Banchi anti-Covid, ma scuola chiusa
Da una parte una scuola chiusa 10 anni fa, con la prima tranche dei lavori di ristrutturazione ultimata e la seconda ferma, a dispetto delle richieste dei residenti, per cui alla fine le aule resteranno inutilizzate anche quest’anno, nonostante qui la già annosa fame di spazi oggi sia accentuata dall’emergenza sanitaria. Dall’altra le dichiarazioni della sindaca Virginia Raggi e dell’assessora Linda Meleo, secondo cui in realtà nell’edificio ci sarebbero 17 aule già pronte a ospitare alunni e insegnanti: a confermarlo, almeno all’apparenza, l’arrivo nei giorni scorsi dei nuovi banchi monoposto anti-Covid, quelli che invece in altre scuole della Capitale già aperte mancano, costringendo i presidi a ricorrere all’orario ridotto.
Sono i paradossali risvolti della vicenda della scuola Mazzacurati, XI Municipio, al Serpentone di Corviale, un complesso di edilizia popolare costruito negli anni Settanta, nei pressi della Portuense, periferia sudorientale di Roma, che ospita oltre mille famiglie.
Il 31 luglio la sindaca aveva annunciato con un tweet che da settembre l’edificio avrebbe ospitato una scuola materna, un’elementare e una media e che vi sarebbe stato realizzato anche un teatro “a disposizione degli studenti”. Il 4 settembre una nota del Comune ribadiva: ‘Si è conclusa la prima fase dei lavori nella scuola Mazzacurati, nel quartiere di Corviale. Sono 17 le aule pronte e a disposizione delle scuole secondarie dei Municipi XI e XII, qualora ne facciano richiesta per aumentare gli spazi e garantire così il rispetto del distanziamento fisico tra gli studenti, previsto dalle disposizioni anti-Covid. In alternativa, le aule verranno messe a disposizione del Ministero dell’Istruzione per analoghe necessità degli istituti statali”.
Un modo elegante per ammettere una difficoltà e liberarsi della palla. Se le aule non vengono utilizzate, insomma, la responsabilità non è del Campidoglio.
Nel primo weekend della stagione scolastica due presìdi davanti all’edificio, uno con maestre, genitori e residenti nel quartiere, l’altro organizzato da Rifondazione Comunista, Cobas, Autoconvocati della scuola, Priorità alla scuola Roma, Nimanda, Assur e Sportello Popolare, hanno stigmatizzato questa vicenda esemplare. Chi protesta da una parte vuole chiarezza sugli annunci dell’Amministrazione, dall’altra cerca di inquadrare la vicenda in un ragionamento più complessivo sugli effetti di politiche ormai decennali a suon di accorpamenti e ‘autonomia’.
Interpellato per telefono, lo staff dell’assessora alle Infrastrutture Linda Meleo ci ha risposto che a breve sarebbe uscita una nota dell’assessorato. La nota non è arrivata, ma l’assessora ha pubblicato un breve post su Facebook in cui dice di aver “messo questa nuova e moderna struttura a disposizione degli Istituti scolastici dei Municipi XI e XII, ma nessuno si è fatto avanti per utilizzarla”.
Meleo precisa che “L’Istituto Comprensivo Statale Fratelli Cervi, che è il titolare del plesso della scuola di via Mazzacurati, ha ribadito più volte di non voler utilizzare gli spazi resi disponibili, anche con un’ultima nota del 18 settembre scorso, preferendo l’avvio della seconda fase dei lavori di ristrutturazione” e che il Comune, preso atto della decisione, ha avviato i lavori di riqualificazione dell’altra parte della scuola, che sarà pronta per il prossimo anno scolastico.
Colpa dei dirigenti scolastici del Fratelli Cervi? Per i rappresentanti dei genitori, in realtà, il problema deriva piuttosto dalla convivenza tra l’attività scolastica e il cantiere che aprirà a breve per ultimare definitivamente la ristrutturazione.
L’Amministrazione capitolina, che avrebbe dovuto far partire la seconda tranche di interventi due anni fa, infatti, avendo ricevuto una diffida dagli stessi genitori non puòpiù rimandare l’esecuzione di quei lavori. Ed è lo stesso verbale di un sopralluogo effettuato ad agosto dai tecnici del Comune e dell’XI Municipio che evidenzia il problema. Tanto che già all’inizio l’ipotesi era far entrare nell’edificio soltanto sei classi, esclusivamente di mattino ed escludendo comunque la fascia di età relativa alla scuola primaria “in quanto maggiormente esposta ai rischi connessi alla compresenza con il cantiere”. Successivamente la richiesta di aumentare il numero di aule utilizzabili aveva fatto levitare il numero a 13 classi (più le aule computer e i locali di servizio), ma confermato le limitazioni di orario e di età degli alunni e sottolineato che ciò avrebbe comportato comunque un aumento dei rischi, in particolare di esposizione a vibrazioni, rumori e polveri.
“I lavori del primo stralcio si sono conclusi nel 2018 ed è da allora che chiediamo di avviare il secondo e riaprire la Mazzacurati”, ci spiega Adriano Sias, presidente del Consiglio Scuola alla Bruno Ciari e componente del comitato dei genitori della scuola Placido Martini, a cui chiediamo di sintetizzarci l’intera vicenda. “Dopo otto audizioni nelle commissioni consiliari del municipio e del comune, l’ultima a marzo, a giugno abbiamo chiesto al Comune che punto erano i lavori e ci è stato risposto che procedevano. In realtà il primo stralcio era concluso ma mancavano il collaudo e il piano di sicurezza chiesto dai dirigenti scolastici e il secondo era fermo. Perciò abbiamo condiviso la decisione dei dirigenti scolastici di utilizzare anche quest’anno i locali della Placido Martini, tenuto conto anche che nel frattempo c’era stata una mobilitazione dai genitori per contribuire ad adeguare le aule ai requisiti di sicurezza. D’altra parte, fare lezione a dei bambini in una scuola dove c’è un cantiere aperto non è una cosa da prendere alla leggera, come ha confermato anche il verbale dei tecnici”.
I genitori ora chiedono almeno che i lavori del secondo stralcio comincino al più presto e si concludano in tempi certi: parlano di febbraio, o comunque prima delle elezioni in primavera e sono pronti a verificare l’impegno preso dall’assessora Meleo. “Per noi, se dopo due anni gli operai rientrano nell’edificio è un fatto positivo”, è il giudizio di Sias.
In questa zona di Roma, dove nel 2016 la Raggi ha vinto il ballottaggio col 68% dei voti, in realtà di nuove aule ci sarebbe bisogno non solo per garantire il rispetto delle distanze di sicurezza, ma anche, a prescindere dal Covid, perché l’afflusso di famiglie ha fatto crescere notevolmente la popolazione e congestionato le scuole.
Si parla di una crescita dei residenti del 120% negli ultimi 10 anni, solo nella zona limitrofa di Casetta Mattei, con 700 nuovi appartamenti. A Corviale il problema riguarda soprattutto la materna, dove ci sono 100 famiglie in lista d’attesa, ma è più generale e tocca tutta la zona. “Ci sono famiglie che devono mandare i propri figli addirittura a Maccarese”, ci raccontano.
A Ponte Galeria, più a sudovest in direzione di Fiumicino, mancano spazi per il tempo pieno e i genitori delle elementari denunciano classi da 25 con alunni disabili. E se il Plesso Mazzacurati è forse il caso, più emblematico non è certo l’unico: “La Girolami, che si trova qui vicino nel XII Municipio – racconta Giulia Pezzella, insegnante precaria – è chiusa da 18 mesi perché ha bisogno di lavori di manutenzione straordinaria e di recente hanno chiuso anche la Fabrizio De Andrè a Monteverde, altri 200 alunni senza aule scolastiche. Per questo insieme ai residenti del quartiere abbiamo chiesto un incontro al Comune di Roma per domandare non solo la riapertura di questa scuola, ma di tutte le scuole in condizioni analoghe”.
Invece – denunciano ancora gli organizzatori della manifestazione – l’amministrazione di Roma Capitale ad agosto ha stipulato un protocollo d’intesa con la Chiesa per il reperimento di spazi da adibire ad aule scolastiche.
Pochi giorni fa una nota sul sito del Comune annunciava che “il Vicariato di Roma ha messo a disposizione 13 parrocchie e 2 Istituti Religiosi che ospiteranno 68 classi di Istituti di diversi Municipi di Roma per un totale di 1.311 alunni. L’obiettivo è quello di garantire che le attività educative e didattiche ‘in presenza’ possano svolgersi regolarmente nel corso dell’anno scolastico 2020-2021”.
Formalmente, osserva qualcuno, questi spazi vengono messi a disposizione gratuitamente, ma è chiaro che saranno le parrocchie a gestire i servizi connessi all’attività scolastica, ad esempio gli appalti delle pulizie. “Per allargare gli spazi e ridurre l’affollamento – chiosa Loredana Fraleone di Rifondazione – invece di riaprire le tante scuole chiuse in città si ricorre a qualcuno che farà cassetta di questa situazione”.
La vicenda delle scuole romane è solo una delle conseguenze di una politica più generale portata avanti in questi anni, denunciano ancora gli organizzatori. “Così come è successo per gli ospedali, anche nella scuola è passata la logica delle grandi strutture e così si sono chiuse tante piccole scuole di quartiere per aprire megaistituti, accorpando i plessi. Oggi ci sono dirigenti scolastici a cui col sistema delle scuole in reggenza sono affidati anche 3.000-3.500 alunni e collegi docenti con 200 insegnanti che non riescono a discutere dei problemi delle loro scuole a causa delle dimensioni”, spiega Mario Sanguinetti dei Cobas.
E con l’autonomia – aggiunge Giulia Pezzella – “oggi a Roma abbiamo scuole che fanno un’ora di lezione, altre che hanno diviso le classi in tre gruppi, di cui due frequentano e il terzo resta a casa senza fare nulla, ci sono scuole che fanno la didattica la distanza e altre che sono ancora chiuse”. Con docenti e personale ATA assunti col ‘contratto Covid’, cioè con la spada di Damocle di un licenziamento per giusta causa in caso di nuovo lockdown, e i ragazzi costretti ad affrontare questa ripresa nella più completa confusione.
Nei giorni scorsi a Roma e nel resto d’Italia ci sono state manifestazioni e scioperi degli insegnanti e del personale ATA e degli studenti, che hanno registrato anche una piccola partecipazione dei genitori. La scuola è tornata a essere una questione sociale centrale, anche se la politica in generale non sembra farci troppo caso e continua coi suoi giochetti.