Zevi: un centrosinistra no-snob per Roma
Da quando è iniziata questa storia del Covid, ormai è quasi un anno, anche l’aspetto di Roma è molto cambiato. È una città diversa, ha cambiato i suoi colori e i suoi ritmi. Vedere qualche giorno fa un grande manifesto elettorale di quelli belli grandi, come quelli che faceva Zio Silvio – i cosiddetti 6 per 3 – mi ha fatto un piacere che sconfinava nella nostalgia. Erano quelli di Tobia Zevi, uno dei roman candidate che si sono affacciati per tempo alla campagna elettorale. Li ho guardati. Poi li ho anche cercati in Rete, luogo senza il quale ormai le cose non sono veramente successe, e li ho visti: normali manifesti per una normale campagna elettorale, con il loro slogan “Non cambiare città cambiamo Roma”.
Contatto Zevi, mi complimento e dopo qualche giorno gli chiedo se mi rilascia un‘intervista per Roma Report. Lo conosco da un po’, è una persona gentile, caratteristica abbastanza rara. Si occupa di politica, e di politica romana, da molti anni pur avendo un po’ meno di 40 anni. Lo tengo al telefono 46 minuti, e mi faccio raccontare un po’ di cose. Spero non me ne abbia voluto.
Una cosa mi colpisce, nell’intervista: verso la fine, quando abbiamo già parlato di molte questioni romane e dei suoi competitor, mi racconta del problema della distanza, che lui chiama snobismo, della sinistra italiana verso le classi più popolari della città. Ma ci arriviamo.
Gli chiedo se per caso non si proponga come l’ultimo sindaco di Roma, dato che propone una riforma amministrativa della città metropolitana non del tutto dissimile da quella proposta da Walter Tocci, che parla di una Roma Regione, e anche da qualche altro esponente politico.
“Serve un organismo di area vasta che sia in grado di governare processi e trasformazioni di un territorio che ormai non si ferma ai confini comunali. D’altro canto, abbiamo bisogno di dare più poteri ai municipi che sono quelli più vicini ai cittadini”.
Ha sentito della secessione di Torre Spaccata (è passata dal VI al VII Municipio)?
La consapevolezza del fatto che il Comune di Roma non sia più un’istituzione funzionale è diffusa tra tutti gli addetti ai lavori. Io, essendo una persona concreta, ho cercato di capire quali sono però i passaggi necessari, e realisticamente realizzabili, per istituire veramente questa città metropolitana, sia prima, con le norme vigenti, poi con norme mutate. In modo che si abbiano dei poteri reali per la città metropolitana e per i comuni metropolitani, che sarebbero sia i municipi di Roma, potenziati, che gli attuali Comuni della Provincia, anche loro riformati.
Parliamo di 5 milioni di abitanti, che non coincidono strettamente con quelli del territorio del Comune, ma che lo attraversano e lo plasmano ogni giorno. Serve un’area vasta la (città metropolitana) che sia in grado di gestire e indirizzare le gradi questioni insieme a degli organismi di prossimità (i comuni metropolitani) in grado di incidere sulla vita quotidiana delle persone, dal verde pubblico ai servizi anagrafici, alle buche, alle scuole. Questo ultimi devono essere dotati di un bilancio e di poteri reali, non come gli attuali municipi.
Quindi il prossimo sindaco dovrebbe essere l’ultimo, perché attuerebbe questo percorso di trasformazione e il suo successore sarebbe il sindaco di una cosa diversa, appunto, della Città metropolitana.
Cosa pensa del rimpasto della giunta Raggi, con il licenziamento del vicesindaco, che era anche assessore alla Cultura, e del responsabile del Commercio?
Ci deve essere una distinzione tra la componente elettorale e le istituzioni. Non si può mandare via un assessore perché ha dubbi sulla ricandidatura di Virginia Raggi. Sembra un arrocco fatto per blindare la propria campagna elettorale. Io ero critico anche sulla giunta precedente, però quanto fatto a Luca Bergamo…
Cioè, sta dicendo che si è trattato di trasformare la giunta in un comitato elettorale?
Esatto.
Una cosa che le è piaciuta, dell’attuale amministrazione?
Il concorso di progettazione per la riqualificazione urbanistica e funzionale di Piazza dei Cinquecento. Non è possibile che quel posto sia ormai ridotto ad un enorme capolinea. Che è una cosa che come società civile, insieme a tanti altri, avevamo sollecitato e chiesto. Poi certo, ora è anche un luogo in cui insistono fenomeni di degrado e disagio sociale cui bisogna dare delle risposte subito, persone che muoiono in questi giorni di freddo.
Il prossimo sindaco dovrebbe essere l’ultimo, perché attuerebbe un percorso di trasformazione e il suo successore sarebbe il sindaco di una cosa diversa, appunto, della Città metropolitana
La cosiddetta emergenza-freddo?
Poi chiamarla emergenza fa un po’ ridere: d’inverno fa freddo, è normale e prevedibile.
Credo che il Comune abbia un piano freddo?
Non ce l’ha, non è stato approvato. Forse lo approveranno per l’estate.
Ma secondo lei Roma fa schifo, per citare il titolo di un famoso blog?
No. Se Roma facesse schifo ce ne vorremo andar via. Invece io dico che non bisogna cambiare città, ma cambiare Roma. Del resto per ricordare una Roma che funziona non bisogna mica andare indietro di 300 anni, basta arrivare a 15 anni fa. Roma era un posto in cui i giovani volevano venire, uno dei luoghi più interessanti del mondo.
Chi era sindaco 15 anni fa?
Be’, Walter Veltroni, e prima c’era stato Francesco Rutelli. Ci sono stati quindici anni di buon governo e Roma era estremamente attrattiva, piena di cose, di speranza. Le agende di quegli anni erano piene di eventi inaugurazioni, mostre, realtà nuove. Succedeva 15 anni fa, non tre secoli fa. Roma è male amministrata, questo sì. Non penso che faccia schifo e forse non lo pensano neanche quelli che lo hanno scritto.
Una delle cose che ha inciso sull’immagine, ma anche sulla vita quotidiana a Roma, è stata la gestione dei rifiuti. È di questi giorni la notizia che secondo uno studio di Assoambiente il Lazio è la regione con il numero più basso di impianti per il trattamento dei rifiuti.
La discarica di Malagrotta ha consentito di mettere la polvere sotto il tappetto per molti anni. Nel 2013 si è chiusa, cosa che andava fatta, però con un piano di gestione dei rifiuti che subito si è capito essere irrealizzabile. Con quote si raccolte differenziate impensabili, in poco tempo.
Se lei diventasse sindaco, che farebbe?
Abbiamo un problema di separazione della parte di spazzamento e raccolta da quella di gestione industriale dei rifiuti. Non ha senso che ci sia un solo soggetto che gestisce tutta la filiera dei rifiuti.
Quindi dividiamo l’Ama?
No. Dobbiamo mettere a gara il servizio di spazzamento e raccolta. Una liberalizzazione totale di questo servizio. Per quel che riguarda la parte industriale il processo di trattamento dei rifiuti andrebbe affidato ad Acea che già ha degli impianti: bisognerebbe affidarle anche gli altri impianti ora dei privati o di Ama. Questi andrebbero ristrutturati, per evitare di costruire un nuovo termovalorizzatore. Quella che invece non si può non costruire, è una discarica di servizio. Così si potrebbe porre fine allo scandalo dei treni pieni dei rifiuti. Andrebbe individuata l’area, e questo è un tema sensibile. Ma non c’è un posto al mondo senza discarica di servizio.
Dobbiamo sfruttare questa boa del Covid per riprogettare la nostra città. In realtà, parlando per esempio del turismo, sapevamo che quel modello di sviluppo non era sostenibile
Ora vorrei parlare con lei del Covid e di come sta cambiando la nostra città.
Interi settori dell’economia romana rischiano di essere spazzate via. Purtroppo, ci apprestiamo a vivere mesi e forse anni drammatici dal punto di vista economico e sociale. Interi settori dell’economia romana rischiano di essere spazzati via. Per questo noi abbiamo un tema di protezione delle persone che è anche nazionale e globale.
Dobbiamo sfruttare questa boa del Covid per riprogettare la nostra città. In realtà, parlando per esempio del turismo, sapevamo che quel modello di sviluppo non era sostenibile. La città cambierà, ci sarà probabilmente meno mobilità, lavoreremo più a casa, dovremo forse ampliare quindi le nostre case? Uno dei problemi di Roma era di essere poco densa: ora potrebbe rivelarsi invece un’opportunità.
Il suo sindaco preferito?
Sono due: Ernesto Nathan e Luigi Petroselli. Queste due forestieri così diversi: uno massone, inglese, ebreo. L’altro dirigente del Pci da Viterbo. Hanno però entrambi svolto il loro ruolo migliorando la vita delle loro comunità: uno portando le scuole nell’agro romano, Petroselli invece restaurando le borgate, installando fognature, elettricità. Portando i servizi essenziali a migliaia di persone.
Non dobbiamo ignorare la rabbia profondissima, la preoccupazione profondissima, che covano nella nostra società
Invece, che pensa degli altri candidati che si sono affacciati in questo periodo? E se, colpo di scena, il Pd appoggiasse Raggi, lei la sosterrebbe?
No, io mi candiderei contro la Raggi e il Pd in quel caso, lo confermo. Assolutamente no. Quanto agli altri candidati, ho chiesto le primarie. Però essere avversari nelle primarie non vuol dire essere nemici. Io ho cercato di fare un grande lavoro di rete confrontandomi con Paolo Ciani, Monica Cirinnà, Giovanni Caudo, anche per contrastare lo scandalo che a pochi mesi dalle elezioni non si parli di Roma.
Un Paese non può crescere a scapito della sua capitale. Manca un lavoro che ci porti ad avere una squadra e un candidato riconosciuto e una rappresentanza sociale definita. Peraltro, in un momento di grande crisi sociale che rischia di potare le persone anche verso la rabbia e l’intolleranza. Dobbiamo cercare di non essere snob e di comprendere quali sono le paure che attraversano la città.
E come intendete mescolarvi, come volete fare per non essere snob?
Io, personalmente, incontro tutti i giorni persone di ogni estrazione, e questo anche grazie alla politica. Il populismo è sbagliato, perché sfrutta quelle paure, ma le paure sono legittime. Non possiamo ignorare la rabbia profonda e il disagio che covano in questo momento. Rigettiamo l’odio e la violenza, ma non possiamo ignorare quello che sta succedendo. Le persone vogliono essere protette e in questo riconosco a Carlo Calenda di aver posto la questione. La parola protezione, che viene considerata di destra va accettata, è una cosa fondamentale. Non ha senso dire annamo nelle periferie quando poi quelle persone nelle periferie non si sono mai viste. Abbiamo un problema di atteggiamento molto serio. La parola chiave deve essere curiosità. In questo momento, nessuno conosce veramente la nostra città: bisogna usare uno sguardo bonario verso il nostro prossimo.
Non ha senso dire annamo nelle periferie quando poi quelle persone nelle periferie non si sono mai viste. Abbiamo un problema di atteggiamento molto serio
Con Zevi Parliamo anche di Matteo Salvini e della sua capacità di parlare e di mescolarsi alla gente. Caratteristica che Zevi gli riconosce. Per assurdo, gli dico che è l’unico politico di un certo rilievo che io conosca a essere entrato più volte in un campo rom: per provocazione, magari, ma lo ha fatto. Lui sottolinea che l’esempio è un po’ estremo, ma è vero che sa ascoltare la gente.
A questo punto gli chiedo del Giorno della Memoria, che cade oggi e che per Roma vuol dire più di qualcosa.
“Roma è città medaglia d’oro della resistenza ed è una città che ha ancora nel suo tessuto urbanistico i segni di quella guerra e di quella persecuzione. Il 16 ottobre del 1943, ma anche quella di pochi giorni, prima il 7 ottobre, quella dei 2000 Carabinieri deportati dai tedeschi. Oggi siamo in un’epoca in cui il confine tra integrazione, tolleranza, civiltà e intolleranza, odio, violenza rischia di essere valicato. La pandemia rischia di essere un punto di svolta. La memoria deve servire a dotarci degli anticorpi necessari. Però, ripeto, non dobbiamo essere snob. Non dobbiamo ignorare la rabbia profondissima, la preoccupazione profondissima, che covano nella nostra società. Capire che succede alla gente, quali sono le nuove povertà, le nuove sofferenze ma anche le nuove storie di successo. Secondo la Caritas, un romano su 50 è in stato di povertà.
Molto interessante.
Molto bella l’intervista con Tobia Zevi un giovane molto preparato e con le idee chiare su Roma. È necessario accendere le luci sui tanti problemi di Roma che dal 2008 sono privi di soluzioni e soprattutto, non vi è alcuna strategia per la città Capitale. Ci vuole un programma, una squadra ed un sindaco. Zevi può essere quello giusto se saprà creare una squadra in grado di attuare un coraggioso programma di innovazioni e semplificazioni della burocrazia cittadina.