Il fantastico mondo degli Alinari
Volti e mestieri, luoghi e città. Operai e lavandaie, funzionari e scugnizzi, artigiani e urbanisti; porti e acquedotti, giardini e monumenti, gite aziendali e chioschetti di artigiani. È l’Italia con le sue facce e le sue opere, una carrellata del secolo scorso nelle immagini indimenticabili degli Archivi Alinari, deposito storico della memoria visiva nazionale, diventato oggi una Fondazione della Regione Toscana, presieduta da Giorgio Van Straten e diretta da Claudia Baroncini. Dopo 150 anni di gestioni private, infatti, a fine 2019 la Toscana ha acquistato gli archivi della società fiorentina (che contengono oltre 5 milioni di immagini e pezzi vari), che sono diventati dunque pubblici e che la Fondazione dovrà organizzare. Una “fabbrica di immaginario disponibile”, l’ha definita Michele Smargiassi su Fogli E Viaggi, Il sito di racconti di viaggio, cultura, ambiente curato da Vittorio Ragone e animato da giornalisti e scrittori.
Da domani, proprio Fogli E Viaggi, con cui Roma Report è gemellato, pubblicherà una videofotogallery con immagini del Novecento, e un racconto d’autore su eventi-cardine dell’identità e della storia locali, dedicate a 10 grandi città italiane, con la selezione delle musiche di accompagnamento e degli interpreti curata da Adriana Tessier.
Si inizierà con la Città Eterna: Roberto Roscani racconterà “Roma sparita”: il cambiamento urbanistico avvenuto all’ inizio del XX secolo e poi durante il fascismo, quando intere aree furono ridisegnate per celebrare i fasti della Capitale.
Ecco un’anticipazione del testo di Roscani:
(…) La vulgata vuole che la Roma papalina fosse una piccola città provinciale. Sul provinciale d’accordo, sul piccola un po’ meno: Roma aveva nel 1871 212mila abitanti, sostanzialmente lo stesso numero di Torino (che era stata capitale sabauda da sempre), Milano ne aveva meno di 250 mila, Firenze capitale italiana dall’Unità aveva visto crescere i suoi abitanti tra il 1861 e il 1871 da 150 a 200mila. Solo Napoli era davvero una grande città con mezzo milione di abitanti. In più Roma non era una città immobile come potremmo credere e la sua boccata di modernità stava arrivando per mano di gente come il cardinale De Merode e dalla speculazione edilizia. Oggetto delle trasformazioni degli anni che precedono l’Unità era la grande zona di via Nazionale, un’area di orti e giardini, di vigne destinata a diventare forse la prima strada romana così ampia da sembrare progettata dal barone Haussmann, l’urbanista di Napoleone III che ridisegnò Parigi. Una modernità a prova di barricate che in strade tanto larghe non si possono innalzare (…)