Marrazzo: una Roma solidale e inclusiva

Da anni attivista LGBT+, Fabrizio Marrazzo, nel corso delle sue battaglie, ha maturato la convinzione che le forze politiche attuali – comprese quelle di centrosinistra – non abbiano realmente a cuore i temi dei diritti e dell’inclusività, che vengono a volte usati come bandiera, ma in modo formale, con una scarsa attenzione alle problematiche concrete e quotidiane del mondo gay, lesbo e trans.
È questa convinzione che lo ha spinto verso la creazione di un “Partito Gay”, di cui attualmente è portavoce nazionale, un partito che, alle prossime elezioni amministrative, si presenterà come forza politica autonoma in varie città, inclusa Roma.
Per conoscere meglio lui – candidato sindaco nella sfida capitolina – il suo programma e i suoi obiettivi, lo abbiamo raggiunto e intervistato telefonicamente.

Direi di cominciare raccontandoci chi è Fabrizio Marrazzo. Ci parli di lei e di come è maturata la sua passione politica.
Io sono un ingegnere gestionale. In questa veste ho lavorato come consulente per molte società internazionali. E sono un attivista LGBT+. Ho fatto la mia prima tessera di ArciGay all’età di 16 anni. Nel 2003 sono diventato segretario di ArciGay Roma e poi consigliere nazionale di ArciGay. Nel 2006 ho dato l’avvio al servizio “Gay Help Line” il primo numero verde nazionale contro l’omofobia. Qualche anno dopo ho realizzato la prima casa famiglia per le vittime di omotransfobia.

Come mai dall’associazionismo e dal volontariato è poi passato all’attività politica?
Perché nel corso di quegli anni mi sono reso sempre più conto che il mondo del volontariato può fare ma c’è bisogno di leggi a supporto, in una parola di politica. Mi sono perciò occupato della legge sull’omofobia, per aiutare la comunità LGBT. Ma in parlamento quella legge ha subito varie trasformazioni. Oggi come oggi la legge contro l’omofobia non dà nemmeno i diritti che trent’anni fa dava la legge contro il razzismo. Se oggi io dico che una persona nera è una persona inferiore commetto giustamente un reato penale, ma se dico che una persona gay o lesbica è una persona malata è purtroppo lecito. In pratica la legge sull’omofobia protegge gli omofobi.

La situazione non può migliorare in caso di approvazione del DDL Zan?
Il dibattito che vedo sui media a proposito del DDL Zan è uno show tutto e solo ideologico. Da una parte il centrodestra che dice che si vuole portare la teoria gender e non so che altro ai bambini. Dall’altra il centrosinistra che vanta di essere vicino alle istanze della comunità LGBT. In realtà è tutta fuffa, non c’è nulla di concreto.
Guardi, a titolo di esempio, la legge attualmente in discussione in parlamento, con una clausola per così dire nascosta, finirà persino per bloccare le attività formative nelle scuole. È un paradosso, perché, mentre da un lato si dice che, durante la giornata mondiale contro l’omofobia, si dovrà parlare di omofobia nelle scuole, dall’altro si sta creando un iter che renderà impossibile fare corsi di formazione sul tema.
Oggi che succede? Che se io voglio fare un corso contro l’omofobia vado in una scuola, ne parlo con il consiglio d’istituto, che potrà dirmi sì o no. Semplicissimo.
Domani, se la legge non verrà modificata, per fare un corso dovrò rientrare nel piano scolastico triennale, quindi attendere che il piano attualmente in vigore scada, fra uno due o tre anni, a quel punto presentare la richiesta oltre al consiglio d’istituto anche al consiglio dei docenti, infine, se l’iter ha avuto un esito positivo, a inizio anno – e qui sta la trappola – questo corso dovrà essere accettato formalmente dai genitori attraverso il “patto di corresponsabilità”. Significa, cioè, che i genitori a inizio anno devono farsi dare il foglio del patto, che presenta una serie di caselle, barrare quella sull’omofobia e firmare il modulo. Quanti genitori andranno, prima dell’inizio dell’anno scolastico, a farsi dare il modulo, barrare la casella e firmarlo? Nessuno credo. E probabilmente, in molti casi, non perché sarebbero contrari alla cosa, ma semplicemente perché non sanno dell’esistenza del patto di corresponsabilità e in quel momento delicato d’inizio anno sono giustamente presi da altre questioni.
Il paradosso è anche che questo iter così complesso non vale per altri temi analoghi di educazione civica, come il razzismo e i diritti sulle donne. E credo che se qualcuno provasse a modificare l’iter anche per quei temi si alzerebbero le barricate.

È dunque per questo che ha ritenuto necessario creare un Partito Gay?
Se la politica si dimentica di noi, noi, che siamo una grande comunità, che rappresenta circa il 15% della popolazione italiana, dobbiamo muoverci per fare valere e tutelare i nostri diritti. L’esistenza di un partito che, fin dalla sua denominazione, si occupa a 360 gradi di tematiche relative al mondo LGBT+ è necessaria. Il primo appuntamento saranno le elezioni amministrative, in cui ci presenteremo a Roma, a Torino, a Milano e probabilmente a Napoli, oltre che in molte altre città minori. Complessivamente parliamo di una platea di circa sette milioni di cittadini. Siamo convinti che la comunità LGBT+ ci darà fiducia, per poter avere nelle istituzioni delle persone in grado di fare valere le istanze della comunità. Persone competenti e capaci e che conoscono al macchina amministrativa. Io, ad esempio, ho lavorato molto nella consulenza per le amministrazioni, anche per il Comune di Roma e quindi conosco bene i meccanismi della burocrazia capitolina.

A parte le questioni relative ai diritti LGBT+, sui problemi specifici della città, come rifiuti o trasporti, in cosa un Partito Gay può fornire un valore aggiunto?
Oltre ai temi dei diritti, che sono ovunque e sono importanti, noi abbiamo elaborato un programma complessivo. Il nostro partito si è definito “solidale, ambientalista e liberale” proprio perché abbiamo una visione complessiva della città e del paese.

Ci spieghi meglio come si declinano e si armonizzano questi tre termini.
Solidale, ambientalista e liberale significa coniugare più elementi, armonizzandoli attraverso un nuovo concetto: quello più europeo e cioè che non si lavora in modo contrapposto fra lavoratori, ambiente e imprese ma in modo coeso. Tutelando i lavoratori e aiutando le imprese a convertirsi in senso ecologico, con incentivi. E pensando alle problematiche di tutti con uguale impegno. Per fare un esempio oggi vediamo il centrodestra che si occupa solo di partite iva e il centrosinistra solo dei lavoratori dipendenti, senza capire che spesso la partita iva svolge lo stesso lavoro del dipendente. Questa discrepanza si è vista con i ristori del governo Conte, quando, a parità di reddito, un lavoratore dipendente percepiva 600/700 euro di cassa integrazione, a fronte di un ristoro di soli 50/100 euro per la partita via. Attraverso i fondi del recovery fund destinati alla Capitale, ora sarà possibile avviare questo nuovo tipo di approccio e poter realizzare delle politiche che finalmente avvino a soluzioni i problemi di Roma.

A proposito di problemi di Roma, quali pensa siano le priorità da affrontare nella Capitale?
Sicuramente i rifiuti, che devono diventare una risorsa. I trasporti che devono diventare sempre più ecologici, elettrici e ibridi, per dare migliori strumenti alla cittadinanza. Regolamentando anche la mobilità su bici e monopattini, senza che le ciclabili diventino un problema per la viabilità, come purtroppo ultimamente è avvenuto a San Giovanni e in altre zone.

So che lei ha molto a cuore il tema del riuso.
Sì, anche perché attraverso il riuso si possono realizzare progetti che vanno nella direzione che le dicevo prima. In alcune città sono stati avviati progetti bellissimi. Le faccio un esempio: alcune donne vittime di violenza sono state impiegate per riadattare vestiti, dopo averli sterilizzati, realizzando vestiti che vengono rimessi in circolo nel mercato e venduti. È un piccolo esempio di come si possa coniugare ambiente, impresa e scoiale. Zero rifiuti, un utile economico e un aiuto sociale. Piccoli progetti come questi possono essere avviati a migliaia anche a Roma.

Perché lei ha iniziato la sua campagna elettorale dall’ex manicomio di Santa Maria della Pietà?
È un luogo storico per la comunità LGBT+. Ancora fino al 1968 persone gay, lesbo e trans venivano rinchiusi in quel manicomio, solo perché i genitori scoprivano che amavano una persona dello stesso sesso. Solo negli anni ottanta quelle persone sono potute tornare libere. Ho iniziato la campagna lì perché è un luogo simbolo che aiuta a ricordare un passato fin troppo recente di discriminazione e vessazioni.
Inoltre è uno di quei luoghi pubblici abbandonati e che vanno riqualificati con progetti utili alla comunità. A oggi il Comune di Roma ha centinaia di immobili di proprietà inutilizzati. Non esiste nemmeno una mappa per sapere quanti e quali siano con precisione questi luoghi. Invece quei luoghi vanno mappati, riqualificati e restituiti ai cittadini per funzioni di pubblica utilità o come luoghi di cultura e di aggregazione.
L’idea è quella di utilizzare questi luoghi, soprattutto quelli presenti in periferia, per creare punti di aggregazione, dare opportunità d’impresa per chi li riqualificherà e gestirà, oppure sfruttarli per edilizia popolare. Basterebbe questo per fare rivivere la città e dare un aiuto alle situazioni di fragilità economica.

Se dovesse essere eletto sindaco, quali sarebbero le cose da fare a partire già dal primo giorno in Campidoglio?
Promuovere iniziative contro l’omofobia ovviamente. Ma anche avviare un piano per i rifiuti, che tenda al rifiuto zero. E una programmazione del trasporto pubblico serio e articolato. Essere liberali è dare a tutti le stesse possibilità e per dare le stesse possibilità devi dare a tutti la stessa possibilità di muoversi efficacemente per raggiungere scuole e posti di lavoro.

Se non dovesse andare al ballottaggio pensa di poter dare indicazione di voto per qualcuno degli altri candidati in lizza? Con chi sente maggiori affinità? E chi invece sente più distante?
Sicuramente con Michetti che rappresenta una destra spesso omofoba e con Calenda, nel cui partito c’è l’autore della norma del DDL Zan di cui prima abbiamo parlato, non ci sarà possibilità d’intesa. Sugli altri candidati ci sarà una valutazione su chi accoglierà le nostre istanze. Dare un voto a noi significa comunque rafforzare il peso di queste istanze.

Come giudica l’operato dell’attuale sindaca Virginia Raggi? E quello dei suoi predecessori, da Marino, ad Alemanno, a Veltroni?
Roma ha dei problemi che vengono da lontano. Quello che vediamo di negativo oggi con la giunta Raggi ha le radici nelle amministrazioni recedenti. Solo cambiando le logiche, con una programmazione a lungo termine, non tamponando i problemi di oggi ma con una visione da qui a venti anni, Roma può migliorare e sfruttare le grandissime potenzialità che ha.

Che augurio fa a Roma, chiunque sarà il prossimo sindaco?
Mi auguro che chiunque diventi sindaco possa acquisire molti punti del nostro programma, che non sono utili solo alla comunità LGBT+ ma a tutti i cittadini di Roma.

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