Fantasmi del palcoscenico: noi siamo semi

Micaela è una di quelle persone che ti disarmano. Senza fare nulla di speciale, quando la conosci, in un attimo riesce a smontare secoli di pregiudizi sul mondo dello spettacolo, quel mondo così pieno di egocentrici dall’io strabordante, di prime donne incapaci di togliersi la maschera anche lontane dal palcoscenico. Lei no. Lei ti conquista con la sua semplicità, coi suoi modi garbati e senza fronzoli, con un’eleganza spontanea e mai affettata, che sa creare un’immediata sintonia.
Si è appassionata al teatro, più o meno una ventina d’anni fa. Come per molti suoi colleghi, all’inizio era solo un gioco. Ben presto è diventata una passione. Infine, poco a poco, si è trasformata in una vera professione. Attrice di cinema, di teatro, insegnante di recitazione, Micaela Sangermano vive a Ostia, con Puck, una cagnolina, e con Luna, una bella gattona dolce, vivace e dal pelo striato.

“Luna è arrivata qui da poco tempo – mi fa Micaela – Si dice che i gatti arrivino sempre al momento giusto, quando si ha bisogno di una carica di nuova energia. Quindi forse non è successo per caso”.

Con Micaela ci siamo incontrati la prima volta alcuni anni fa, quando lei, in un divertente gioco-spettacolo ispirato all’Odissea, interpretava un’energica e simpaticissima Penelope. Quando si dice il destino: ironia della sorte, quella lunga, paziente, interminabile attesa, caratteristica del leggendario personaggio omerico, pare essere diventata oggi la sua reale situazione di vita.

“Già. Attendo un po’ di capire se tutto, prima o poi, tornerà ad essere come era prima; se potrò riaprire il laboratorio, se tornerò a lavorare in teatro. Nel frattempo, mi arrangio. Lavoretti di qua, lavoretti di là: cose che spesso non c’entrano niente con me. A parte qualche lezione di teatro on line, sfrutto la mia laurea in lingue e faccio traduzioni e lezioni d’inglese. Ma ho fatto anche la segretaria in uno studio d’ingegneria, cosa lontanissima da tutto il mio vissuto e dal mio curriculum. Cerco di prendere quel che si può, quando si può”.

Nonostante le difficoltà attuali, Micaela non sembra avere perso la propria serenità.

“Partiamo dal presupposto che sono una persona positiva, profondamente ottimista e questo mi ha salvato da questo periodaccio. Anzi, il primo lockdown me lo sono vissuto abbastanza bene. Mi sono inventata un sacco di cose. Ho avuto tempo per leggere, ho avuto tempo per scrivere. Ho fatto molte lezioni on line, sia con gli adulti che con i bambini. Abbiamo creato dei personaggi e delle storie con gli oggetti presenti in casa ed è stato un bel momento creativo”.

Quel primo lockdown, di cui parla Micaela, è arrivato a stravolgere il percorso professionale che lei aveva costruito nel corso del tempo.

“Da anni io insegno teatro per i bambini. Ho cominciato con il teatro di San Cesareo e pochissimi allievi, per poi essere chiamata in numerosi altri spazi e con un numero sempre maggiore di ragazzi. La cosa si è poi estesa anche agli adulti. Oltre all’insegnamento, ho una mia compagnia teatrale, chiamata Gli Squilibristi, un po’ squilibrati, un po’ equilibristi. Ho poi ideato e organizzato, insieme a un gruppo di amici e colleghi, un festival di teatro internazionale, dedicato al regista Ciro Melillo, scomparso in un incidente sei anni fa. Infine, da due anni, insieme a Jessica Pacioni, ho aperto uno spazio, che non è solo un laboratorio teatrale, ma anche uno luogo dedicato al benessere. Una sorta di cantuccio magico, in cui poter stare bene, che per questo abbiamo chiamato L’angolo degli artisti. La cosa stava andando anche molto bene: avevamo raggiunto già ottocento iscritti all’associazione. Ovviamente la pandemia, ora, ha congelato un po’ tutto”.

Il congelamento, ha comportato anche un grosso trauma economico, senza che ci fossero adeguati sostegni da parte statale.

“Per tanti mesi non abbiamo avuto aiuti di nessun tipo, perché le associazioni culturali non sono state proprio calcolate. Le uniche entrate, molto ridotte, erano quelle della parte di allievi che continuavano a seguirci. Però, per quanto si provi a mantenere contatti e ad andare avanti con le lezioni on line, la cosa non può funzionare a lungo, perché il teatro è anche fisicità, non semplice tecnica. È emozioni. È sguardi. Abbiamo proseguito i corsi via web, prendendo la cosa come una sfida, un modo per mettersi in gioco, per sperimentare tecniche nuove. Per qualche tempo ha funzionato. Poi, poco a poco, l’entusiasmo è venuto meno. Anche da parte degli allievi. Molti di loro, oltre tutto, erano ormai costretti a passare tantissimo tempo on line, vuoi per lo smartworking, vuoi per la DAD delle scuole. Fare al PC anche le lezioni di recitazione, diventava un peso eccessivo”.

Per qualche istante la voce di Micaela sembra attraversata da un velo di malinconia, di sofferenza e, forse, anche di rabbia, per quanto contenuta.

“Io, come ti dicevo prima, ho cercato sempre di rimanere positiva, perché è stato veramente l’unico appiglio per andare avanti e sperare che tutto finisse presto. Certo che, ad ottobre, quando tutto sembrava potesse ripartire e invece c’è stata una nuova chiusura, lì ti devo dire che ho avuto un momento di crollo psicologico. È come se ti aprissero una porta e improvvisamente te la sbattessero in faccia. In più non sai quando potrai riprendere. Perciò ho dovuto eliminare tutta la progettualità che è in me. Oltre al problema economico, sempre più grave. Perché noi, in tutto questo, abbiamo continuato a pagare l’affitto della sede e le altre spese vive di gestione, non potendo contare più su nessuna entrata”.

Lo scoramento dura un attimo. Poi il tono torna a farsi più limpido e brillante.

“Adesso abbiamo una piccola speranza. Abbiamo partecipato al ristoro stanziato da Laziocrea, una società della Regione Lazio, che ha indicato una cifra variabile da 5.500 a 9.000 euro, da erogare alle associazioni attive sul territorio da almeno due anni, stoppate dalle chiusure, che ne facessero richiesta”.

Neanche a dirlo, questa vicenda dei ristori di Laziocrea, ha assunto subito i contorni della classica storia all’italiana, fatta di meccanismi poco chiari e di fondi erogati in modo dubbio.

“Partiamo col dire che il meccanismo dei ristori era a clic, nel senso che, di tutte le associazioni che ne avevano diritto, solo le più veloci venivano ristorate, fino a esaurimento fondi. Ovviamente, con questo meccanismo, che io trovo sbagliato, dopo pochi minuti i fondi risultavano già esauriti. Tant’è che, quando all’inizio di marzo è uscita la prima graduatoria, su 2.070 associazioni risultate ammissibili, cioè che avevano tutte le caratteristiche per avere diritto ai ristori, solo 615 sono state dichiarate finanziabili, mentre oltre 1.400, pur avendo diritto a quei soldi, sono rimaste fuori da ogni sostegno economico, inclusa la nostra”.

So che finirà questo marasma. E questo è importante. Se poi, in un futuro, davvero non potessi più fare l’attrice, vorrà dire che cambierò. E chi m’ammazza a me?

All’insensatezza del meccanismo, si sono aggiunte, ben presto, delle curiose scoperte sulle associazioni più veloci, quelle cioè risultate finanziabili.

“Le associazioni escluse, a quel punto, si sono unite in una rete e hanno chiesto dei chiarimenti. Si sono fatti nuovi controlli e si è così scoperto che molte associazioni, fra le 615 fortunate, in realtà non erano vere associazioni, ma ristoranti, oppure pub, e poi anche imprese di pompe funebri, o club per scambisti. Di tutto, di più. Tant’è che la Regione ha deciso di rivedere le sue scelte e, ai primi di aprile, è uscita una seconda graduatoria, diversa dalla prima, in cui stavolta la nostra associazione è stata dichiarata sia ammissibile che finanziabile. La battaglia però è ancora in corso e non darei nulla per scontato. L’unica cosa che, in ogni caso, è positiva, è che la rete che abbiamo creato, si sta muovendo in modo unito ed efficace, il che lascia ben sperare. Se ci dovessero arrivare questi soldi, speriamo di riprendere alla grande. Se non dovessero arrivare, stringeremo i denti e decideremo se e come continuare. Cosa non facile allo stato attuale”.

Alle difficoltà economiche della sua associazione, si affiancano quelle personali.

“Per riuscire a sopravvivere, in questo anno, ho fatto i lavoretti saltuari che ti dicevo prima. Poi, vista la situazione, mi sono trovata anche costretta a fare domanda per il reddito di cittadinanza, che fortunatamente mi hanno accordato. Non sono tanti soldi, ma meglio di nulla e mi permettono di respirare un po’ e di fare la spesa. Rispetto alla mia attività artistica, ho lavorato in un paio di piccole produzioni cinematografiche indipendenti: prima in un western di Emiliano Ferrera, intitolato Oro e piombo, poi in un altro film, girato in Toscana, intitolato Elohim, di Paolo Vegliò. Il cinema, a differenza del teatro, fortunatamente non si è fermato del tutto. Da un anno in qua, quella cinematografica è stata sicuramente l’esperienza più bella. Io ho sempre preferito il teatro al cinema, ma devo dire che mi è piaciuto molto lavorare in quei film”.

Per Micaela, lo stop economico e lavorativo, non è arrivato solo rispetto alla sua professione di attrice, ma anche in un’attività collaterale, che da alcuni anni lei porta avanti.

Il cinema, a differenza del teatro, fortunatamente non si è fermato del tutto

“Io sono, o meglio ero, una viaggiatrice. Ho anche lavorato in Alitalia per qualche tempo, poi ho fatto un lunghissimo viaggio in Australia all’età di trent’anni e tutto questo mi ha portato ad avere alcuni contatti internazionali, con società che organizzano matrimoni in Italia per stranieri. Ero diventata, come si dice, una wedding planner. Organizzavo location, soggiorni, cerimonie, tour, per coppie, che so, di australiani, o di brasiliani, inglesi, americani, che sceglievano di sposarsi nel nostro paese. Me ne occupavo soprattutto in estate, quando la scuola di teatro era chiusa. Questo mi permetteva di avere delle entrate sufficienti anche nei mesi estivi. Ovviamente, come puoi immaginare, anche quel settore, adesso, è totalmente fermo”.

E però, Micaela non vuole lasciarsi andare alla sfiducia.

“Intorno a me vedo tanti amici e colleghi davvero molto depressi. Li capisco, ma so che non serve. Non è lo spirito giusto. Semmai serve vedere oltre. Io trovo che sia inutile piangersi addosso. L’atteggiamento positivo è indispensabile per mantenere viva una fiammella. Poi, sarà forse che, avendo scelto di fare l’artista, in fin dei conti sono sempre stata una poraccia, come diciamo a Roma, in fondo in fondo, non mi è cambiato gran che: lo sono solo un po’ più di prima. Forse un bel po’ di più. Certo, in parte sono preoccupata, se non lo fossi sarei un’incosciente, ma lo sono a metà. Prima o poi so che finirà questo marasma. E questo è importante. Se poi, in un futuro, davvero non potessi più fare l’attrice, vorrà dire che cambierò. E chi m’ammazza a me?”.

Certo, ad ogni giorno che passa, tutto diventa più complicato.

“Non è tanto la situazione economica quella che mi pesa. Quello che detesto di più è il fatto di non poter progettare, il fatto di non poter avere un contatto anche fisico con le persone, il fatto di non potermi muovere, io che ho sempre viaggiato, sia perché vietato, sia perché non avrei nemmeno i soldi per andare da qualche parte. Però, in compenso, mi sta aiutando molto la mia parte creativa. Ad esempio, ho realizzato moltissimi video, che poi ho messo on line. Non ho mai considerato molto il mondo dei social, ma devo dire che, alla fine, è un’esperienza divertente e che forse è una cosa che continuerò a fare anche in futuro”.

Per mantenere la speranza, viene in soccorso anche il pensiero di certi precedenti del passato, sia vicini, sia lontani nel tempo.

“Quante volte, nella storia, il teatro è stato vittima di censure, di chiusure, di difficoltà? Tantissime. Però si è sempre ripreso, ogni volta meglio di prima. Nonostante cerchino di seppellirci, noi siamo semi”.

Ama e ridi se non ti sente, piangi forte se non risponde, dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. Diceva così, in una sua canzone, Fabrizio De André.
Un seme, si sa, prima o poi, può davvero diventare un fiore, anche in situazioni apparentemente negative. È proprio come ci diceva De Andrè. E come ci dice Micaela.

 

Le realizzazioni, i video, gli spettacoli di Micaela Sangermano, sono visibili sul suo canale YouTube, oltre che sulla pagina Facebook dell’associazione “L’angolo degli artisti” e su quella della compagnia teatrale “Gli Squilibristi”.

 

Gli articoli della serie:

– I fantasmi del palcoscenico

– Codice ballerino

– Note stonate

– Noi siamo semi

4 thoughts on “Fantasmi del palcoscenico: noi siamo semi

  • 28 Aprile 2021 in 9:40
    Permalink

    Grande Micaela, forza della natura!!

    Risposta
  • 28 Aprile 2021 in 13:48
    Permalink

    Coraggio, sei indomabile e tornerai più forte di prima! <3

    Risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.