L’indagine scatologica: cap. 8

Ottava puntata del romanzo giallo d’appendice “Mario Marco e l’indagine scatologica”. Ovviamente, questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti e persone reali è puramente casuale

 

11 NOVEMBRE

 

La festa si svolgeva in un attico di lusso, con vista mare. Cosa piuttosto rara, trovare un appartamento così, perché il quartiere, nato sulla spiaggia, in realtà gli dava le spalle, più interessato al cemento e all’asfalto che alla sabbia, e non sembrava un posto di mare, ma solo di pendolari.

Mobili costosi e lampade dorate, cornici di cattivo gusto e quadri di pregio alle pareti, tappeti persiani e un armamentario di soprammobili. Manca solo l’etichetta con il prezzo, pensò Mario Marco mentre la padrona di casa, la signora Celli, la moglie del gioielliere, spiegava che il tek veniva direttamente dalla Malesia e che era stato veramente un affare, anche se se lei si sentiva un po’ in colpa perché certo è un peccato saccheggiare le foreste.

Per caso il commissario aveva saputo che c’era una festa dai Celli e si era fatto invitare da un collega, sfoderando una faccia tosta che di solito non aveva. Quello di Celli era uno dei nomi fatti da Mina, la figlia del Geometra. Valeva la pena di andare a dare un’occhiata e anche di fare un po’ di relazioni pubbliche. D’Artagnan sarebbe stato contento.

La parte di pavimento coperta da un grande tappeto era stata trasformata in una piccola pista da ballo. Una decina di ragazze ballavano insieme mentre i loro accompagnatori si passavano una boccia di J&B Rare. Abitini neri perlati e tacchi da trampoliere, gonne a spacco e stivali molto molto fatali, le ragazze si agitavano e lanciavano urletti.

Un po’ di gente era accampata in cucina. Mario Marco riuscì a liberarsi dal proprietario di una tabaccheria – impegnato a raccontargli per filo e per segno le due rapine e i due furti che aveva subito senza che la polizia intervenisse, mentre invece i Carabinieri si erano dati da fare, loro sì – e partì in avanscoperta, anche perché aveva avvistato una ragazza dai capelli rossi che di spalle sembrava carina.

– Buonasera dottore, come mai da queste parti? Mi avevano detto che era un tipo riservato.

Mario Marco cercò di ricordarsi il nome del tizio che lo aveva intercettato, il giornalista.

– Galletti, vero? Mi deve scusare ma sono da poco in servizio qui, e devo conoscere così tanta gente…

Marino Galletti avanzò verso di lui con due bicchieri in mano. – Tenga – gliene porse uno.

– Cos’è? – chiese il vicecommissario.

– Tequila, però se preferisce c’è del vino rosso.

– No, va benissimo – rispose Mario Marco guardandosi intorno. La cucina era quasi in penombra, e la ragazza con i capelli rossi adesso stava fumando, di spalle, appoggiata allo stipite della porta.

Galletti seguì il suo sguardo: – Se vuole faccio le presentazioni.

– Cos’è, corruzione di pubblico ufficiale? – Risero, e la ragazza si girò. Aveva un naso enorme e delle labbra altrettanto sproporzionate, ricoperte di rossetto viola. Però dalla minigonna spuntavano delle belle gambe. Il commissario si girò, un po’ imbarazzato.

– Che caso sta seguendo? – gli chiese Galletti.

– Niente, ordinaria amministrazione – rispose Mario Marco, rigirandosi il bicchiere tra le mani.

– Ho saputo che ha risolto il caso di quella banda di tossichelli che rubavano motorini e poi chiedevano il riscatto.

– Sì sì, ma era una cosa da poco. Però, senta, non mi faccia parlare di lavoro anche quando vengo a una festa. Eppoi gli altri ospiti si annoiano – disse rivolto a una coppia che si era avvicinata.

Mario Marco non amava i giornalisti, o almeno li amava meno dei poliziotti e più degli avvocati, meno dei giudici e un po’ più dei commercialisti.

 

Nel salone qualcuno stava urlando. Mario Marco cercò di capire cosa stesse succedendo. Riconobbe Mina. Litigava con la figlia dei padroni di casa. La giovane, però, sembrava un po’ diversa da come l’aveva vista la prima volta. Al posto del lungo park, portava un giacchetto jeans stinto e dei pantaloni arancioni. Sembrava una tossica d’altri tempi. La accompagnavano due tizi vestiti di nero, con l’aria molto coatta. La porta di casa era aperta, i nuovi venuti stavano già per andarsene.

– Che succede? – chiese a Galletti.

– É la figlia del Geometra Merola, non credo che lei la conosca. Si chiama Milva.

– Mina?

– No, Milva. Mina è la sorella gemella. Aspetti, vado a vedere – Il giornalista si allontanò.

Sembrava la ragazza che aveva incontrato poche sere prima, anche se era vestita in un altro modo. E poi Galletti l’aveva chiamata con un altro nome: Milva.

Bevve un altro sorso di tequila e uscì sul balcone. Galletti lo raggiunse dopo un paio di minuti.

– Allora?

– É sempre la stessa storia. Sa, quella, intendo Milva, è un po’ schizzata. Io la conosco poco, l’ho incontrata a qualche festa, da amici. Era una che fumava, che si impasticcava. Pare che abbia preso un acido e che le abbia fatto male. É stata in coma, qualcosa del genere. Ma anche prima non è che fosse tanto normale. Comunque, arriva alle feste, anche se non è invitata – e ormai tanto non la invita più nessuno, perché fa sempre casino con gli amici suoi – e si fa cacciare via. Arriva sempre con tizi strani, facce da balordi…

– Si figuri qui da Celli – continuò il giornalista – che è un amico del padre. Certo, è un po’ imbarazzante…

– Mi diceva che ha una sorella gemella – fece Mario Marco.

– Sì, Mina. Una ragazza a posto, una che si dà da fare. Da quando è morta la madre, e lei che aiuta il padre nell’azienda. Poi c’è anche un fratello, che sta facendo un master in America.

Ma con chi cazzo ho parlato l’altra sera?, si chiese il commissario.

– Ho detto qualcosa di strano? – gli chiese Galletti.

 

– Prenda un bicchiere – lo invitò Celli, a cui il commissario si era presentato a un certo punto della serata.

– Le piace la casa? Ha già fatto il tour con mia moglie? È la sua specialità…

– Sì, complimenti, avete proprio un bell’attico, avrete sicuramente investito una bella somma, anche per la ristrutturazione – disse Mario Marco.

Da bambino gli avevano insegnato che non sta bene, non è bello, parlare di soldi, soprattutto, chissà perché, a casa di chi sembra averne tanti. Ma adesso stava cercando semplicemente di far uscire allo scoperto Celli.

Il gioielliere era davvero un “cliente” del Geometra, uno che aveva bisogno di soldi? Poteva entrarci qualcosa, nella storia delle lettere. E comunque il commissario era curioso.

– Non mi parli di soldi, dottore. Tutti pensano che noi commercianti navighiamo nell’oro, che piangiamo miseria per abitudine ma che invece c’abbiamo i soldi in Svizzera. Guardi che mica è così.

Eccolo, pensò Mario Marco, tira fuori il rospo. È incredibile come lavora l’inconscio di certa gente. Appena incontrano qualcuno che magari può aiutarli, o capire qual è il loro problema, cominciano a lampeggiare come un faro.

– Non è più così – continuò Celli, occhi bassi, mentre si versava di nuovo da bere – Prima si lavorava. Onestamente, certo. Si metteva qualcosa da parte per la tranquillità del futuro, per i figli, per la salute. Adesso i clienti bisogna cercarli con la lanterna…  Perché la gente non smette di mangiare, ma certo se c’è la crisi non è che si va a comprare un anello, una collana, qualcosina d’oro. Non è neanche più un investimento, perché adesso ti fanno tutti una testa così con le azioni. Investi qui, investi lì. Le azioni passano, l’oro però resta. Ci pensa mai? Se domani, scoppiasse una guerra, cosa pensa, che dopo la gente andrebbe a vedere quanto gli hanno fruttato le azioni della Telecom? E io non glielo auguro di vedere la guerra, perché io l’ho vista quand’ero bambino, la fame che pativamo me la ricordo ancora…

Il soliloquio del gioielliere era continuato per un bel pezzo. Mario Marco aveva provato a stuzzicarlo, accennando agli amici che aiutano altri amici in difficoltà, buttando là una frase sul Geometra, certo che lui sì che se la passava bene. Ma non era servito a nulla. Il gioielliere non aveva ceduto. Oppure davvero era uno che la notte dormiva tranquillo.

Puntata 7. Puntata 6Puntata 5Puntata 4Puntata 3Puntata 2.  Puntata 1 e lista dei personaggi.

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