Er Faina sindaco de Roma?
Perché un politico rampante e dai modi diretti, talvolta spicci, come Carlo Calenda, che abitualmente parla di industria 4.0 e governance, si prende la briga di andare in video a controbattere con un influencer o instagrammer noto per le sue provocazioni, il linguaggio greve e i modi non proprio urbani?
Perché Damiano Coccia, più noto come Er Faina, ha 1 milione di follower su Instagram. E dunque l’europarlamentare ed ex manager che aspira alla poltrona di sindaco, magari consigliato dai suoi esperti social e marketing, deve aver pensato che la sua fama avrebbe potuto portargli maggiore visibilità, raggiungendo un pubblico ampio e diverso.
Il risultato, però, è un po’ patetico. Calenda che cerca di fare il verso, sia pure in versione politicamente corretta, al Coatto Social per eccellenza, tra una citazione di Carlo Verdone e un’altra di Gigi Proietti, va a rafforzare la fama di Coccia, gli dà una patina di autorevolezza. Se anche un ex ministro dai natali nobili va a discutere con lui, significa che Er Faina è veramente quarcuno, a Roma, no?
Questo è quello che succede a confondere Instagram con la realtà tout court e un instagrammer con i young adult (ma anche gli adolescenti) romani. E a pensare che se uno va ospite a “Uomini & Donne” oppure a “Temptation Island” allora diventa un interlocutore, anche se da criticare.
Ma soprattutto, questo accade quando si pensa a quanti follower ha Er Faina – che già uno a Roma lo chiamano così per ironia, normalmente – e non a quali valori esprime. Perché il problema non è solo il catcalling, di cui si discute come se fosse una polemica sulla ricetta della carbonara, ma la svariata lista di polemiche di cui Damiano Coccia si è reso protagonista, conscio che sui social più rumore fai, più ti seguono. Anche e soprattutto i media, che sono troppo spesso a corte di idee.
Er Faina ha polemizzato sulla chiusura delle discoteche, ha attaccato pesantemente e volgarmente l’ex ministra dell’Istruzione Azzolina, ha litigato (lui laziale) con tifosi romanisti, se l’è presa con Achille Lauro perché provocava a Sanremo (e già uno che provoca per mestiere che si mette a criticare la provocazione, che dire). A scorrere i motori di ricerca, associato al suo nome c’è un elenco di polemiche. E basta. Quando invece al prossimo sindaco o alla prossima sindaca di Roma occorrerebbe soprattutto la capacità di ricostruire un dialogo sociale. Perché governare una città non è come andare a un talk show a sfogarsi.
Certo, anche scrivendone qui rischiamo di fargli pubblicità, al Faina, perché è sempre vero che, bene o male, l’importante è che se ne parli. Ma il paradosso principale è che in una campagna elettorale già disgraziata di per sé come quella romana, dove non si parla che di possibili candidati, mentre Roma rischia di essere di nuovo invasa dai rifiuti, c’è una pandemia che fa ancora paura e la riconversione ecologica è tutta da costruire, i politici vadano a interloquire con questo personaggio, invece di discutere tra loro di soluzioni.
Sì, Calenda (e come lui certamente altri) incontra anche comitati cittadini, associazioni, parti sociali. Però, quello che resta, che fa titolo, è che ha tempo da dedicare a un tizio che passa il suo tempo a parlare come un’imitazione pessima di Biascica (Ma Biascica armeno fa ride) discettando della qualunque, in quelle che definisce lui stesso chiacchiere da bar.
Un grande esperto di chiacchiere da bar era il presidente Sandro Pertini, capace di ascoltare gli umori popolari e poi di riproporli in forma critica scuotendo i governi dell’epoca. Ma Pertini aveva dei valori di riferimento politici e morali piuttosto saldi, e sapeva anche selezionare gli umori. Non avrebbe dedicato tempo e pubblicità a un Faina dell’epoca, che anzi avrebbe bollato come qualunquista.
Ma se questo è l’andazzo, se le “chiacchiere da bar” sono il programma politico allora va bene: candidiamo Er Faina al Campidoglio.