Nella testa di Goffredo Bettini

La verità è che Roma fa paura, da almeno una ventina d’anni governarla sembra una maledizione. Ma in questo scenario di personaggi un tempo sul palcoscenico e ora irrimediabilmente fuori scena ce n’è uno, uno solo, sempre uguale a se stesso, sempre fedele alla sua linea, sempre organico al suo partito, sempre rigorosamente dietro le quinte. Ha però un disegno politico per la città e per il Paese. Ecco, da come si costruiranno gli equilibri politici nella Capitale dipenderanno anche gli sviluppi della politica nazionale.

Dalla Sora Lella alla Sora Camilla, si potrebbe dire osservando la parabola della Capitale. Dalla città famelica di Sordi e Fabrizi, e dei sindaci Rebecchini e Petrucci alla città anoressica della sindaca Raggi, come dice la battuta: “la Sora Camilla: tutti la vonno ma nessuno la pija”. Roma, o meglio il Comune di Roma, è la Sora Camilla della politica italiana. Mancano dieci mesi alle elezioni che dovranno rinnovare l’amministrazione comunale e il dibattito sul futuro della città, dopo 4 anni che tutti fanno mostra di deprecare, langue, miseramente bloccato da tatticismi e opportunismi. Prospera invece, ma confinato rigorosamente in chiacchiere da bar, quello sull’identikit del futuro sindaco, la gente, i cittadini, l’uomo della strada si pone e si appassiona al problema che la politica invece sembra rimuovere e rimandare a data da destinarsi.

Quello che colpisce non è tanto la Destra che, con Fratelli d’Italia almeno trova il tempo e il coraggio, proprio in questi giorni, di organizzare una festa a Colle Oppio dando un segno di presenza e di radicamento e facendo capire che le carte del futuro candidato al Comune di Roma saranno loro a darle e non Salvini.

Bettini con Walter Veltroni nel 2008. Foto diffusa dal Pd su Flickr.com con licenza creative commons

Quello che colpisce è l’immobilismo della sinistra e del Partito Democratico che non solo non riesce ad andare oltre uno stanco e scontato #bastaRaggi ma è completamente paralizzato: a) dal non sapere con quale coalizione presentarsi alle elezioni; b) dal non sapere chi candidare. E una cosa va detta subito su questo secondo punto: dei nomi di livello nazionale che pure si fanno e stanno sulla bocca dei romani, non ce ne sarebbe uno che aspiri, sua sponte, a fare il sindaco di Roma. Ecco, appunto, la Sora Camilla.

La verità è che Roma fa paura, da almeno una ventina d’anni governarla sembra una maledizione: Walter Veltroni, ha abbandonato Roma anzitempo, nel 2008 e da quell’addio non avrebbe più vinto alcuna elezione e ora si è ritirato dalla politica; la vittoria di Gianni Alemanno, che avrebbe dovuto trasformare il colonnello della destra in generale, ha invece determinato la sua marginalizzazione relegandolo nelle terze file; sorte ancora peggiore è toccata a Ignazio Marino, caduto per atto suicida del suo partito, e ora tornato a fare il chirurgo in giro per il mondo.

Roma sembra divorare i suoi sindaci e, anche a quello che viene ricordato con maggiore riconoscenza, Francesco Rutelli, ha negato nel 2008 la rielezione come invece avrebbero fatto Palermo e Catania con Enzo Bianco e Leoluca Orlando. Tutti hanno paura di accostarsi a questa sentina di vizi e depravazione, di “grande bellezza” e grande abiezione. Tutti hanno paura di venire colpiti e corrotti dalla sua lebbra.

In tutto questo scenario di personaggi un tempo sul palcoscenico e ora irrimediabilmente fuori scena ce n’è uno, uno solo, sempre uguale a se stesso, sempre fedele alla linea, la sua, sempre organico al suo partito, sempre rigorosamente dietro le quinte e che continua, ancora oggi, a fare la stessa cosa da oltre trent’anni.

E’ stato il regista della coalizione con i verdi e della candidatura Rutelli nel 1993, è stato il cantore del Modello Roma incarnato da Veltroni sindaco, è stato l’ispiratore della candidatura di Ignazio Marino, e ora, nel deserto generale, si sta candidando a costruire la coalizione che dovrebbe vincere le elezioni amministrative nel 2021. Vediamo come:

La nomina di Antonio Rosati ad amministratore delegato di Eur spa premia una persona competente, di grande esperienza politica e manageriale, corretta, onesta e umana. Apprezzata nel corso degli anni non solo dalla sua parte politica ma molto spesso anche dagli avversari. Auguri di buon lavoro caro Antonio, ricordando con tanto piacere le volte che le nostre storie si sono incrociate.

Con queste brevi righe Goffredo Bettini si congratula con il nuovo Amministratore Delegato di EUR Spa, una società a totale controllo pubblico, di maggioranza del MEF ma con una importante partecipazione del Comune di Roma. Poche righe, di circostanza. Un atto dovuto si potrebbe liquidare. E invece no.

Bettini e Matteo Renzi nel 2008. Foto diffusa dallo staff di Matteo Renzi su Flickr.com con licenza creative commons

Il nuovo AD di Eur Spa è il primo segnale della possibile intesa tra PD Movimento 5 Stelle in vista delle prossime amministrative di Roma e questo nonostante le apparenze, ovvero il voto contrario che avrebbe espresso il Comune sulla sua nomina. In realtà il vero voto contrario, una sorta di veto, il Comune di Roma lo aveva espresso qualche settimana prima sull’ipotesi di Enrico Gasbarra. La contrarietà ad Antonio Rosati è dunque più di facciata che di sostanza, una contrarietà interlocutoria, che comporta la disponibilità a lavorare insieme a un profilo che, diversamente dalla prima ipotesi, ha caratteristiche biografiche più tecnico manageriali, ma tuttavia una strutturata appartenenza partitica.

Non deve sfuggire che a benedire questa nomina sia stato l’ideologo dell’alleanza organica PD 5 stelle. E non deve sfuggire neppure la frase usata per descrivere la personalità del nominato: apprezzata nel corso degli anni non solo dalla sua parte politica ma molto spesso anche dagli avversari”.Per Bettini quindi Rosati è uno di noi, uno della Ditta, ma ha caratteristiche di managerialità, correttezza, onestà e umanità che lo rendono a tutti gli effetti un profilo spendibile su diversi piani.

Per chi crede nell’alleanza strategica tra PD e 5 stelle è chiaro che le prossime amministrative di Roma saranno un fondamentale banco di prova, ed è altrettanto chiaro che, per costoro, sia dirimente individuare un candidato “civico” e non “politico”, attraverso un accordo e non attraverso le primarie. I 5 stelle infatti non potranno mai sostenere un Gualtieri, un Franceschini, un Letta, sarebbe per loro una capitolazione, invece un tecnico, un manager che conosce Roma e i suoi corridoi, anche di area PD, anche della Ditta insomma, ma che per la stragrande maggioranza dei cittadini risulti essere un “signor nessuno”, ecco una figura del genere potrebbe essere la candidatura giusta, tale da suscitare affidabilità, curiosità, consenso.

Del resto Giuseppe Conte non era anche lui un “signor nessuno” della politica nazionale? E non è oggi uno dei presidenti del consiglio più stimati degli ultimi 30 anni? E a maggior ragione perché non esportare il modello Conte anche nella Capitale? Perché dover costruire una coalizione con delle primarie, che rendono il confronto pubblico e trasparente, perché doversi sottoporre al giudizio dei cittadini quando si può fare tutto nelle segrete stanze e poi presentare al popolo bue il pacchetto di potere già delineato? Perché essere democratici quando si può tranquillamente essere curiali? Su questo Bettini può contare sulla piena sintonia politica e antropologica con i 5 Stelle, ormai dimentichi di tutte le menate sulla democrazia diretta, i meet up, la partecipazione ecc. ecc.

Del resto la storia non si cancella. La storia si può superare se ci sono personalità moralmente ed intellettualmente in grado di compiere questo passo. Evidentemente non ci siamo ancora arrivati. La verità è che ci troviamo a fare i conti ancora con i dirigenti del PCI, un partito che ha sempre aborrito il conflitto esibito, come ad esempio quello che si esprime nelle primarie, ma ha sempre convissuto con una grande dose di ipocrisia e conformismo, nascondendo divergenze, tensioni, conflitti, salvo serbare tonnellate e tonnellate di rancori personali. Proprio come accade nella gerarchia ecclesiastica. Non a caso si parla di Partito Chiesa.

Foto di dumplife diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

Ora, il Partito Democratico sarebbe dovuto essere altro, non la riproposizione di vecchie liturgie ma il loro superamento ed è chiaro che la prospettiva di un’alleanza strategica con i 5 stelle, a partire da Roma, secondo lo schema che qui sopra è stato illustrato, rappresenta la più grande occasione per liquidare il PD e restaurare la Ditta. Ai democratici che hanno a cuore il destino di quel progetto l’onere di una qualche iniziativa, in assenza della quale è facile prevedere una loro lenta ma progressiva e definitiva marginalizzazione.

[Questo post è stato pubblicato originariamente nel blog di Giorgio Benigni su Linkiesta]

 

[La foto del titolo è di Luigi Nicolais ed è stata diffusa su Flickr.com]

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