Come si ammazza un teatro (e il sindacato)

Al teatro India, lo spazio inventato da Mario Martone nell’ex sede industriale della Mira Lanza, a Ponte Marconi, come alternativa al più istituzionale teatro Argentina, da giorni attende l’esordio “Antigone”, uno spettacolo di Massimiliano Civica che rilegge il classico di Sofocle in chiave moderna.
Ogni giorno, però (è successo anche il 15 giugno), il Libersind Confsal, un sindacato che rappresenta i tecnici dell’India (stabile che dipende dal Teatro di Roma, struttura pubblica di cui sono soci Comune, Regione e ministero dei Beni Culturali), proclama lo sciopero, impedendo la rappresentazione.
Lo spettacolo, peraltro, si dovrebbe svolgere all’aperto, nell’arena del teatro. Agli ignari spettatori che hanno prenotato il posto viene rimborsato il biglietto, ma senza diritto di prevendita.

Una scena di Antigone

Il sindacato afferma, in un comunicato diffuso il 12 giugno, di lottare per “migliorare i livelli di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro”. In precedenza, l’8 giugno, aveva contestato la “mancanza della revisione periodica dei tiri scenici, la mancata fornitura alle maestranze dei DPI necessari a svolgere in sicurezza le attività lavorative, l’assoluta inadeguatezza degli spazi destinati allo stazionamento delle maestranze, la mancanza dello spogliatoio per tutto il reparto Tecnico”.
Nello stesso comunicato dell’8 giugno, però, le rivendicazioni sulla sicurezza arrivavano dopo una lunga premessa in cui si parlava di altro, e cioè della nomina del nuovo direttore del teatro India:
“Il Sindacato autonomo Libersind Confsal, al quale sono associati i lavoratori che sono in lotta per ottenere adeguati livelli di igiene e sicurezza sul lavoro e per ottenere dai vertici del Teatro la nomina di un Direttore di chiara fama e competenza, che possa essere realmente e finalmente vera guida di questa importante Istituzione Culturale, esprime grande preoccupazione in merito ad alcune voci di corridoio che al momento stanno circolando all’interno del Teatro di Roma”. 

“Secondo queste voci”, continua il comunicato, “non ci sarebbero orientamenti del Teatro verso una scelta a copertura del ruolo del Direttore in linea con i criteri valutativi auspicati dal Ministro della Cultura e da tutti i lavoratori del Teatro, bensì verso competenze di intrattenimento musicale adatto a scenari della Capalbio estiva con balli su sabbia e Prato. Il Libersind Confsal si appella ai Soci presenti in C.d.A. e a tutti coloro i quali hanno a cuore le sorti del Teatro di Roma affinché arrivi chiaro e forte il segnale al C.d.A. che è finito il tempo delle appartenenze che fanno agio sulle competenze”.

Queste parole fanno pensare più a uno sciopero politico, che sulle questioni della sicurezza.
Attualmente il teatro non ha un direttore, dopo le dimissioni di
Giorgio Barberio Corsetti (che però è poi rimasto come consulente dei Teatri di Roma) e Pier Francesco Pinelli, le cui ragioni non sono chiare. Libersind – come scrive la rivista Teatro E Critica in un articolo articolato e interessante – vorrebbe che fosse nominato Luca De Fusco, il primo in graduatoria secondo il bando che era stato vinto da Pinelli. Ma il meccanismo di nomina non prevede alcun obbligo, per il Consiglio di amministrazione, di scegliere il secondo classificato del bando: si tratta di una chiamata diretta.

Che il Teatro non abbia un direttore (per il momento c’è una consulente artistica per l’India, Francesca Corona), di sicuro non è un fatto positivo, e sarebbe interessante capire perché sembri così complicato trovarlo. Ma che un sindacato per questo prenda in ostaggio il teatro, che ha appena riaperto dopo mesi di interruzione per la pandemia, è forse più grave. Anche perché i tecnici sono dipendenti pubblici – anche se certamente ci sono lavoratori precari dei Teatri di Roma che vanno ancora stabilizzati – a differenza di tantissimi lavoratori dello spettacolo a vario titolo a cui nessuno, nel corso della crisi per il Covid-19, ha pagato uno stipendio.

Il silenzio delle istituzioni sulla vicenda è sospetto, ma l’azione di Libersind rischia di alimentare le critiche tout court ai sindacati, accusati di difendere soltanto i garantiti. E fanno del male al settore dello spettacolo, che approfittando dell’estate e del calo sostanzioso dei contagi dovrebbe invece provare a ripartire.

Quel che è più triste, in questi giorni, è che nello spazio all’aperto dell’India, come faceva notare sulla pagina Facebook del teatro, continua a funzionare regolarmente un bel bar, ma degli spettacoli, che sarebbero la ragione dell’apertura dello stesso bar, non c’è traccia.

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