Marino, il sindaco interrotto

Di fronte a un Gianni Alemanno in difficoltà e in forte calo di popolarità, il centrosinistra romano si prepara alle imminenti elezioni comunali del 2013, confrontando le sue varie anime interne attraverso il sistema delle primarie di coalizione, previste per il marzo di quell’anno. A sfidarsi sono l’ex giornalista della Rai David Sassoli e l’ex ministro della comunicazioni Paolo Gentiloni. È fra loro due che si gioca la partita a sinistra, in vista del confronto elettorale di maggio contro il sindaco uscente.

All’improvviso, però, a pochi giorni dall’apertura dei gazebo per le primarie, fra i due litiganti compare un terzo incomodo, fortemente caldeggiato da quel Goffredo Bettini, che da anni pare essere il sindaco ombra di Roma, colui che ha il potere di scegliere o di affossare le candidature a primo cittadino proposte dallo schieramento di centrosinistra. Era già successo nel ’93, quando Bettini aveva lasciato cadere la prevista candidatura a sindaco di Renato Nicolini, preferendogli Francesco Rutelli. Succede di nuovo venti anni dopo.

Il terzo incomodo, l’inatteso candidato alle primarie di marzo, si chiama Ignazio Marino. È un medico chirurgo, cresciuto professionalmente negli ambienti cattolici dell’Università del Sacro Cuore e del Policlinico Agostino Gemelli, già candidato, nel 2009 (ma senza alcuna chance) alle primarie nazionali per la segreteria del PD, genovese di nascita, senatore in carica nelle fila del Partito Democratico.
Grazie all’endorsement di Bettini, Marino stravince le primarie del centrosinistra, venendo poi eletto sindaco il 9 giugno 2013, dopo aver sconfitto Gianni Alemanno al ballottaggio, con un secco 64% a 36%.

Assunta la poltrona da sindaco, Marino si concentra subito su un primo atto simbolico: la pedonalizzazione dei Fori Imperiali. Il suo sembra quasi un omaggio alle vecchie giunte a guida PCI degli anni Settanta e Ottanta, che, soprattutto negli anni di Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli, sui Fori avevano fatto una delle proprie principali battaglie politiche.

Il più significativo degli atti dei suoi primi cento giorni in Campidoglio, è però la chiusura definitiva di Malagrotta, quell’enorme discarica che tantissime polemiche aveva provocato negli anni fra i cittadini romani. La chiusura fa parte di un più ampio programma sui rifiuti, volto a incrementare fortemente la raccolta differenziata e quella porta a porta, da realizzare progressivamente in ogni zona della città. A tal fine vengono approvate una serie di delibere, come quella denominata “Verso rifiuti zero”, belle e innovative sulla carta, ma che restano quasi del tutto inattuate.

La chiusura di Malagrotta rende inoltre necessario il potenziamento dell’impiantistica per il trattamento dei rifiuti, in particolare gli impianti di Trattamento Meccanico Biologico, meglio conosciuti con la sigla TMB. Questo processo, anche a causa di una prassi di non corretto utilizzo degli impianti, comincia a provocare una serie di disagi e di conseguenti proteste fra i cittadini che vivono nelle zone limitrofe ai TMB – soprattutto fra quelli dell’area dove sorge quello sulla via Salaria – che vengono sempre più spesso avvolti da gas maleodoranti provocati dai rifiuti. Ne nascono accese polemiche che si protrarranno negli anni e che, paradossalmente, si concluderanno solo a dicembre del 2018 (quando però, da tempo, Marino non è più sindaco), a causa di un incendio che distruggerà l’impianto del Salario, determinandone la chiusura definitiva.

A partire dalla seconda metà del 2014, negli stessi mesi in cui inaugura il primo tratto della Linea C del metrò e presenta, assieme al suo assessore Caudo, il progetto per il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, che tante polemiche (e inchieste) avrebbe provocato di lì a breve, per il sindaco Marino comincia una serie interminabile di presunti scandali, che iniziano a mettere in fibrillazione la sua giunta.

Il primo, cronologicamente, a trovare spazio sui media romani e nazionali, è il cosiddetto “Pandagate”, una vicenda che coinvolge la Fiat Panda rossa di proprietà del sindaco. Marino viene prima accusato di avere lasciato la sua auto presso un parcheggio del Senato destinato esclusivamente ai posti di guardia, poi di essere entrato con l’auto nella Zona a Traffico Limitato in centro senza avere i necessari permessi, infine di non avere pagato le relative multe.
Le indagini, portate avanti dalla procura della Repubblica di Roma, proscioglieranno Marino, rivelando anzi una violazione del sistema informatico del Comune e la manipolazione dei dati ai danni del sindaco, ma intanto un primo danno di immagine è stato fatto.

Da questo momento, per Marino, inizia una fase di avvitamento e di fibrillazione sempre più intensa, alla quale la stampa dà un risalto molto ampio, che a volte appare persino eccessivo rispetto al reale peso dei presunti reati imputati al sindaco.
Il fatto è che, oltre ai presunti reati commessi, oltre alle prevedibili polemiche che, come nelle normali dinamiche politiche, gli vengono scatenate contro dalle opposizioni, anche all’interno del suo stesso partito e della sua maggioranza Ignazio Marino comincia a essere malvisto. Criticato per le sue scelte, considerate spesso avventate, discutibili, quasi mai concordate, né decise in modo collegiale, il sindaco comincia a essere isolato, divenendo il bersaglio di un forte fuoco incrociato, sia amico che nemico.

A settembre 2015 scoppia il caso degli scontrini: a Marino viene contestata la legittimità di alcune spese di rappresentanza, per un ammontare di circa un migliaio di euro, che il sindaco avrebbe effettuato con la carta di credito del Comune. La stampa si sofferma molto soprattutto sulla spesa sostenuta per alcune pregiate bottiglie di vino da lui acquistate. Anche da quella vicenda Marino uscirà pulito, ma solo nel 2019, col pronunciamento definitivo della Cassazione.

Sempre a settembre, scende in campo anche Papa Francesco, che prende le distanze da Marino in occasione del suo viaggio a Filadelfia per l’incontro mondiale delle famiglie, al quale partecipa anche il sindaco di Roma. “Non sono stato io a invitarlo”, dichiara Bergoglio, decisamente alterato, davanti ai giornalisti, sorprendendo tutti, poiché era da circa un secolo, praticamente dai tempi dell’inaugurazione della statua a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori, voluta dal Comune e osteggiata da Leone XIII, che un Papa non interveniva in modo tanto diretto su un qualsiasi atto effettuato da un sindaco in carica.

Seguono giorni convulsi, con discussioni sempre più feroci fra le varie anime del PD e della maggioranza capitolina. L’8 ottobre 2015 Ignazio Marino si dimette da sindaco. Intanto, però, la campagna stampa scatenata contro di lui, ha provocato un risultato imprevisto, quello che gli anglosassoni chiamano effetto “underdog”. Agli occhi di molti cittadini, il sindaco comincia infatti ad apparire come la vittima di un’ingiusta ed eccessiva campagna denigratoria. Ne seguono manifestazioni popolari di sostegno sotto il Campidoglio, che inducono Marino a ritirare le proprie dimissioni il 29 ottobre.

A questo punto, ecco che arriva l’ultimo colpo di scena, il clamoroso atto finale di questo psicodramma: il 30 ottobre 2015, ventisei consiglieri comunali, in gran parte appartenenti al Partito Democratico (cioè lo stesso partito di Marino), si presentano da un notaio per rassegnare le proprie dimissioni, al fine di provocare con questo atto, a norma di regolamento, l’automatica caduta della giunta e del sindaco.

Finisce così, in modo piuttosto inglorioso, fra faide di palazzo, studi notarili e cavilli regolamentari, il breve mandato di Ignazio Marino. La vicenda provocherà un forte rigetto, da parte di molti cittadini, non solo nei confronti di quel centrosinistra che se ne era reso protagonista, ma nei confronti della politica nel suo complesso, agevolando la crescita di un sentimento “antipolitico” e del movimento che se ne sta facendo in quegli anni interprete. Sarà infatti il Movimento 5 Stelle, di fronte a un centrosinistra e a un centrodestra rissosi e divisi, che vincerà le successive elezioni comunali del giugno 2016, portando per la prima volta in Campidoglio una donna: Virginia Raggi, l’attuale sindaca.

 

Storie di Campidoglio

GLI ARTICOLI DELLA SERIE:

01 – Tutti i sindaci del Re

02 – I sindaci umbertini

03 – Nathan, “er mejo sindaco”

04 – I governatori del Ventennio

05 – Il regno di Rebecchini

06 – I sindaci della Roma Olimpica

07 – Clelio Darida, l’ultimo DC

08 – 1976-1985: i sindaci rossi

09 – 1985-1993, gli anni del Pentapartito

10 – Il sindaco del Giubileo

11 – La Roma di Veltroni

12 – La destra in Campidoglio

13 – Marino: il sindaco interrotto

 

[Le foto dell’articolo sono state diffuse dalla F.A.O. su Flickr.com con licenza creative commons]

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