Quintavalle: un’autista alla guida di Roma
Chi, in passato, ha definito Micaela Quintavalle una pasionaria della politica e delle lotte sociali, ha detto il giusto. Per anni autista dell’Atac, l’azienda del trasporto pubblico romano, Quintavalle è una battagliera sindacalista, implacabile nella difesa dei diritti dei lavoratori, così come nella denuncia dei malfunzionamenti dell’azienda e dei suoi mezzi di trasporto, quelli che, quasi ogni giorno, danno vita all’ormai famigerato flambus, il rogo di autobus che dà triste spettacolo di sé per le vie della Capitale.
Le sue denunce le sono costate il posto di lavoro, ma lei non si è persa d’animo e oggi ha intrapreso una nuova battaglia: quella per salire sullo scranno più alto del Campidoglio, una sfida a cui si presenta nelle fila del Partito Comunista.
La sua voce, al telefono, è piena di entusiasmo per questa nuova impresa, di passione, di emozione, di energia e di un’umanità che ti trasmette subito, con una capacità di coinvolgerti emotivamente, grazie a un linguaggio semplice e diretto, piuttosto rara tra i politici romani.
Micaela Quintavalle, lei, da qualche giorno, è ufficialmente la candidata al Campidoglio per il Partito Comunista di Marco Rizzo. Correrà al posto di Claudio Puoti, indicato in precedenza dal partito quale candidato sindaco, ma recentemente scomparso. Un’eredità e una responsabilità importanti. Si sente pronta per questa sfida?
La morte di Claudio ha sconvolto tutti noi. Sostituirlo è un grande onore oltre che una enorme responsabilità. Le idee di Claudio sono le mie. Sono pronta a sostenere la sfida dopo la sua dipartita. Abbiamo in comune l’amore per la scienza, la salute pubblica ed il benessere collettivo. Concetti fusi nell’utopia di un pensiero che ci racconta che un mondo diverso da questo è possibile.
La sua storia – politica, umana e professionale – è ricca di spunti e di sorprese. Di professione autista, ma con studi in medicina, ha di recente pubblicato una sua autobiografia dal titolo “Doctor driver, un autoferrotranviere in camice bianco”. Ci parli un po’ di lei. Chi è Micaela Quintavalle?
Sono un ibrido strano. Donna. Operaia. Tra pochi mesi prenderò la laurea in medicina. Percorso più volte interrotto per anteporre gli interessi dei lavoratori e dei cittadini ai miei. Un sogno bloccato, ma al quale non ho mai rinunciato, per occuparmi dell’attività sindacale, intrapresa in difesa della categoria di autoferrotranvieri, con la creazione di un sindacato nuovo al di fuori della logica concertativa. Il mio privato cammina di pari passo con la realtà pubblica: dai miei no ad Ignazio Marino, alla concertazione sindacale e al governo Draghi si può capire la mia realtà più profonda. Sono inoltre incuriosita dal pensiero e della prassi del professor Massimo Fagioli.
Entrata in Atac, lei ha fondato un nuovo sindacato dei lavoratori del trasporto pubblico. Nel 2018 denunciò alla trasmissione “Le Iene” la scarsa manutenzione degli automezzi, che è alla base dei tanti incendi e malfunzionamenti che Roma ha visto ripetersi in questi anni. L’episodio le costò il licenziamento da parte dell’azienda. Ci racconti meglio come andarono le cose.
Nel 2013 subimmo l’ennesimo attacco frontale dall’azienda. Non ci avrebbero pagato il premio di produzione. I sindacati confederali rimasero come sempre silenti innanzi ad ogni questione. Padri di famiglia con le lacrime agli occhi chiesero aiuto a me, che in quei giorni avevo risolto un problema su una linea scavalcando completamente le strutture sindacali esistenti. Suggerii a tutti di non effettuare il turno straordinario per una settimana. Mancava personale viaggiante ed il 35% del servizio si basava sugli straordinari.
Paralizzammo la capitale. Io fui intervistata ovunque. Denunciai senza paura le terribili condizioni di lavoro degli autoferrotranvieri, la scarsità di manutenzione, la totale assenza di sicurezza. Gli autobus andavano a fuoco da anni ed i cittadini rischiavano la vita. Una mamma telefonò a me quando il figlio dodicenne uscì miracolosamente illeso da un bus che si era completamente incendiato all’Infernetto. Mi disse: “Non gli ho comprato il motorino perché ho paura che si faccia male con le buche e ora devo avere paura che muoia in un autobus”.
Non potevo rimanere silente. Gridai tutto ad alta voce. Ma i padroni pubblici e privati non tollerano dipendenti coraggiosi che rifiutano frontalmente le ipocrisie padronali e combattono apertamente le loro menzogne, le loro malversazioni, i loro lacchè e la politica fallimentare della concertazione sindacale.
Passiamo alla sua storia politica. Già simpatizzante di Rifondazione Comunista, nel 2013 cominciò a guardare con favore il Movimento 5 Stelle. Si dice che lei fosse molto vicina a Marcello De Vito e che, proprio per questo, sia rimasta scioccata e sorpresa dalle vicende giudiziarie che poi lo videro protagonista. È davvero così?
Provengo da una famiglia di sinistra. Sinistra vera. Non quella radical chic da salotto Zona Ztl con la quale la politica italiana fa i conti solo ora. Ho sempre creduto nella vera lotta per i diritti sociali e a favore dei lavoratori e delle lavoratrici che la sera tornano a casa con la fronte sporca di sudore.
Il mio interesse per il movimento è venuto dopo. La lotta alla casta, la democrazia diretta, il taglio dei parlamentari, sono stati lo specchietto per le allodole dove in tanti siamo scivolati. Quello che sta succedendo con Casaleggio e tra Grillo e Conte è il vero volto di un’organizzazione politica fondata su un grande bluff ed una grande menzogna.
Con Marcello de Vito e la sua famiglia conservo un rapporto di affetto e di stima profondo. Le vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto mi sconvolsero molto. Non vorrei giudicare una persona per un procedimento ancora in corso e non concluso.
Veniamo all’oggi. Quello con Marco Rizzo e il suo partito è stato una sorta d’inatteso colpo di fulmine? Cosa l’ha convinta a sposare le idee del Partito Comunista e a candidarsi nella corsa al Campidoglio?
Nessun colpo di fulmine con Marco Rizzo. Sono una compagna da sempre. Amante di Che Guevara e da sempre schierata con i lavoratori, contro Confindustria ed il capitale. I miei cani avevano come nome Cuba ed Ernesto.
Le idee del PC sono idee di giustizia sociale, di diritti dei lavoratori e di pari opportunità per tutti. Ciò che mi ha spinto a partecipare alla corsa al Campidoglio è stata la convinzione che il PC sia l’unico strumento per ridare a Roma ciò che merita: la possibilità di essere la città più bella del mondo.
Da sindaca, toccherebbe a lei occuparsi dei trasporti romani, il settore in cui ha lavorato per anni. La qualità dei servizi pubblici, si sa, è stata piuttosto disastrosa, in questo quinquennio. Come si fa a migliorarla? Ha una sua ricetta?
È la sola promessa che mi sento di fare ai cittadini. Sono assolutamente in grado di rivoluzionare i trasporti romani. È un argomento molto complesso che non si può descrivere in poche righe.
Innanzitutto Atac va blindata in un futuro pubblico, mettendola al riparo da eventuali privatizzazioni. Il privato è buono per le tasche dei proprietari, non per l’utenza ed i lavoratori. Bisogna cambiare il contratto di servizio da km a qualità. Occorre rivedere il modo di concepire il trasporto pubblico con una rivoluzione a 360 gradi della gestione aziendale. Vanno interpellati i lavoratori e gli utenti che vivono Atac sulla strada, dando a loro un ruolo decisionale.
Negli anni abbiamo visto passare molti manager con stipendi da favola nella gestione dell’azienda ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Lo dico immodestamente: nessuna figura politica oggi in corsa al Campidoglio ha la benché minima competenza e professionalità, rispetto alla sottoscritta, in questo ambito.
Oltre ai trasporti, quali sono le altre questioni prioritarie della città? E quali le possibili soluzioni per i problemi che attanagliano la Capitale?
Credo che i rifiuti siano un argomento a dir poco primario. Ma non solo. Roma ha bisogno di una manutenzione eccezionale del manto stradale e di un impegno nella valorizzazione delle periferie. L’autobus nuovo, il cassonetto pulito, il manto stradale decente, la sicurezza, piacciono anche in periferia e non solo nei quartieri più esclusivi della capitale. In periferia c’è il cuore di Roma e questo deve essere il faro della nostra politica. Ancora giovani, anziani, diversamente abili, asili nido, verde pubblico.
La pandemia ha aumentato le diseguaglianze sociali, messo a rischio molti posti di lavoro, lasciato senza tutele i lavoratori precari e atipici, creato nuove fasce di povertà, azzoppato settori come quello del turismo, del commercio, della cultura. A suo avviso quali ricadute avrà la questione sul futuro di Roma?
La pandemia ha esacerbato le disuguaglianze e le povertà già esistenti. Salvini, Meloni ed il loro splendido alleato Renzi, con il loro populismo, la loro povertà umana e culturale, con le loro bugie, faranno altri danni con il PNRR. È nostro compito fermare l’ingordigia di Confindustria e delle multinazionali. È nostro compito fare dell’impossibile il possibile. Uguaglianza, bellezza, ricerca e sana trasformazione.
Il Partito Comunista, quasi ovunque in Italia, ha deciso di correre in solitaria alle prossime amministrative. Come mai questa scelta? Perché non avete provato a stringere accordi con altre forze di sinistra, come ad esempio Potere al Popolo, o come il gruppo che, qui a Roma, sta appoggiando la candidatura a sindaco di Paolo Berdini? Non teme che un’eccessiva moltiplicazione di candidati, in una stessa area politica, finisca per disperdere i consensi e far perdere forza alle vostre battaglie?
Lei trova qualcosa in comune tra le cose che propongo io e quello che dicono gli altri candidati? A me pare di no. Mettersi insieme il giorno prima delle elezioni è il modo peggiore di puntare all’unità. La gente se ne accorge che è un’accozzaglia raccogliticcia messa insieme solo per chiedere voti. Non ci interessa. In politica le idee non vanno mediate, ma bisogna scegliere la migliore, andiamo al confronto politico sui temi e si vedrà chi riscuote più adesioni. Per noi è importante che finalmente ci sia un’alternativa alla supina accettazione di una politica dettata dalla finanza, da poteri forti addirittura esterni al nostro Paese. O si vince con un programma così, o si fa solo finta di voler cambiare. Corriamo da soli perché siamo convinti di essere l’unica alternativa alla politica corrente.
Riteniamo fondamentale un cambiamento radicale della situazione attuale. Siamo convinti che gli altri partiti appartenenti alla nostra area politica siano disposti a compromessi per noi inaccettabili. Siamo disposti a qualsiasi confronto per spiegare le nostre ragioni. Non siamo chiusi ad idee esterne. Il Partito Comunista è un partito in continua dialettica, vogliamo – come dice Rizzo – alleanze sociali, non partitiche.
Cosa risponde a chi, da sinistra, griderà al voto utile, tenterà di sminuire la sua candidatura come una superflua testimonianza e, probabilmente, vi accuserà anche di aiutare la destra?
Voto utile? Vince la destra? Ma chi ce lo può rinfacciare? Il PD che governa con Salvini? Le altre liste a sinistra che, appena ti giri, fanno a gara a allearsi col PD? La gente non è stupida e ormai ha capito che col trucchetto del voto utile si fa sì che tutti i voti siano inutili.
Noi crediamo che l’unico voto utile sia quello di opposizione definita al governo delle banche, al governo dell’UE, al governo delle spese militari della NATO. Ma ci rendiamo conto che la vera maggioranza da conquistare non è rubarci i voti gli uni con gli altri, ma andare a ridare fiducia a quel 50% e più che non vota più da tempo? A quel popolo del vecchio PCI nauseato da questa sinistra? Dobbiamo ricostruire la sinistra Italiana dalle fondamenta.
Tra l’originale, ovvero le destre liberali e la fotocopia, ovvero i democratici liberali, non cambia nulla. Sul lato economico sono le due facce della stessa medaglia. Hanno diversi punti di vista sui diritti civili. Ma di sociale non c’è nulla.
Se non dovesse arrivare al ballottaggio, ritiene di potere dare indicazione di voto per un altro candidato? Chi fra i suoi competitor la convince di più e chi, invece, trova più distante?
Al ballottaggio ci sarà il candidato comunista. Mi pare si chiami Micaela…
Immagino lei giudichi piuttosto negativamente le giunte – di destra, di sinistra, grilline – che hanno guidato la Capitale negli ultimi decenni. Cosa salva di quelle esperienze e quale può essere la chiave di volta per cambiare registro e rilanciare Roma?
Delle vecchie esperienze salvo solo ciò che ha un indirizzo pubblico e aperto alla collettività dei cittadini. Poco, quasi niente purtroppo. Serve ridare fiducia nella forza che i lavoratori e le lavoratrici hanno, quando sono guidati da una grande idea, che poi è l’unica che ha portato benefici e vittorie a tutte le classi oppresse, ed oggi quegli oppressi sono sempre di più. Questa forza era ed è la forza del Partito Comunista. Il resto sono vie senza sbocco che non hanno mai portato a nulla. Bisogna dirlo ad alta voce. Per questo siamo qui Per rilanciare la Capitale c’è bisogno non di cambiare le carte ma di “ribaltare il tavolo”. Agire ricordando e pensando che Roma è un gioiello che abbiamo ereditato tutti noi, romani e non. Per questo bisogna riaccendere la speranza dei cittadini oramai disillusi e nauseati da promesse mai mantenute e decisioni scellerate – e a volte anche imbarazzanti – sulla politica di questa città.
Il cittadino deve ritornare protagonista. Non spettatore impotente di scelte paracadutate dall’alto.
Bisogna tornare fra la gente, nelle piazze. Non rinchiudersi una volta eletti in Campidoglio.
In conclusione, con una frase, ci indichi perché un cittadino romano deve scegliere Micaela Quintavalle come futura sindaca.
Perché Micaela è onesta. È competente. Mette l’essere umano e non l’interesse personale al centro di ogni questione.