Via dei Fori Imperiali

I cinque gradini iniziali sono un indizio. Per il resto la scalinata che dai Fori Imperiali sale a un certo punto verso sinistra – spalle a piazza Venezia – è camaleontica fino quasi all’invisibilità.

Sarà che lo sguardo è chiamato altrove, dalle rovine dirimpettaie e più ancora dal Colosseo, ma della massa di persone che passano, solo poche notano quella struttura teatrale ed elegante.

Come se la simmetria articolata delle dodici sfere che punteggiano le rampe non fosse registrabile dall’occhio già sopraffatto dalle suggestioni.

Come se, soprattutto, l’armonia classica tra il bianco del travertino e il marrone rossastro dei mattoni fosse disposta in modo troppo apertamente decorativo per portare addirittura da qualche parte.

Invece, la scalinata più sfiorata di Roma conduce a un’ampia terrazza che si chiama Belvedere Antonio Cederna ed è un fuoripista strepitoso rispetto ai percorsi urbani consolidati, perla nel guscio che si offre solo a chi sale per guardare.

Ogni tanto lo spazio è usato per qualcosa: presentazioni di libri, oppure film, proprio a due passi da Massenzio, schermo originario e indimenticato.

Pare incredibile di essere proprio lì, così fuori e così dentro insieme, affacciati sul brulicare pedonale di turisti che se la godono, romani in bicicletta, venditori di prolunghe per i selfie che scappano a ogni passaggio di vigili.

Al momento – un lungo momento, come si sa – ci sono i lavori della metro, il belvedere è chiuso e un cartello indirizza i pedoni sul lato opposto.

Sarebbe meglio, in effetti, perché imboccare la scala oggi è come entrare nel cesso più bello del mondo, che però, come gli altri, puzza.

Se ne può uscire, rapidi, solo pensando che il futuro non è scritto.

[Alessandro Mauro è l’autore di Se Roma fatta a scale (Exòrma, 2016) e Basilio – Racconti di gioventù assoluta (Augh!, 2019)]

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