibili.
Bisogna conquistarsi i dipendenti. Una volta conquistati, li hai formati, li hai motivati a svolgere la loro attività, e a quel punto si riesce a governare il meccanismo. Se questa operazione non si tenta neanche, non si pensa neanche, è inutile.

Qualcuno però potrebbe dire: ma come, li paghiamo per lavorare, bisogna pure motivarli?
È giusto. Però se non si fa così, non cambia niente. L’Ama, per esempio, è un posto in cui si è fatto ancora di meno nei confronti nei confronti del personale, per motivarli. Sì, ci sarà anche qualche “mascalzone”, qualche figlio di buona donna. Ma se tu ci ragioni, magari quello si dà da fare. Prendiamo le Poste Italiane: per decenni sono state un incubo, una cosa che non funzionava e apparentemente irriformabile. Eppure, a un certo punto è arrivato Corrado Passera e la situazione è cambiata radicalmente (anche se c’è da dire che ora sta ripeggiorando). Anche i dipendenti delle Poste erano pagati per lavorare, ma non cambiava mai nulla.

Bisogna conquistarsi i dipendenti. Una volta conquistati, li hai formati, li hai motivati a svolgere la loro attività, e a quel punto si riesce a governare il meccanismo. Se questa operazione non si tenta neanche, non si pensa neanche, è inutile

C’è una quantità di agenzie, organismi etc che di fatto sono parte del Comune, ma i cui dipendenti sono, almeno ufficialmente, privati.
Questo è l’altro modo con cui cui hanno superato il problema dei dipendenti che non lavoravano. Invece di migliorare il funzionamento dei servizi, migliorare la formazione, migliorare il personale, si è preferito dire: a quelli do lo stipendio anche se non fanno niente, intanto mi faccio una società con quelli che chiamo io e che mi fanno i lavori che voglio io. Questa è gente che lavora per il Comune, pagata dal Comune, con contratti privati. 

Burocrazia e servizi. Secondo lei quali sono le cose che funzionano meno, a Roma?
Sicuramente, dal punto di vista del servizio ai cittadini, manca un’attività di decentramento degli sportelli. Sono assolutamente convinto che abbia ragione il sindaco uscente di Milano Beppe Sala (che ora si è ricandidato) quando parla della “città dei 15 minuti”. Provi a immaginare cosa è successo al VII Municipio, che è il municipio più grande d’Europa per estensione, per numero di cittadini, una cosa pazzesca. Aveva due sedi. A un certo punto si è deciso di abbandonare quella di Villa Lazzaroni, e quindi tutti i cittadini dovevano convergere sugli uffici di Cinecittà. Questo ha provocato un aumento del traffico, dello stress, etc etc. Una delle cose positive che la sindaca Raggi ha fatto, è stata quella di rafforzare i servizi online, e questo le va riconosciuto, perché ora i servizi via web – complice la pandemia, certo – sono moltissimi. Molti cittadini possono evitare di muoversi e usare il computer. Ma alcuni non lo possono fare per certi servizi, non lo sanno fare o non riescono a farlo, e quelli quindi bisogna acchiapparli entro 15 minuti da casa. A quel punto, si crea un rapporto migliore coi cittadini.

Uno dei meriti dell’amministrazione uscente è quello di aver puntato sui servizi online, d’accordo. Però, anche lì, spesso non sembra facilissimo usarli, accedere alle informazioni. E il sito del Comune, nonostante i notevoli investimenti, è strutturato male.
Abbiamo avuto una specie di miracolo. È stata messa in smart working una quantità indefinita di dipendenti senza niente. Gli è stato detto: ti metto in smart working, ma il computer è tuo, la linea è la tua e impari da solo. Io ho passato gli ultimi mesi, quando ero al VII Municipio, a fare assistenza telefonica ai colleghi a cui si inceppava il sistema, etc. Quella roba lì, non è stato sostenuta in alcun modo. Sempre perché manca la formazione. In tanti anni, l’amministrazione ha speso e continua spendere milioni di euro per fare avere ai dipendenti la patente europea Microsoft: che però è una fregatura, perché è come se si avesse la patente per guidare solo le Toyota, quando uno vuole la patente per guidare qualsiasi auto, non solo la Toyota. Ancora: come è avvenuto l’hackeraggio del sistema informatico della Regione Lazio? Il figlio di un dipendente che ha smanettato su un computer per il quale il dipendente non aveva avuto alcun tipo di formazione per la sicurezza. Hai messo una persona a casa a lavorare, non gli hai spiegato a cosa doveva stare attento e gli hacker se ne sono approfittati. Può capitare di nuovo, in qualsiasi momento. 

Molti cittadini oggi possono evitare di muoversi e usare il pc. Ma alcuni non lo possono fare per certi servizi, non lo sanno fare o non riescono a farlo, e quelli quindi bisogna acchiapparli entro 15 minuti da casa

È un miracolo, che non sia successo anche al Comune di Roma?
Sì. Forse gli hacker non erano abbastanza interessati. Il servizio della Regione Lazio che è stato attaccato era più determinante, perché riguardava la salute, quindi il ricatto era forte. 

Foto di Ana Rey diffusa da Flickr.com con licenza creative commons

Quali sono le soluzioni possibili per migliorare la qualità dei servizi offerti dal Comune?
Formazione, formazione, formazione. E poi fare la formazione anche ai cittadini. Non basta dire: ti offro il servizio. Vallo a trovare! Il portale del Comune è una roba pensata con una logica burocratica, non per semplificare la vita delle persone, ma per farle impazzire. 

Formare i cittadini, in che senso?
Su come funzionano i servizi online. E l’amministrazione dovrebbe farlo creando strumenti, anche online, spiegando precisamente, a partire dalla necessità di ognuno, come si fa a ottenere un certificato, un atto, etc.

Le famose FAQ (domande fatte frequentemente), ma fatte bene, insomma.
Sì.

Nella sua esperienza coi social media, quali sono le cose che le persone in questi anni hanno chiesto più spesso? E c’è margine per intervenire?
C’è margine, dando certezza sui tempi delle procedure, una cosa su cui la gente diventa matta. Il 20-25% della nostra attività consisteva nello spiegare come arrivare a ottenere certe informazioni. Noi, essendo interni, eravamo ovviamente più preparati. Ma anche io ho avuto qualche difficoltà a farlo. Prima di tutto, perché il motore di ricerca del portale non funziona bene. Ti dà 25.000 pdf sulle cose più disparate, quando fai una ricerca, ma non l’informazione precisa di cui hai bisogno, senza un minimo di ordine, di priorità. Se cerco come si fa a ottenere un certificato di morte, la prima cosa che deve apparire è un link, non un documento generico, magari di anni fa, in cui si parla di certificati. È un problema che non è mai stato risolto. 

I social istituzionali del Comune quanta attenzione hanno, da parte di chi amministra, dei politici eletti?
I social in Campidoglio sono arrivati di fatto con Alemanno, che in qualche modo era abbastanza tollerante. A me non hanno mai detto niente, mai data alcuna indicazione politica. Abbiamo sempre lavorato tranquillamente. Probabilmente perché lo stesso Alemanno non era preparato. Raggi, che è certamente preparata sul tema, e ha dei social seguitissimi, ha privilegiato i canali suoi, i social politici, rispetto a quelli istituzionali.

Il motore di ricerca del portale web del Comune non funziona bene. Ti dà 25.000 pdf sulle cose più disparate, quando fai una ricerca, ma non l’informazione precisa di cui hai bisogno, senza un minimo di ordine, di priorità

Da ex comunale ed ex sindacalista: si dice spesso che il Comune abbia troppi dipendenti. Quant’è vero? Ed è vero che sono distribuiti male?
Sono sicuramente distribuiti male. Una delle cose che fa scandalo, è che con le ultime assunzioni per concorso, sotto Raggi, non sono state rafforzate le strutture decentrate, ma quelle centrali, che probabilmente non ne avevano bisogno. Nei municipi invece si schiatta, c’è una situazione complicata. Purtroppo c’è una vecchia regola non scritta: la distribuzione del personale, più che in base alle necessità o alle competenze, si fa in base alla vicinanza al luogo di lavoro. Poi ci sono anche fior fiore di professionisti a cui spesso si chiede di fare lavori infimi, e che sono frustrati. Raggi è stata brava perché è riuscita a prenderne alcuni, valorizzandoli, per il suo circuito, e ha gonfiato i suoi staff.
Secondo me il numero di dipendenti del Comune sarebbe sufficiente, se fosse organizzato e gestito meglio. 

Ma è un problema politico?
È una questione di capacità manageriale. Se i dirigenti non sono capaci di far lavorare le persone che hanno, mica è colpa del sindaco. Il sindaco può scegliere poco, mentre dovrebbe avere una maggiore possibilità di scegliersi e manovrare i dirigenti, un maggiore spoil system. Sicuramente sarebbe rischioso, ma servirebbe.

Foto di Lunghetto diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

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