Un murales per Baglioni da vivo

E’ un po’ che gli street artist romani ci hanno abituato alla celebrazioni postume, a delle nuove coloratissime pitture funerarie.  Del resto è un genere che si perde nella notte dei tempi, l’arte per i defunti ha un’antica cittadinanza anche qui a Roma basti pensare all’ipogeo degli ottavi alla Piranede Cestia e mille altri manufatti e dipinti, senza spingersi nella vicina Etruria dove troviamo intere città per i morti.

L’arte delle necropoli e nelle necropoli è parte centrale della nostra memoria, della nostra storia e del nostro patrimonio culturale. Detto questo ultimamente c’è stata un certo incremento del genere sui nostri muri. Quindi quando ho visto il murales di Claudio Baglioni istintivamente ho pensato, poverino era ancora giovane in fondo. E invece no! Lo splendido lavoro di Pallotta è stato realizzato su commissione del fan club di Baglioni il Do re mi fa sol per celebrare I suoi 70 anni. L’opera si chiama Strada facendo vedrai ed oltre ad mostrare un Claudio Baglioni giovanissimo e capellone raffigura qualcosa che somiglia all’indovinello della Sfinge di Edipo: un bambino carponi, poi un ragazzo che cresce su due gambe che alla fine  si trasforma in un anziano con il bastone, quindi con tre gambe.

E’ sul muro di una chiesa di Centocelle che si chiama San felice. Il perché lo spiega in un post su Facebook proprio l’idolo delle ragazzine di quando ero ragazzino anche io.

È una sorpresa indescrivibile. Ma come vi è saltato in mente?!?

Nel quartiere dove sono stato bambino e adolescente.

A Centocelle, dove sono diventato un ragazzo.

Nella piazza in cui son salito, per la prima volta, su un palco

senza lontanamente immaginare quel che sarebbe accaduto in seguito.

Su una parete della casa famiglia San Felice

proprio davanti a quel palchetto del tempo che fu.

L’avete pensata bella. Una gran cosa per una buona causa.

Il mio apprezzamento e la mia gratitudine

non hanno voce e parole sufficienti e adeguate.

È una sensazione bizzarra e stupefacente.

E, per una volta tanto, fa davvero piacere

essere “sbattuti su un muro”.

Un muro, che in quegli anni, temevo si alzasse per sempre

tra me e tutti gli altri

e che oggi si fa testimonianza di un incontro che dura da allora.

Un insieme di piccole storie vissute o mai risapute

che la vita ha narrato nel romanzo di ognuno di noi.

Nello stesso momento ringrazio coloro

che con doni e pensieri diversi

si sono ricordati di me e della mia prossima età.

Sono tanti di numero e ciascuno con la sua firma e la sua fantasia.

A tutti vorrei dire il mio bene

perché a darlo non ne sarei capace.

Si cresce e ci si fa grandi

ma non si smette mai di essere timidi e schivi.

A combattere il tempo come si fa?

Si può battere ancora a tempo di musica.

Sul tempo che va.

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