La rampa Massaciuccoli
La Rampa Massaciuccoli è poggiata da un lato, con la strada omonima che le scorre a fianco e poi curva dalla parte opposta, suggerendo la possibilità di sfiorarla e passare oltre, senza curarsene.
Fosse in casa, sarebbe magari una scala che porta in soffitta. Invece le tocca la città, che qui vicino è un po’ cambiata e adesso si dà arie da metropoli.
Imboccare via Massaciuccoli lasciandosi dietro piazza Annibaliano significa volgere le spalle a una delle pochissime fermate della metropolitana inaugurate nel presente millennio.
C’è, ovviamente, la M bianca in campo rosso, c’è parecchio cemento, c’è sullo sfondo Sant’Agnese, a ricordare dove siamo e mitigare ogni eventuale suggestione di futuro.
La rampa ha tre serie di scale. Fosse una poesia ne sarebbero le strofe. E nel caso racconterebbero di avere visto infanzie ancora passate in strada e giochi da cortile, anche in questa Roma probabilmente mai transitata per le cartoline.
Ma lo si potrebbe capire solo una volta arrivati su in cima, perché la rampa punta dritta al fianco di un palazzo e sembra non portare a granché, se non fosse che – specie a certe ore del giorno – arriva luce da un lato, come nei quadri di Vermeer, a suggerire un altrove.
Lassù a sinistra, infatti, c’è uno slargo che è già l’inizio della strada, via Pusiano, che procede in salita, verso destra.
Le macchine, qui come altrove, modificano il paesaggio. Ma sono quasi tutte parcheggiate, e possono passare interi minuti in cui, se l’ora e il caldo sono appropriati, si sentono soltanto le cicale.
E può anche accadere che arrivi, se qualcuno ha cominciato a cucinare, l’odore concretamente nostro del sugo per la pasta.
Non dovesse succedere, il luogo sembra adatto, anche senza profumi, a cercare di immaginarselo.