Alfonsi: per una Roma al plurale

Era il giugno del 2016, quando, di fronte alla marea montante grillina che spazzava via i rappresentanti delle vecchie forze politiche romane, conquistando il Comune di Roma, Sabrina Alfonsi, presidente del Primo Municipio, già in carica dal 2013, stupì tutti e risultò rieletta alla guida di una coalizione di centrosinistra, in controtendenza con quanto accadeva in quasi tutto il resto della città.
Alfonsi, 55 anni, è oggi l’esponente politico con la più lunga esperienza a livello di amministrazione nella Capitale. Da otto anni alla guida di quello che per i non romani è Roma, ovvero il suo centro storico, qualcuno dice sia adesso pronta a fare il grande salto e a puntare verso il Campidoglio.
Così almeno riportavano alcune voci di stampa, che indicavano anche il suo nome in lizza fra i potenziali aspiranti sindaci di centrosinistra. Per sapere quanto ci sia di vero e per scoprire anche quanto incidano sul futuro di Roma i recenti cambiamenti politici, sia a livello di governo nazionale che alla guida del suo partito, il PD, l’abbiamo intervistata – via email – per conoscere meglio lei e la sua visione della città.

Sabrina Alfonsi, insieme ad altri presidenti di municipio di centrosinistra – penso a Giovanni Caudo e ad Amedeo Ciaccheri – è stata spesso citata in questi mesi quale possibile futura sindaca di Roma. In quell’area politica c’è infatti chi pensa sia giusto dare la priorità a chi, come lei, ha già avuto una concreta esperienza di amministrazione del territorio. Insomma, possiamo considerarla tra i possibili candidati a sindaco della Capitale?
Sono convinta che prima di tutto, prima del nome del candidato o della candidata, per Roma serva una squadra larga di persone capaci che vogliano mettere a disposizione le loro esperienze per il bene di Roma, per costruire una città futura, una comunità inclusiva, aperta e solidale. Non si può governare Roma da soli: il futuro sindaco o la futura sindaca avrà bisogno di una squadra forte, valida e che conosca bene i territori che compongono la nostra città. Sarà un grande lavoro di squadra.

Capisco che la situazione è in continua evoluzione e in questo momento è un po’ difficile sbilanciarsi. Ci parli allora un po’ di lei: chi è Sabrina Alfonsi, al di là del suo ruolo pubblico?
Sono un’antropologa, una donna, una mamma. Pur avendo fatto politica da quando avevo 17 anni, in realtà ho sempre lavorato, ho avuto due professioni, ho cercato sempre di coniugare il lavoro con la mia grande passione, occuparsi della cosa pubblica. Negli anni, ad esempio, ho avuto uno studio di progettazione europea, e mi sono occupata di progetti rivolti all’integrazione lavorativa delle donne. Ho sempre lavorato per costruire squadre, sono sempre stata una persona non individualista, anche il modo in cui sto governando da otto anni il territorio del Primo Municipio lo dimostra, con le reti che abbiamo costruito: penso al Patto di Comunità promosso per fronteggiare l’emergenza dovuta alla pandemia.
Sono un’amante della lettura, dell’aria aperta, dei piccoli borghi, ma soprattutto di questa città, per questo ho la voglia di spendermi in politica per il bene di Roma.

Prima del nome del candidato o della candidata, per Roma serve una squadra larga di persone capaci che vogliano mettere a disposizione le loro esperienze per il bene di Roma

Lei è al suo secondo mandato come presidente del Primo Municipio. Di questa sua lunga esperienza cosa la inorgoglisce di più? E, al contrario, ha anche qualche rimpianto? C’è qualcosa che non è riuscita a fare come avrebbe voluto?
Parto dalla seconda domanda. Mi sarebbe piaciuto che durante questo lungo mandato ci fosse stato il cambiamento della forma di governance, per poter essere non la presidente o la minisindaca, ma il vero sindaco di questa parte della città, perché i rimpianti sono sulle cose che non ho potuto fare per mancanza di competenza.
La cosa di cui vado invece più orgogliosa sono tutte le cose che siamo riusciti a portare a compimento, alcune anche ampliando le competenze del municipio… Ad esempio: abbiamo richiesto al Campidoglio di avere la competenza sul verde scolastico delle nostre scuole e poi sul verde urbano del municipio, man mano acquisendo piccole aree verdi e riportandole a nuova vita, curandole anche grazie al coinvolgimento dei comitati e dei cittadini.
Un’altra cosa di cui vado molto orgogliosa è la progettazione urbanistica per il recupero dell’ambito di Testaccio compreso tra Via Marmorata, Via Galvani, Via Zabaglia e il Cimitero acattolico, frutto di un concorso di progettazione portato avanti dal Municipio I, che darà un nuovo volto al borghetto degli artisti di Via Paolo Caselli. Penso al restauro conservativo della facciata della scuola Cadlolo, i cui lavori sono partiti poche settimane fa, grazie a una innovativa modalità di partenariato pubblico privato tramite un project financing con Sorgente e Urban Vision, di fatto la prima volta per un municipio di Roma Capitale. Penso al Centro Freddo, a Casa Sabotino, dedicata in particolare a donne in fuga e persone trans, penso al Centro Anti Violenza all’interno della sede del Municipio I a Trionfale, penso al progetto riguardo il giardino di Via Giulia, o l’apertura della Prima Casa del Municipio all’Esquilino. E poi, sicuramente, aver azzerato le liste d’attesa dei servizi, e il progetto Scuole Aperte, di cui tutti parlano da anni: noi le abbiamo fatte.

La Raggi ha solo scaricato soldi o competenze quando non sapeva dare delle risposte

Nel suo doppio mandato, lei ha avuto come sindaco, per i primi tre anni Ignazio Marino e per i successivi cinque Virginia Raggi. Dal suo punto di osservazione, cosa ha differenziato maggiormente le due diverse stagioni politiche capitoline?
Tutto. Intanto, la mancanza di senso delle istituzioni da parte della sindaca Raggi che non ha attivato alcun tipo di interlocuzione con i presidenti di municipio, ovviamente generando una contrapposizione, come se non stessimo entrambe governando una parte di città io e tutta la città lei. Al contrario, Marino aveva re-istituito la conferenza dei presidenti, c’era un presidente delegato a rotazione presente alle sedute di giunta capitolina, si ragionava veramente sul decentramento, mentre la Raggi ha solo scaricato soldi o competenze quando non sapeva dare delle risposte. Competenze che in molti casi non potevamo neanche prendere, perché non avevamo neanche le persone fisiche per portare a termine il lavoro… La Raggi ha trattato i municipi come uffici distaccati.
Marino aveva iniziato il suo percorso con un grande progetto per la città, con delle grandi idee, con la voglia di valorizzare Roma, mentre la Raggi è arrivata negando i grandi progetti, con l’idea di fare il quotidiano. Possiamo affermare con certezza che non ha fatto né l’uno né l’altro, e oggi a pochi mesi dalla scadenza del mandato, pensa di fare una funivia!

A proposito di diverse stagioni politiche capitoline, nei mesi scorsi è comparsa sui media una notizia, che riguarda un luogo simbolo della nuova Roma, ai confini del territorio che lei amministra: il ponte della Musica. Da quanto si è letto, pare che nessuna delle amministrazioni comunali che si sono succedute da quando è stato inaugurato il ponte – di centrodestra prima, di centrosinistra poi, grillina oggi – abbia provveduto a farne i dovuti collaudi. Lei cosa sa in merito e come giudica questa vicenda?
Le notizie di stampa a cui lei si riferisce risalgono all’inizio del mese di febbraio e riguardano il divieto di passaggio sul Ponte alle biciclette, comunicato dalla Polizia Locale ad una associazione amatoriale di ciclisti. Concordo che si tratta di un fatto piuttosto singolare, che va a cozzare contro i le ragioni che hanno portato alla realizzazione del Ponte, progettato nel 2007 per sostenere il traffico pedonale, ciclabile e dei mezzi pubblici ecologici e per mettere in collegamento l’Auditorium, Villa Glori, il Maxxi e il Teatro Olimpico con il complesso sportivo del Foro Italico e con il Parco di Monte Mario. Non conosco le ragioni che ad oggi, a dieci anni di distanza dalla sua inaugurazione, impediscono l’utilizzo a pieno regime di quest’opera, ma sono pronta a chiedere spiegazioni al Dipartimento all’Urbanistica e alla stessa Polizia Locale.

Anche a Roma, come un po’ ovunque in Italia, si sta avvertendo un crescente disincanto nei confronti della politica nel suo complesso, vissuta sempre più spesso come un qualcosa di distante, di scollegato dai reali bisogni. Forte dei suoi otto anni di esperienza quotidiana sul campo, in quella che è l’area più importante della Capitale, cosa pensa sia necessario per riavvicinare l’amministrazione e i cittadini?
Noi in questi otto anni di governo del territorio abbiamo lavorato duramente per riavvicinare i cittadini alla politica in generale e alle istituzioni di prossimità in particolare, non solo guardando ai cittadini adulti. In generale, sono convinta che non avere attenzione verso la politica voglia dire non occuparsi del proprio presente e del proprio futuro, oltre che del futuro dei figli, e per questo abbiamo portato avanti tutta una serie di iniziative per far crescere nei nostri giovani la consapevolezza che la politica è importante e necessaria e che è indispensabile il confronto con chi amministra. Per questo abbiamo deciso di istituire, nella sede del Consiglio Municipale, il Consiglio delle Bambine e dei Bambini, delle Ragazze e dei Ragazzi, dove i rappresentanti eletti dei nostri studenti delle scuole primarie e medie imparano le regole di funzionamento della democrazia, discutono e fanno proposte per migliorare le loro scuole, proposte che poi il Municipio si impegna a realizzare.
Per lo stesso motivo abbiamo aperto il Centro Giovani del Municipio, perché anche i ragazzi più grandi devono avere a disposizione luoghi dove incontrarsi e svolgere attività decise in completa autonomia.
E infine, ed è una delle cose di cui vado più orgogliosa, la nostra azione di governo si è basata sul confronto e la collaborazione costante con la vasta rete di associazioni della cittadinanza attiva, che costituiscono una delle grandi ricchezze del nostro territorio e che abbiamo riunito nel Patto di Comunità. Una modalità che – grazie alle numerose iniziative di raccolta dei generi alimentari, i progetti di assistenza agli anziani soli e alle persone affette da patologie, il sostegno alle persone sole attraverso progetti culturali, ci ha permesso di raggiungere ottimi risultati soprattutto nel settore dell’inclusione sociale e dell’assistenza ai più fragili, che ha assunto un rilievo del tutto particolare in questo ultimo anno in cui gli effetti sociali della pandemia si sono fatti sentire in modo particolarmente rilevante anche in un tessuto sociale solido come quello del Centro Storico.
Abbiamo poi realizzato il Progetto Scuole Aperte con le istituzioni scolastiche del territorio e le associazioni dei genitori, per far sì che le scuole assumessero in pieno il ruolo di motori culturali dei quartieri, e portato avanti alcuni importanti percorsi di partecipazione con i cittadini con riferimento a interventi particolarmente significativi per il territorio, tra i quali ricordo la realizzazione del giardino barocco sopra il parcheggio interrato di Via Giulia, l’assetto futuro di Campo Testaccio e la progettazione del Borgo degli Artisti di Via Paolo Caselli.

Quale ritiene siano oggi le priorità per la nostra città, e quali le possibili soluzioni ai suoi problemi?
Roma ha un estremo bisogno di modernità, per agganciarsi alle grandi metropoli europee e per attrarre nuovi capitali e investimenti. I principali problemi che distanziano Roma dal resto delle capitali sono i trasporti e i rifiuti. E l’organizzazione. Vanno utilizzati i fondi del Recovery Fund per investire in infrastrutture adeguate e lanciare la città verso il futuro.
I soldi del Recovery Fund non devono essere considerati spesa pubblica ma investimenti. Investimento significa che a fronte di una spesa ho un aumento del fatturato.
Roma ha due metropolitane e mezza. È necessario investire su una rete di trasporto su ferro che vada dalla costruzione di nuove metropolitane alla realizzazione di tranvie, alla transizione green del trasporto pubblico locale, all’estensione dello sharing a tutti i quartieri della città.
Poi penso che Roma debba diventare la capitale dell’economia circolare, sfida obbligata che ci indica anche l’Agenda 2030 per affrontare i cambiamenti climatici e rendere eco-sostenibile la città.

Bisogna ripopolare il Centro storico: penso alla cedolare secca, a incentivi e sgravi per chi affitta a lungo termine, a mutui agevolati per l’acquisto della casa

 Il centro storico di Roma, anche a causa del fenomeno della gentrificazione, cioè dello spostamento dei residenti verso le periferie, sta soffrendo più di altre zone la crisi che ha colpito settori come il turismo, la cultura, il commercio, che della parte più antica della città costituiscono l’asse portante economico. Cosa andrebbe fatto per modificare questo processo?
Il Centro storico ha subito grandi cambiamenti negli anni, a partire dalla gentrificazione, ovvero cambio di classe sociale che lo abitava, e poi con la dedizione al turismo come unica vocazione del territorio, un fattore che ha accentuato il fenomeno di spopolamento dovuto alla trasformazione di tantissimi appartamenti in strutture ricettive per il turismo, spesso anche in forma completamente abusiva. Tutto questo è risultato drammaticamente evidente con il primo lockdown dovuto alla pandemia.
Ma penso che la pandemia possa essere anche paradossalmente un’occasione per ripensare il modo in cui viviamo la città e i nostri spazi. Per questo serve una visione politica della città futura: proposte concrete per riportare davvero la vita nel centro storico, le famiglie, le giovani coppie, i giovani, gli studenti. Penso alla cedolare secca, a incentivi e sgravi per chi affitta a lungo termine, a mutui agevolati per l’acquisto della casa.
Forti politiche fiscali e interlocuzione con il Governo, da un lato, e rigenerazione del territorio e degli edifici in disuso, perché ripopolare vuol dire anche ripensare gli spazi e il modo in cui vengono vissuti.

La pandemia: quanto ha cambiato e quanto potrà ancora cambiare lo scenario cittadino nel suo complesso?
Ha cambiato molto, ad esempio è cambiato il commercio, perché la gente è tornata al commercio di vicinato, di quartiere, non è avvenuto per il centro storico ma per il resto della città sì.
Noi dobbiamo assolutamente lavorare in Italia e anche a Roma sul rafforzare le piccole reti di commercio, noi sappiamo che abbiamo tante piccole industrie, sono tutte realtà medio-piccole più fragili, spesso a conduzione familiare, dobbiamo trovare gli strumenti per sostenerle. Ha cambiato il fatto della dislocazione dei servizi. Se ci fossero licei e scuole adeguate in tutta l’estensione della città noi non costringeremmo i ragazzi a venire fino in centro per frequentare i licei, affrontando anche ore di viaggio. Tutto ciò, purtroppo, è causa di un aumentato rischio di abbandono e dispersione scolastica. Vanno ripensate delle micro città, autosufficienti a se stesse in termini di servizi – sul modello della città con tutti i servizi entro i 15 minuti di distanza dalla propria abitazione.

Il centrosinistra romano ha spesso scelto il proprio candidato o la propria candidata con le primarie. Pensa che sia questa la strada maestra da percorrere, oppure in questa occasione sono preferibili soluzioni diverse?
Io sono presidente di questo municipio perché ci sono state le primarie. Senza di quelle, dubito che otto anni fa lo sarei diventata, perché una donna non sarebbe stata facilmente indicata dal partito o dalla coalizione come candidata. Ho sempre pensato che le primarie siano un buono strumento anche e soprattutto per le cariche monocratiche. Con  la decisione di far slittare il voto per le amministrative all’autunno, abbiamo tutto il tempo per organizzarle con le modalità che saranno ritenute più opportune e più sicure.

Non ci può essere alcun accordo con i Cinque Stelle romani, se hanno intenzione di sostenere la sindaca Raggi

La fine del governo giallorosso prima e il cambio alla guida nazionale del PD poi, stanno modificando lo scenario politico anche in città. Ora si parla di Roberto Gualtieri come possibile candidato sindaco per il centrosinistra. Qualcuno si pone anche l’obiettivo di trovare un accordo con il M5S, per un’alleanza locale oltre che nazionale. Cosa ne pensa?
Sicuramente gli scenari sono cambiati, come dimostra anche l’ingresso di due donne del Movimento 5 Stelle nella Giunta Regionale del Lazio. Del resto, sarebbe stato difficile – in un quadro che vede l’alleanza giallo-rossa a livello nazionale – che si potessero prendere delle scelte totalmente diverse a livello locale.
Noi abbiamo un problema, perché su Roma i Cinque Stelle ad oggi esprimono una candidatura di una sindaca che ha totalmente fallito il proprio mandato. Quindi non ci può essere alcun accordo con i Cinque Stelle romani, se loro hanno intenzione di sostenere la sindaca Raggi. Da parte sua non c’è mai stato un atteggiamento di collaborazione, addirittura abbiamo detto che neanche in sede istituzionale questo avviene. Penso che il confronto su Roma rispetto a questa ipotesi non sia ancora all’ordine del giorno.

Non è che perché la prima Sindaca di Roma donna non è stata capace allora vuol dire che tutte le donne non sono capaci

Si è parlato spesso in questi anni di “Sinistra Ztl”, per indicare un’area politica molto più attenta al centro che alle periferie. Lei è la presidente del “Municipio Ztl” per eccellenza, quello del centro storico. Non ritiene che la sua eventuale candidatura potrebbe, per questo, confermare questo giudizio – o pregiudizio – negativo, agli occhi dei cittadini delle periferie romane?
Mi sembra una definizione fuorviante, perché la si usa per indicare una sinistra che riscuote i maggiori consensi nelle zone più ricche della città. A questa io rispondo che una città si governa con le buone pratiche e azioni concrete, non guardando al ceto dei cittadini. La città non è divisa in centro e periferia, ma ha tante esigenze che vanno declinate ascoltando i territori. Da anni si parla di comuni urbani, proprio perché una città grande e complessa come Roma – o come Parigi, ad esempio – è composta da tante piccole città, un mosaico composito e multicolore che costruisce la città intera.
Nel mio caso specifico, otto anni di governo del territorio strada per strada credo mi abbiano aiutato a mantenere uno sguardo attento nei confronti dei cittadini a cui abbiamo chiesto il voto.

Sinistra ZTL? Trovo la definizione fuorviante. La città non è divisa in centro e periferia, ma ha tante esigenze che vanno declinate ascoltando i territori

Se è vero che il nostro municipio è uno di quelli con un reddito medio alto è comunque rappresentativo di uno spaccato di società. Soprattutto in questa emergenza dovuta alla pandemia, sono molti i progetti di aiuto e solidarietà che abbiamo messo in campo, per i nostri residenti e non solo.
Poi è vero che, come giustamente sottolineato dal neo segretario del Partito Democratico Enrico Letta nella sua relazione del 14 marzo scorso, in questi anni la nostra forza politica è apparsa a molti come un sistema di potere.
Questo si è verificato nel momento in cui, spesso anche per senso di responsabilità nei confronti del Paese, i nostri governi sono apparsi eccessivamente “razionali”, concentrati principalmente sugli aspetti di bilancio che, ancorché importanti, hanno segnato un limite rispetto a una visione di società che appassioni. E se non suscita emozioni, il PD rischia di morire.
La ricetta per superare il pregiudizio è soltanto una: quella di ingaggiare con le forze di destra un corpo a corpo sui territori, ascoltare i bisogni delle persone, tornare ad essere empatici per entrare in connessione sentimentale con migliaia di cittadini, spiegando loro come i grandi cambiamenti in corso a livello mondiale, che tanta incertezza hanno creato, possono essere fonte di opportunità proprio per loro.

Virginia Raggi è stata la prima sindaca donna. Per una donna è dunque più semplice presentarsi oggi per ricoprire un ruolo così importante e delicato, oppure questo precedente, paradossalmente, può creare maggiore diffidenza?
Credo che l’Italia sia indietro sulle donne. Si parla solo di uomini, quindi vuol dire che abbiamo un problema. Non è che perché la prima Sindaca di Roma donna non è stata capace allora vuol dire che tutte le donne non sono capaci. Abbiamo avuto grandi politici uomini non capaci, ma non mi pare che gli uomini abbiano fatto un passo indietro.

Se diventasse la nuova sindaca di Roma, quali sarebbero i primi tre atti da firmare subito, fin dal primo giorno d’incarico?
I primi tre atti da firmare subito, come tutti sanno, sono atti amministrativi per far funzionare la macchina! Nomina assessori e formazione Giunta, nomina dei collaboratori più stretti e dei dirigenti apicali.
Per quanto riguarda gli atti politici, nei primi 100 giorni sicuramente una delibera per spingere il decentramento dei poteri e delle risorse, dando ai municipi tutto quello che è possibile dare già a regolamento attuale, e poi lavorare con il Parlamento per una riforma dello status della Capitale e della sua governance.  Abbiamo detto poi che la vera distanza tra Roma e le altre grandi capitali sta nei servizi essenziali, il sistema dei trasporti e la gestione dei rifiuti. Per questo occorrerà lavorare da subito sull’assetto delle partecipate e sulla gestione di queste due importanti funzioni, per garantire alla città un sistema di trasporto efficiente anche attraverso vettori concorrenti e una gestione del ciclo dei rifiuti in grado di portare la capitale a quel grado di autosufficienza richiesto dalle normative comunitarie e nazionali.

Nei primi 100 giorni vorrei una delibera per spingere il decentramento dei poteri e delle risorse, dando ai municipi tutto quello che è possibile dare già a regolamento attuale, e poi lavorare con il Parlamento per una riforma dello status della Capitale e della sua governance

Una domanda che stiamo ponendo a tutti i potenziali candidati: lei come immagina una ipotetica Roma futura, fra un anno, fra cinque anni, fra dieci anni? Quale visione ha in prospettiva per la città e quali progetti vorrebbe venissero realizzati nel breve, nel medio e nel lungo periodo?
Vorrei vedere nel prossimo futuro Roma Capitale della Pace, capitale del Mediterraneo, della cultura e della ricerca, polo universitario mondiale, capitale del dialogo inter-religioso e laboratorio di sperimentazioni artistiche.

A proposito di lungo periodo, so che lei si è a lungo occupata di scuola durante la sua esperienza politica. Ha qualche consiglio particolare da rivolgere alle giovani generazioni di romani, ai cosiddetti millennial, che stanno vivendo un momento molto delicato e difficile, sia dal punto di vista didattico che sociale?
Il consiglio lo voglio dare a chi oggi gestisce la scuola: la scuola deve essere aperta, per tutte e tutti, e per tutte le fasce d’età. Questi ragazzi e ragazze, bambini e bambine che vivono la scuola in tempi di pandemia dovranno recuperare un gap importante, bisogna pensare una politica che dia un surplus di formazione e motivazione non solo nei luoghi del sapere classici, ma accelerare anche dei processi di riforma della scuola in modo da recuperare anche le difficoltà che vivono oggi.

In questi anni si è parlato molto del nuovo stadio della Roma. Nel territorio che lei amministra ce n’è anche uno vecchio, o per meglio dire antico, che potrebbe essere fatto rinascere: il campo Testaccio. È una vicenda lunga e un po’ tormentata. A che punto è oggi quella situazione?
Purtroppo a un punto fermo. Dopo che la competenza era stata assegnata con delibera dell’assemblea capitolina al Municipio, evidentemente per evitare di occuparsi di quello che si riteneva un problema insormontabile, noi come Municipio, insieme alla Regione Lazio e ASP Asilo Savoia (enti pubblici, quindi) avevamo individuato il modo per restituire il Campo alla città. Appena annunciato il progetto, il Campidoglio incredibilmente si è ripreso la competenza sul Campo Testaccio. Ad oggi è tutto bloccato, in attesa di capire se e come il Campidoglio intenda procedere, rispetto alla soluzione individuata da noi o attraverso altre ipotesi ad oggi non note.

Per concludere, cosa si augura Sabrina Alfonsi per Roma, indipendentemente da chi ne diverrà in futuro il primo cittadino?
Mi auguro che Roma rinasca e ritrovi l’orgoglio di essere Capitale.

 

[Le foto pubblicate sono tratte dal sito web sabrinaalfonsi.eu]

 

3 thoughts on “Alfonsi: per una Roma al plurale

  • 18 Marzo 2021 in 13:45
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    Complimenti a Sabrina Alfonsi per la chiarezza delle idee espresse e all ottimo lavoro svolto nella guida del primo Municipio. Ci auguriamo che possa dare il suo contributo per questa citta come sindaco di ROMA. Auguri

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  • 18 Marzo 2021 in 18:36
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    Complimenti a Sabrina Alfonsi per l’intervista e la prospettiva ampia sul futuro della Capitale (capitale del Mediterraneo, capitale della Pace), compresa l’idea del decentramento ai Municipi, un punto di svolta amministrativo che snellirebbe di gran lunga l’articolazione della macchina burocratica della Capitale e permetterebbe una vera e fattiva governance dei singoli Municipi, con risorse dedicate.

    Ciò che manca alla Città (e ci si accorge subito, da residenti, da romani, ma anche con l’occhio da turista) è una manutenzione ordinaria e infrastrutturale della Città degna di tal nome, dal verde urbano, alle strade, alla segnaletica, ai mezzi pubblici e soprattutto alla gestione dei rifiuti, grande problema irrisolto della Capitale (anche il recente piano AMA 2021/2024 lo testimonia), rimasta tuttora unica capitale senza un piano di smaltimento rifiuti comparabile a quello di grandi capitali europee: necessiterebbe invece di un porta a porta spinto (ora confinato in pochi ambiti e nemmeno esteso all’intero I Municipio) nell’ottica dell’economia circolare e di una vera transizione ecologica.

    Proprio in riferimento al Centro Storico e al Municipio I più in generale, la vivibilità dello stesso e il tentativo di ridare vita al Centro non può che passare nella sua maggiore vivibilità, in un numero ben maggiore di aree pedonali rispetto ad oggi e all’istituzione di “zone 30”, al centro di Roma oggi sconosciute, che forse possono essere la miglior soluzione alla pacifica convivenza tra pedoni, biciclette, e automobili, come negli altri centri europei.
    I pochi residenti del centro spesso preferiscono vendere le abitazioni o affittarle per turisti e ritirarsi in aree più lontane spesso a malincuore ma proprio a causa della scarsa vivibilità ed elevata rumorosità presente (pensiamo al passaggio più volte durante le ore notturne dei mezzi AMA per la raccolta e all’emissione di dB intollerabili di forte disturbo per il mancato riposo notturno, o agli incolonnamenti di auto perenni anche nelle vie più strette con strombazzate di clacson e annessi, durante le ore diurne), che mal si conciliano con la residenzialità di famiglie, bambini, anziani.
    Se si vuole pensare ad un futuro della Capitale che la renda veramente vivibile quanto lo sono oggi le città europee in cima alle classifiche di qualità della vita, non si può che passare per una maggiore vivibilità, pedonabilità, accessibilità, e per una gestione ordinaria dei servizi (verde pubblico, infrastrutture, rifiuti, trasporti) in linea con standard molto più elevati degli attuali.
    Nello specifico, il I Municipio ci aveva enunciato un piano di asfaltature di alcune vie centrali (come ad esempio via Tacito), ma al momento attendiamo vengano effettuate. Cordiali saluti ed auguri

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  • 19 Marzo 2021 in 10:42
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    Complimenti per l’intervista, brava, sono convinto che alle condizioni date l’amministrazione del Municipio è stata più che buona. Forse sul confronto con le associazioni territoriali e sul concetto di “partecipazione” si poteva fare di più.

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