L’indagine scatologica: cap. 9

Nona puntata del romanzo giallo d’appendice “Mario Marco e l’indagine scatologica”. Ovviamente, questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale.

 

15 NOVEMBRE

 

Alla fine della rubrica dedicata all’oroscopo, c’era un piccolo paragrafo in neretto, intitolato: Se siete nati proprio oggi. Se siete nati proprio oggi, spiegava l’anonimo astrologo, vi verranno un sacco di idee per una festa, e saprete approfittare della giornata, particolarmente calda. Coltivate le nuove conoscenze.

C’è un casino d’umidità, non ho voglia di festeggiare un cazzo e comunque devo lavorare, pensò Mario Marco. Però, si concentrò sulle nuove conoscenze. Ne aveva fatte un bel po’, da quando era stato trasferito a Ostia. Ma in quel momento, gli veniva in mente solo Mina. Anzi, Milva. Chissà che fine aveva fatto, dopo la sceneggiata di domenica sera. Era lei, la sorella scema, allora, quella con i problemi? E perché aveva fatto tutta quella parte con lui? Tutta quella storia sul padre in pericolo, i falsi amici?

Il commissario si alzò dal letto, dove era risprofondato dopo aver fatto una mezza colazione e aver raccolto il giornale davanti alla porta, come tutte le mattine. Una cortesia del proprietario della pensione. La sveglia diceva che erano le sette e mezzo. Il vicecommissario si sentì afferrare da una strana voglia di efficientismo e partì in quarta per la doccia.

 

Arrivato in ufficio, rimise in ordine le carte degli ultimi casi di cui si era occupato. Da terminare, c’era solo la relazione sulla “banda delle carte di credito”. Vabbe’, per quello c’era ancora un po’ di tempo. Tanto, gli avevano detto che il magistrato che se ne occupava era uno lungo come una quaresima. Magari, poteva fare uno squillo a Milva. Quattro chiacchiere informali.

Un agente lo avvertì che il dirigente lo cercava.

Come va l’indagine che le ho affidato? Quella cosa delicata del Geometra… – disse D’Artibale.

– Mah, volevo parlargliene. Al momento non riesco a tirarne fuori niente. Ho mandato i reperti in laboratorio, ma non c’è nulla di interessante, a parte il regime alimentare che segue il mittente. Ho controllato un po’ di persone, vicini di casa, intimi del Geometra, eccetera, non mi pare che emerga niente. Ecco, ho bisogno di un altro po’ di tempo…

– Mmh – fece il vicequestore.

– Poi c’era un’altra cosa che le volevo chiedere…

– Dica.

– Ecco, ho conosciuto la figlia del Geometra, una delle figlie. Milva.

Mario Marco ebbe l’impressione che le sopracciglia del superiore – unite e spesse come quelle del lupo di Cappuccetto Rosso – si fossero tese verso di lui, simili ad antenne.

– Ha conosciuto Milva Merola… – ripetè il vicequestore.

– Sì. Ecco, la signorina Merola mi ha riferito alcune cose che potrebbero avere necessità di approfondimento…

D’Artibale si accese la solita sigaretta. – Lasci stare. Quella ragazza, poverella, non sta bene. Glielo avranno detto.

– Sì, in effetti, mi hanno riferito che…

– Ecco, appunto. Già è un grande dispiacere per suo papà che lei sia… malata, capisce? È inutile aggiungere un dispiacere a un altro.

 

– È arrivato questo per lei, dottore. Non so se mi posso permettere, ma è la sua festa, oggi?

Il piantone lo intercettò mentre stava andando a mangiare un panino al negozio di alimentari di fronte.

– No, devono avere sbagliato data – rispose Mario Marco. Sai che è il mio compleanno perché sicuramente hai letto il biglietto, pensò.

Il vicecommissario prese la scatola dalle mani dell’agente. Un regalo del padre. Una bottiglia, come al solito. Whisky. Cos’era, stavolta? Aprì l’involucro. Un Bushmills 12 Years Old. Vabbe’. Se ne sarebbe disfatto, come tutte le altre volte. Perché non beveva whisky. Non gli era mai piaciuto. Anche se suo padre s’intestardiva a mandagliene una bottiglia per il compleanno, una per l’onomastico e una per Natale. Ogni volta una bottiglia diversa, per averne una buona scelta, diceva. Il peggio, era che non beveva whisky neanche lui. Al massimo, grappa. E senza stare tanto a guardare alla marca.

Mario Marco si guardò intorno. Eccolo lì, il barbone polacco, praticamente abbonato alla panchina di fronte al parco. Facciamo una buona azione, si disse, anche se l’Esercito della salvezza non sarebbe d’accordo. Gettò la carta da regalo e il biglietto in un cassonetto, e mise la bottiglia in mano all’uomo.

 

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