Case pazze a Roma

Il metodo era semplicissimo. La famiglia bisognosa di alloggio cercava il contatto giusto per avere un incontro con un esponente della famiglia C., nella zona di Dragoncello, vicino a Acilia, nella periferia sud-ovest di Roma. Una zona dal ricco patrimonio immobiliare pubblico. L’incontro avveniva a tarda sera, in un luogo isolato, per prendere accordi, contrattare sul prezzo, mostrare i tagli degli immobili disponibili, illustrare nel dettaglio le modalità dell’acquisizione. In alcuni casi, si veniva accompagnati a visitare gli appartamenti disponibili. La modalità era praticamente quella di un’agenzia immobiliare. La richiesta per organizzare l’occupazione variava da 7.000 a 25.000 euro, in base alle caratteristiche dell’appartamento.
Un uomo del clan, solitamente di notte, veniva mandato ad occupare l’appartamento scelto, forzando la porta, e poi lo cedeva al cliente. Oppure, ove possibile, la moglie del cliente, che preferibilmente doveva risultare separata o, meglio ancora, nubile con figli, veniva fatta entrare e si autodenunciava poi alle forze dell’ordine. In quest’ultimo caso, la famiglia, dopo un breve periodo, si riuniva e procedeva all’allaccio di luce, gas e acqua.
In altri casi, il servizio era completo: era la stessa famiglia mafiosa a provvedere all’allaccio, in forma totalmente abusiva, magari servendosi di documenti falsi intestati a ignari cittadini. L’acquirente, si impegnava a pagare una rata mensile fino al raggiungimento della somma pattuita.

Un uomo del clan, solitamente di notte, veniva mandato ad occupare l’appartamento scelto, forzando la porta, e poi lo cedeva al cliente

Si tratta del metodo consolidato e assai remunerativo di affidamento di alloggi popolari nel quartiere romano, che la famiglia C., legata alla camorra, praticava da anni, secondo quanto ricostruito dalla Procura in base alle testimonianze e agli accertamenti. Nei giorni scorsi 35 membri della famiglia sono stati denunciati dai carabinieri e 13 appartamenti sono stati sequestrati.

Mappa elaborata nel 2018 da Gennaro Monaciliuni in base allelaborazione di Enrico Puccini su dati Roma Capitale e Ater, tratta da MappaRoma

Si chiama Edilizia Residenziale Pubblica (ERP), ma la sua definizione più prosaica, e certamente la più usata da 70 anni a questa parte, è case popolari. Un patrimonio, praticamente smisurato, gestito dal Comune e dalla Regione. L’Ater, ente che fa capo alla Regione Lazio, amministra il patrimonio residenziale pubblico della Regione; mentre, per quello che concerne il patrimonio comunale, a Roma, l’ERP è gestito dal Dipartimento Patrimonio e Politiche Abitative. Per decenni, è stato il più grande bacino elettorale della Capitale. Di concerto, ovviamente, con le aziende municipalizzate, Acea, Atac ed Ama. Enormi pentoloni di voti. Io do una casa o un lavoro a te, tu mi garantisci un carnet di voti.
A Roma, in particolare nelle periferie, alcuni politici capitolini e regionali, in modo trasversale a tutti gli schieramenti politici, hanno fatto e disfatto, da cinquant’anni a questa parte, in merito all’edilizia residenziale pubblica, praticamente come se si trattasse di Cosa Loro.
Questo malcostume ha determinato che negli anni molti destinatari degli appartamenti comunali fossero in realtà famiglie sufficientemente abbienti, in alcuni casi addirittura a doppio reddito, in grado di procurarsi una casa in affitto o di proprietà senza alcun sostegno delle istituzioni.
Ma recentemente il bubbone è esploso. Nel luglio 2019 le autorità hanno scoperto un giro di assegnazioni indebite, da parte di funzionari corrotti di Ater e Campidoglio, in cambio di regali, denaro e favori.

Mappa elaborata nel 2018 da Gennaro Monaciliuni in base allelaborazione di Enrico Puccini su dati Roma Capitale e Ater, tratta da MappaRoma

Negli ultimi anni, dunque, soprattutto nelle periferie, le clientele politiche determinate dalle assegnazioni pilotate hanno lasciato il posto al mercato delle occupazioni di case di enti pubblici, diventato uno degli affari più remunerativi e meno rischiosi per i gruppi criminali.
Nell’entroterra di Ostia sono ormai radicate da almeno 15 anni famiglie legate a clan napoletani ma anche autoctoni, che gestiscono tra l’altro il ricchissimo giro di sale giochi e spaccio. Si avvalgono da tempo di una fitta rete di piccoli esponenti della criminalità del posto, i cui esponenti sono sempre in competizione tra loro per conquistare nuovi spazi e ranghi più elevati.

Il drammatico episodio che ha visto vittima Manuel Bortuzzo, il nuotatore trevigiano a cui un colpo di pistola sparato da due giovani in scooter, nel quartiere Axa, nel febbraio 2019, ha stroncato la carriera riducendolo sulla sedia a rotelle, testimonia il clima teso e competitivo all’interno della piccola criminalità dell’entroterra.
Le famiglie criminali hanno una mappatura degli immobili comunali o Ater che neanche gli stessi enti hanno dato prova di riuscire a garantire.
La rete di controllo da parte della criminalità organizzata sugli immobili pubblici, e, di contraltare, la totale inerzia istituzionale in questo ambito hanno determinato lo svilupparsi in modo sempre più articolato di una vera e propria zona franca, un oscuro sottobosco in cui la malavita fa e disfa la cosa pubblica ogni giorno.

Le famiglie criminali hanno una mappatura degli immobili comunali o Ater che neanche gli stessi enti hanno dato prova di riuscire a garantire

Accade anche che, nella più totale assenza di ispezioni e accertamenti da parte dei dipartimenti capitolini e dell’ente regionale Ater, siano poveri disgraziati a procedere all’occupazione di immobili, senza ricorrere al filtro della mafia locale. In questi casi, ci pensano gli uomini delle famiglie a riportare a più miti consigli l’intraprendente nuovo assegnatario. Con quotidiane incursioni, azioni di disturbo e minacce, convincono rapidamente l’occupante senza diritto a cercare nuove opportunità altrove.

Il grosso, grasso patrimonio immobiliare residenziale pubblico, soprattutto nella Capitale, è stato da sempre oggetto di appetiti criminali, anche quelli dei colletti bianchi.
Dopo la lunga gestione o malagestione Romeo, finita nel 2014 quella brevissima della società esterna Prelios, durata appena due anni, Roma ha deciso di internalizzare, cioè gestire essa stessa con le proprie risorse, il management dell’edilizia residenziale pubblica, ma lo ha fatto senza mettere il paracadute. La Romeo si è rifiutata di consegnare alla Capitale i propri immensi archivi telematici, scaricando nell’Urbe quelli cartacei, cento bancali di carte sistemati alla bell’e meglio negli edifici dell’ex Fiera di Roma, con la certezza che la macchina amministrativa capitolina non avrà mai né il personale né il tempo materiale per esaminarli.

La Romeo si è rifiutata di consegnare alla Capitale i propri immensi archivi telematici, scaricando nell’Urbe quelli cartacei, cento bancali di carte sistemati alla bell’e meglio negli edifici dell’ex Fiera di Roma

Gli effetti non hanno tardato ad arrivare. La nuova società Aequa Roma, interna alla macchina del Campidoglio, è in affanno su tutta la linea: dal dare risposte rapide ai quesiti degli inquilini, al monitorare il patrimonio.
Eppure Roma, afflitta da un debito di 12 miliardi di euro, avrebbe una vera miniera d’oro nel proprio patrimonio immobiliare, se solo fosse in grado di metterlo a frutto, invece di starci indolentemente ed inconsapevolmente seduta sopra. Dopo le inchieste deflagranti degli ultimi anni sull’affittopoli romana – malcostume cominciato almeno mezzo secolo fa – infatti, i canoni dei 600 immobili comunali sono rimasti praticamente invariati. E se da un lato ci sono situazioni di reale indigenza, per le quali un affitto molto ridotto può fare la differenza in termini di sopravvivenza, dall’altro beneficiano spesso di canoni irrisori, senza averne diritto, gli inquilini di vie prestigiose e centralissime di Roma, come via dei Coronari, piazza Navona o via del Colosseo.

È talmente franca, questa zona, che, per fare un esempio, a signora S., affittuaria di un immobile Ater in zona S. Giorgio, ad Acilia, canone di locazione mensile del costo di un chilo di pane, si è comprata casa di proprietà nelle vicinanze ed ha deciso di non lasciare il prezioso immobile: anzi ne affitta le stanze a studenti e giovani lavoratori fuori sede, lasciandovi il figlio, che ormai è una sorta di manager immobiliare.

Non c’è controllo su questo ricchissimo patrimonio romano, ed è noto cosa accade nei luoghi in cui lo Stato, la Regione, il Comune sono assenti.
Intanto, in città, c’è un esercito di romani che paga un mutuo o un affitto secondo le leggi del libero mercato. Bizzarre, leggendarie creature, impegnate ogni giorno in triplo salto carpiato con avvitamento, per far quadrare il bilancio. E sono tanti. L’establishment è sempre stato tuttavia pronto a scommettere sulla loro ironia, pazienza e tolleranza.

Il monumentale archivio cartaceo di Roma, intanto, una vera e propria mappa del patrimonio immobiliare, dei suoi utenti e dei relativi canoni, sonnecchia nei magazzini dell’ex Fiera di Roma. Ma c’è sempre tempo. Prima o poi si dovrà pur cominciare da qualche parte a studiarlo.
In fondo, Roma non si è fatta in un giorno.

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