L’indagine scatologica: cap. 16

Sedicesima puntata del romanzo giallo d’appendice “Mario Marco e l’indagine scatologica”. Ovviamente, questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.

 

11 DICEMBRE

 

– Hai scopato con Claudia Cellammare?

– Sì.

– Ma ha quarant’anni!

– E allora?

– E scopa con i poliziotti.

– Ah.

– Non lo sapevi? C’ha un abbonamento, col commissariato.

– Con chi se la fa?

– A parte te?

A Mario Marco non piaceva granché, l’umorismo di Galletti. Ma non disse nulla.

– Non lo so. Ma mi posso informare.

– Comunque, quando me ne sono andato, mi è sembrato di vedere la macchina di Bordone sotto casa sua. Ho già visto Bordone anche con Milva Merola. Lo vedo dappertutto, ultimamente. Ma non riesco a capire che c’entra.

– Per la storia di Milva, c’è una spiegazione.

– Se vuoi dirmi che Bordone l’ha salvata da un arresto dei carabinieri, lo so già.

– Non c’è solo quello. In realtà, Bordone le ha salvato la vita. L’ha riacchiappata per i capelli.

– Come?

Galletti cominciò a raccontare quello che aveva saputo da amici suoi. Titolo: Speedball. Eroina e cocaina. Un mito, per i tossici debuttanti di famiglia bene. Svolgimento: Festa in villa, a Casalpalocco, una sera, qualche anno prima. Non a casa di Merola. Feste ne ha sempre fatte pochissime, Merola. E, da quando gli è morta la moglie, zero. Una festa, un sacco di gente. Arriva Milva con la sorella. Ancora uscivano insieme: dopo questa storia, mai più.  Arriva Milva, con la sorella e un po’ di amici. Gente normale. Al massimo, qualche canna.

Alla festa, però, Milva incontra altri tizi, facce da spacciatori, invitati dal figlio del padrone di casa, ragazzotto appena laureato, un futuro da farmacista, con frequentazioni equivoche. Milva e i tizi si piacciono subito. Si appartano in una stanza al piano di sopra. A un certo punto Mina va a cercare la sorella, è stanca e se ne vuole andare. La trova, ma è sdraiata sul letto, non riesce a farla riprendere. Si è sparata un bello speedball, e non le ha retto la pompa. I tizi ridacchiano, non hanno capito un cazzo, o fanno finta di non aver capito, cercano di svegliarla a schiaffi. Milva sbava. Mina scende, cerca il padrone di casa, mentre i tizi con le facce da spacciatori se la danno. Mina vuole chiamare il 113, i pompieri, la polizia, tutti. Quello gli dice: Che sei scema? Mio padre mi s’incula. Spunta fuori indovina chi? Bordone. Bordone dice: Ci penso io, signorina, non si preoccupi. Bordone sale nella stanza, e ti fa il miracolo. Bordone ridiscende con Milva in braccio, e la carica in macchina. Bordone e Milva spariscono nella notte! Direzione, molto probabilmente, una bella clinica privata, con lavanda gastrica da Guerre Stellari. Pausa. Milva torna in giro qualche giorno dopo, lo sguardo un poco più allucinato. Mina non vuole più parlare della storia. Una settimana più tardi, la villa va a fuoco. Un bel falò. Corto circuito. Che sfiga, eh? Gira perfino una leggenda metropolitana sui tizi con le facce da spacciatori: qualcuno racconta che ne hanno ritrovato uno dentro una colonna di cemento.

 

12 DICEMBRE

 

Mario Marco smanettava furiosamente con l’autoradio, in cerca di una canale che non trasmettesse solo pezzi pop noiosi.

Si era svegliato male. Aveva telefonato al commissariato, per darsi malato. Nessuno gli aveva fatto storie. Aveva preso la pistola, dopo diversi giorni in cui ne aveva fatto a meno, ed era uscito di casa. Aveva girato in auto, avanti e indietro tra i quartieri e il mare. Aveva provato a chiamare Milva, ma il cellulare era staccato.

La sua paranoia era in aumento costante. Non riusciva a venire a capo di nulla, vagava come un sonnambulo dentro questo caso, senza riuscire a trovare un indizio, una risposta. Gli sembrava di avere tutti contro. Eppure, alle spalle aveva un sacco di inchieste andate in porto. Una bella scheda personale. Buoni voti. Buoni studi. Neanche quando si era lasciato con Lidia era stato così. Anzi. Si era attaccato al lavoro, ancora di più.

 

Gli venne un’idea: seguire tutte le persone coinvolte nel caso, nè più nè meno come se fossero dei sospetti, e vedere dove lo portavano. Seguire Bordone, seguire Claudia, seguire Galletti, perché no, seguire Paolini, seguire Milva, ammesso di trovarla da qualche parte, seguire Mina. E poi seguire D’Artibale, seguire l’ex impiegato comunale, come si chiama, ah sì, Baglioni. Seguire il maresciallo Marchese: chissà che magari si sta vendicando così per quel suo arresto perduto, spedendo merda a Merola, ma con discrezione. Seguire, seguire. E alla fine, incrociare i fili.

 

Decise di pedinare per primo Galletti, per eliminarlo dalla sua personale lista dei sospetti. S’era fatta ora di pranzo, e ormai il giornalista doveva essere in redazione. E infatti c’era. O almeno c’era il suo scooter, parcheggiato lì davanti. Mario Marco parcheggiò l’auto a una cinquantina di metri dall’ingresso, e attese. Non troppo, perché dopo una ventina di minuti Galletti attraversò la strada per andare al bar di fronte. Ne riuscì poco dopo con un tramezzino per mano.

No, Galletti non era l’obiettivo giusto. Faceva solo il suo lavoro. E comunque, non avrebbe avuto il coraggio per fare una cosa del genere al Geometra. Né un motivo apparente. Mise in moto l’auto, e ripartì sgommando. Galletti, che era intento a divorare tranquillamente i suoi tramezzini, non se ne accorse.

 

Si era fermato in un bar per cercare il numero sull’elenco telefonico. La donna che aveva risposto gli aveva detto di chiamare in un altro ufficio, ma non era sicura che l’avrebbe trovata lì. Aveva provato, ma, come annunciato, Mina non c’era, uscita per pranzo. E non aveva neanche un cellulare. Allora si era fatto dare l’indirizzo, spacciandosi per un consulente finanziario – Guardi, si tratta di polizze sanitarie – per aspettarla. Non sapeva come si sarebbe presentato: dopo quella sera in discoteca, sarebbe stato un po’ imbarazzante dire: Buongiorno, sono il commissario Mario Marco, mi spiace per l’inconveniente.

Però, poteva imbastire una storia, qualcosa di vagamente credibile. Fare la parte dell’innamorato di Milva, ovviamente non ricambiato, un po’ scemo. Oppure presentarsi come un dirigente della Squadra Mobile, sezione antidroga. Ecco, sì. Mi scusi per quella sera signorina, ma era in corso un’operazione di polizia. Crediamo che sua sorella sia implicata in qualche modo in un traffico internazionale di stupefacenti. No, non c’è ancora alcuna accusa, ma sua sorella potrebbe essere preziosa se decidesse di collaborare.

No. Sembrava una brutta copia di “Miami Vice”. Meglio andare sul personale. Cuore in mano. La giustizia ha bisogno di eroi d’indole tenera, ogni tanto. Lei certo è al corrente delle lettere che ha ricevuto suo padre: ecco, io ero stato incaricato dell’inchiesta. Poi, è accaduto qualcosa. Non so quanto c’entri in tutto ciò sua sorella, ma ho motivo di credere che…

Mina stava scendendo da un’auto, proprio davanti l’ufficio. Però non era sola. Ad accompagnarla, c’era l’avvocato. No, non era il caso di incontrarlo di nuovo.

Il commissario si aspettava che l’uomo ripartisse. Ma l’avvocato aveva parcheggiato l’auto e ora stava entrando sotto braccio a Mina. Ma vaffanculo, pensò Mario Marco.

 

Il commissario individuò la Saab di Bordone nel parcheggio del club sportivo. Con la sua auto imboccò un tratto contromano, perché aveva visto un posto libero che poteva fungere da buon punto di osservazione. Poi spense il motore e si massaggiò la fronte con tutte e due le mani.

Nella macchina di Bordone c’era qualcuno, ne era sicuro. Aveva percepito un movimento. Scese dall’auto, poi girò intorno al parcheggio, fino a raggiungere la Saab dal retro. C’era qualcuno, sul sedile posteriore. Si avvicinò ancora di più. Era Milva. La ragazza era sdraiata sul sedile, con gli occhi chiusi. Ora sembrava che dormisse.

– Chi cerca, scusi? – Mario Marco udì la voce dietro di sé. Un tipo grosso, con gli occhiali da sole nonostante fosse nuvoloso. Il guardiano del parcheggio, evidentemente.

Il vicecommissario si staccò dall’auto: – C’é una ragazza che si sente male, qui dentro, ma é chiuso a chiave.

L’uomo guardò dal finestrino.

– Non mi sembra che stia male.

– Guardi che prima ha bussato sul vetro.

Il tizio lo guardò con un’espressione dubbiosa. – Aspetti un attimo. Vado, a cercare il dottor Bordone.

Mario Marco lo guardò allontanarsi verso l’ingresso del club. Poi rimontò velocemente in macchina e uscì dal parcheggio.

 

[La foto del titolo è di Tell Me Diego ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]

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