Che fine hanno fatto gli ecologisti a Roma?
Su qualche plancia ancora si vede, il manifesto con su scritto “Un sindaco verde per Roma”, con tanto di link a una pagina web. Ma non è l’indizio che la campagna elettorale degli ecologisti nella Capitale sia cominciata: al contrario, i verdi sembrano spariti, da mesi.
I Verdi doc, quelli del Sole che Ride, avevano partecipato al tavolo del centrosinistra convocato qualche mese fa, come del resto aveva fatto Azione di Carlo Calenda. Ma quando, dopo una serie di rinvii e tira-e-molla, il Pd ha deciso di lanciare le primarie del centrosinistra (che si terranno il 20 giugno), anche i Verdi si sono sfilati, contestando il metodo.
Rossella Muroni – ex presidente di Legambiente eletta deputata con Liberi e Uguali e poi cofondatrice di una piccola pattuglia parlamentare ecologista con Alessandro Fusacchia (ex +Europa) e Lorenzo Fioramonti (ex M5s), che però non sono iscritti ai Verdi italiani, ma sono vicini all’associazione Green Italia – ha ipotizzato di candidarsi alle primarie romane, salvo cambiare idea dopo pochissimi giorni.
Il punto non è tanto e solo che per partecipare alla consultazione del centrosinistra servivano 2500 firme, cioè più di quante ne occorrano per presentare direttamente la propria candidatura alle vere elezioni – 1.500, a Roma -, secondo quanto previsto dalla legge. Il punto è che le primarie del centrosinistra sembrano fatte soprattutto per incoronare Roberto Gualtieri candidato ufficiale del centrosinistra, e dunque un candidato verde evidentemente non serve, a quanto pare. Perché disturbarsi?
La città del quarto d’ora: l’idea è che in città il luogo di lavoro, i negozi principali, il verde, i centri di assistenza sanitaria, l’istruzione e la cultura siano a un quarto d’ora ( o a 30 minuti: dipende da come è costituito il tessuto urbano) da dove si abita
Degli ecologisti si parla tanto, ma di quelli in Germania o in altri Paesi. Dei Verdi italiani si parla solo, a sproposito, per dire magari che avrebbero più successo se fossero meno “estremisti”, ignorando tutto quello che è accaduto ormai anni fa, con la rottura con la sinistra arcobaleno. E anche che il cambiamento climatico impone a tutti di essere molto più “estremisti”, almeno sulle energie alternative, di qualche tempo fa.
I Verdi, invece, credono che non si parli di loro perché i media sono “cattivi” e li trascurano. Ma non è così: il Sole Che Ride è ormai da tantissimi anni un partitino con pochi voti, risucchiati in buona parte dal M5s (che a un certo punto ne ha preso in prestito anche gli slogan), che non attira i giovani, e che continua spesso a fare piccolo cabotaggio, cercando alleanze soprattutto col Pd e sperando in qualche posto e un po’ di visibilità. Ha provato più volte a rifondarsi – e ci riproverà a luglio con l’assemblea costituente di Europa Verde – ma senza successo.
Ora, però, Roma potrebbe essere un buon punto dove sperimentare qualcosa di diverso. Se a Milano un sindaco dal passato socialista e moderato come Beppe Sala si scopre “verde”, non si capisce perché nella Capitale gli ecologisti non possano lanciare una proposta importante, o almeno provarci.
Perché non cominciare con il progetto della “città del quarto d’ora” (o dei 30 minuti) che proprio Sala ha preso in prestito da Carlos Moreno e dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo? L’idea è che in città il luogo di lavoro, i negozi principali, il verde, i centri di assistenza sanitaria, l’istruzione e la cultura siano a un quarto d’ora ( o a 30 minuti: dipende da come è costituito il tessuto urbano) da dove si abita.
Non è una novità, in realtà: è l’idea della prossimità. Dopo la pandemia, che ci ha costretti a restare nei nostri quartieri, che ha trasformato il centro di Roma in un deserto, potrebbe essere la soluzione per far ripartire la città, per affrontare anche i problemi creati dal cambiamento climatico.
Se gli obiettivi sono quelli di decarbonizzare Roma, abolire gli “spostamenti obbligati” e privilegiare invece quelli “scelti”; rafforzare i legami sociali e difendere i beni comuni e infine, chiamare i cittadini a partecipare, a fianco del potere pubblico, una piattaforma del genere sarebbe trainante per un’alleanza politica più vasta.
Su questi obiettivi i Verdi si potrebbero ritrovare intanto con il Movimento Pop (a cui va il merito di essere stato l’unico finora a parlare di città dei 30 minuti) e con i Green Italia, con i Radicali romani, con Possibile, con tanti fuoriusciti del M5s, con tante associazioni e gruppi politici che spesso fanno capo a singoli personaggi e leader, ma che si ritrovano in un’area ecologista di fatto, che è più ampia di quello che si creda. E che può coinvolgere anche persone e associazioni che si liquidano frettolosamente come di destra.
Non è questione di indicare un candidato sindaco, non è forse neanche questione di costruire in poco tempo una lista: ma è invece importante dare forma a una piattaforma, dettare la famosa agenda alla coalizione di cui si farà parte – e al candidato sindaco che la guiderà in Campidoglio – e di coinvolgere i cittadini. Sarebbe una bella alleanza civica.