Dopo Virginia Raggi
Dopo il periodo del lockdown, la ricandidatura di Virginia Raggi a sindaca di Roma è tornata a muovere le cronache cittadine: ma tanta agitazione è probabilmente piuttosto inutile, perché il M5s non pare avere alcuna chance di tornare a governare la Capitale.
Fino a qualche mese fa, sembrava che Raggi non avesse alcuna intenzione di correre alle elezioni nel maggio del 2021. Un po’ umanamente e politicamente provata dal compito, un po’ conscia di non potercela proprio fare, visti i disastrosi sondaggi. Se oggi torna a correre, è probabilmente solo perché il suo movimento-partito sa benissimo di non avere chance, neanche con un altro candidato. Dunque serve che la “soldata Virginia” vada al fronte per difendere la causa, anche se è persa.
Quel che conta, in ogni caso, è il secondo turno: come si piazzerà il M5s e a chi darà i suoi voti, e in cambio di cosa. Dopo la parentesi grillina, infatti, a Roma la sfida sarà prevedibilmente tra centrodestra e centrosinistra.
In un sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera a gennaio – prima del Covid, dunque – l’operato di Raggi veniva criticato da oltre il 71% degli intervistati. Mentre i nomi preferiti per il prossimo incarico al Campidoglio erano quelli di Giorgia Meloni, nel centrodestra, e di Enrico Letta, nel centrosinistra (ma spuntava anche quello di Carlo Calenda). Anche se molti intervistati chiedevano un nome diverso da quelli proposti: una novità, insomma.
Il migliore Veltroni, il peggiore Alemanno?
Dettaglio interessante. Nel sondaggio, miglior sindaco degli ultimi decenni veniva indicato Walter Veltroni, peggiore Gianni Alemanno. Eppure Alemanno fu eletto proprio dopo Veltroni, a causa del giudizio negativo sull’operato del centrosinistra a Roma (insomma, l’esaurimento della formula) e non solo per la ricandidatura di Fracesco Rutelli
In questi due mesi Virginia Raggi si è spostata un po’ più a destra (con la campagna allarmistica sui runner, trattati alla stregua di untori, per esempio, e il modo di fare poliziesco) e un po’ a sinistra, con gli interventi per i meno abbienti (in realtà è stato il governo a fornire i soldi) e una spruzzata ecologica, come le promesse corsie di emergenza per le bici. Naturale che la sindaca abbia cercato di investire politicamente sulla pandemia: il Covid in fondo, sondaggi alla mano, ha avuto un effetto stabilizzante per tutti i governi.
Ma le prossime elezioni sono tra un anno. Poco tempo per certi aspetti, molto per altri. Molto tempo, appunto, per far dimenticare agli elettori questi due mesi di pandemia (sperando che il virus non continui a imperversare). E molto tempo anche per capire se il tandem M5s-Pd continuerà, sia a livello nazionale che, in forma diversa, alla Regione Lazio, o se magari s’interromperà a breve.
La scelta sarà ragionevolmente
tra centrosinistra e centrodestra
Dicevamo: la scelta sarà ragionevolmente tra centrosinistra e centrodestra. Quest’ultimo schieramento a Roma è imperniato soprattutto su Fratelli d’Italia e sulla Lega. Difficile che la Lega possa scegliere un proprio candidato, perché Roma non è la Lombardia. Fratelli d’Italia però potrebbe rischiare di polarizzare l’elettorato romano: indicando un esponente troppo in vista, troppo sbilanciato a destra, potrebbe rischiare un voto di reazione a sinistra. È vero che nel 2008 Alemanno riuscì comunque a spuntarla, anche se veniva dall’estrema destra, ma la prudenza potrebbe suggerire la scelta di un nome meno caratterizzato, più centrista.
Per il centrodestra la campagna elettorale si presenta comunque facile: basterà puntare l’indice contro i cinque anni di “Raggi Laser” (come la chiama Daniela Amenta, che sulla Roma del M5s ha scritto un libro esilarante).
Per il centrosinistra la partita
può essere più complicata
Per il centrosinistra la partita può essere più complicata. Intanto, perché oggi il Pd e Leu (o come si chiama) sono alleati a livello nazionale con il M5s, quindi in qualche modo saranno percepiti o presentati come “amici di Virginia”, anche perché le campagne elettorali in Italia mischiano spesso un po’ tutti i temi, i livelli di governo, etc. e poi comunque Roma è la Capitale.
Il secondo problema, è la guerra tra i candidati, che di solito è più importante dello scontro sui programmi, e che produce spesso lacerazioni elettorali.
Il candidato conta, certo, perché la politica cammina sulle gambe delle persone: ma quello che interessa sono, parecchio, le soluzioni. La Raggi vinse facilmente non per la propria personalità brillantissima, ma perché rappresentava, col M5s, un taglio col passato. Idem per Ignazio Marino, che pure affrontava l’uscente Alemanno, ma impersonava la volontà di cambiamento.
Discutere di “programmi” non è certamente facile, soprattutto se ci si addentra nelle questioni tecniche (che certo talvolta sono espedienti per far passare un’idea al posto di un’altra). Quindi sarebbe ancora meglio discutere delle idee, dei problemi e proporre soluzioni, alla città. Di come mettere insieme la questione dei rifiuti e quella della mobilità con quella delle periferie, per esempio (e quella delle povertà e delle fasce di emarginati, perché a Roma si sono alimentate piuttosto “guerre tra poveri”). Di come usare il patrimonio e le risorse del Comune per sostenere l’occupazione e l’innovazione. Di come provare a conciliare l’enorme distesa di case sfitte con la quantità di persone che non hanno casa. O di come trasformare il centro storico, che è diventato da un bel po’ un deserto attraversato da turisti, e non solo per colpa di Airbnb.
Per farsi qualche idea, basterebbe già sfogliare le Mappe della Disuguaglianza. Non bisogna scrivere un libro, bisogna individuare però le questioni importanti per la vita della persone a Roma.
[La foto del titolo è di Pietro Piupparco ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]