Back to Nature, a Villa Borghese
L’arte contemporanea torna a Villa Borghese, nell’area del Parco dei Daini, con la seconda edizione di Back to Nature: un progetto espositivo che vuole riflettere sul futuro del mondo e sulla necessità di costruire un nuovo rapporto con la natura.
E così, tra scolaresche impegnate nell’ora di educazione fisica all’aperto, palestre en plein air, e gli immancabili runner più o meno improvvisati, è possibile ammirare installazioni artistiche ben integrate nel panorama naturalistico del parco.
Tra gli artisti e le opere esposte, Leandro Erlich, che gioca sul sottile confine tra possibile e impossibile, con una scala poggiata su una finestra sospesa nel vuoto; per passare agli innesti d’acciaio di Loris Cecchini che danno nuova forma all’albero, creando un movimento senza sosta verso l’alto. E arrivare alla pedana di Marinella Senatore che offre al pubblico un posto dove esibirsi, ma solo dopo aver accolto il suo invito alla riflessione: “Dance first, think later/Danza prima, poi pensa”, una citazione da Samuel Beckett: “Dance first think later. It’s the natural order”. Pietro Ruffo, invece, tratta il tema della libertà e della speranza con il suo Migrante, leggero come un disegno tracciato nell’aria, che emerge dallo specchio d’acqua della Fontana del Sileno per raggiungere idealmente la terra dove iniziare una nuova vita; la stessa leggerezza che trasmettono le sedie di Giuseppe Gallo, fragili e altissime, che salgono dal terreno come esili tronchi d’albero.
Dalla prima edizione di Back to Nature, invece, ecco i quattro alberi avvolti dal lavoro a maglia dell’Accademia di Aracne, trasformati in sculture variopinte dal forte impatto visivo.
Ma non finisce qui, perché a metà giugno, piazza di Siena si animerà con il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto: 100 panchine prodotte grazie al coinvolgimento di altrettanti donatori saranno disposte sul prato della piazza a formare il simbolo concepito dall’artista e poi donate alla città.
Back to nature dunque, per tornare a riappropriarsi della città e di un luogo che, come canta Venditti, è ancora un giardino, nonostante tutto.