Evandro Gabrieli, insieme con la creta
Con le spalle a piazza Santa Maria Liberatrice al Testaccio, giri gli occhi verso sinistra e dritta corre una strada, via Rubattino, che arriva sino a Lungotevere. Percorrendola, più o meno a metà, sulla sinistra, al numero 3, ci sono le Officine Ceramiche.
Superato un piccolo cancello, si scende una scala stretta, e da lì si entra nel Laboratorio. Uno spazio luminoso, caldo e accogliente. Dove la differenza, come ci racconta Evandro Gabrieli, l’artista che lo gestisce, la fa l’eterogeneo gruppo di persone che sono lì per imparare a lavorare la creta.
Puoi incontrare giovani e bambini, adulti e anziani, non ci sono limiti di età. Differenze che non sono solo anagrafiche. Ognuno di loro viene guidato in modo discreto alla realizzazione di un pezzo in ceramica. Magari ispirandosi a qualche foto di lavori già terminati. È un percorso che parte dal desiderio di voler fare un oggetto (vaso, tazza, piatto, teiera, mattonelle dipinte, bassorilievi, animali, eccetera…), dal mettere subito le mani nella creta.
Sono i partecipanti stessi che finiscono, di appuntamento in appuntamento, per porsi i loro obiettivi. In base al loro tempo, alle loro aspettative e alla loro creatività. Evandro li segue con una calma da maestro, li aiuta a superare le difficoltà, li sollecita a continuare in una direzione. Come nelle antiche botteghe degli artigiani-artisti si impara facendo e ricopiando gesti e tecniche.
Evandro, tu quando hai iniziato?
Non so dare una data certa di quando sia nato in me il desiderio di cimentarmi al tornio (per chi non lo sapesse, il tornio è quel piatto meccanico che, girando, ti permette di creare forme cilindriche con l’argilla), ma, avendo inciso con data e firma uno dei miei primi manufatti realizzati, posso dire con certezza che la prima volta che toccai l’argilla dal vivo fu più di venti anni fa.
Allora avevi 26 anni.
In realtà già da diverso tempo covava in me il desiderio di confrontarmi con questa materia, a Roma però i luoghi dedicati alla ceramica erano pochi e nascosti e forse lo sono tutt’oggi, sebbene ultimamente ci sia una riscoperta di tale attività artistica, come anche delle tecniche dedicate all’arte applicata, per i vari benefici che apportano a chi le pratica.
Ricordo, quando ero ragazzo, l’incanto che provavo nel passare davanti alle vetrine della bottega di ceramica della famiglia Sarti in Trastevere. Ero ammaliato dallo scintillio brillante degli smalti che scorrevano lucidi sopra superfici di vasi, talmente tanto perfette da chiedersi come si potesse essere cosi precisi con la sola abilità delle mani, capacità che compresi solo molti anni dopo. L’esperienza e la gestualità, che si ripetono ed interiorizzano in una persona che le esegue praticando tecniche ceramiche, sono come un rituale, fino a diventare un gesto di bellezza in chi le pratica e chi le guarda.
Come ti sei formato, da dove hai iniziato?
La prima cosa che mi colpì di questa materia è l’immensa libertà che porta con sé, è un po’ come cucinare dentro un’immensa dispensa di cibi a tua disposizione: ci sono infinite strade da percorrere ma, a differenza di altre arti, nel praticare ceramica vi sono anche molte competenze che investono la chimica e la tecnologia.
Fu allora che la mia curiosità mi spinse ad iscrivermi a vari corsi e workshop privati per poi approdare al triennio della scuola d’arti ornamentali San Giacomo di Roma, abilitata a rilasciare un attestato qualificato del percorso didattico di ceramica e scultura in ceramica, un percorso che stavo cercando da tempo.
Sì, perché fare ceramica è un’attività in cui molti si improvvisano quasi sempre con scarsi risultati e sottovalutando i rischi legati alla salute di chi maneggia, con troppa leggerezza, materie prime di cui non conosce la pericolosità o la possibile tossicità, quindi il consiglio che do sempre è quello di affidarsi ad insegnanti che abbiano fatto un percorso formativo adeguato e di lavorare sempre in luoghi puliti dalla polvere e con le dovute accortezze nel proteggersi quando si maneggiano materie a noi poco conosciute.
Al termine del triennio scolastico, decisi di fare un passo importante per cercare di condividere la mia passione e attratto non solo dal desiderio di confrontarmi con gli altri, ma anche dal piacere legato all’insegnamento, decisi di fondare un’associazione culturale che si occupasse di divulgare la ceramica, di farla conoscere e comprendere meglio, di censire e mappare i luoghi che a Roma facevano ceramica, al fine di formare una rete organizzata e più facilmente accessibile.
Un laboratorio aperto a principianti, a chi ha avuto altre esperienze e al tempo stesso uno spazio da condividere con artisti. Condividere è un’idea chiave per te.
Dieci anni fa nasceva così la mia prima esperienza associativa che mi ha portato, oggi, a gestire le Officine Ceramiche Roma Ass.Cult., un luogo aperto ad adulti e bambini, nel cuore di Testaccio, dove è possibile frequentare corsi di ceramica, tornio, modellato, decorazione ed anche apprendere quelle tecniche che, in gran parte, sono ancora uguali a quelle che usavano gli antichi Romani o gli Etruschi nella forgiatura dell’argilla.
In verità le Officine Ceramiche Roma non sono solo un laboratorio ma anche una piccola comunità: ci si avvicinano persone di diversa età e con diverse motivazioni alle spalle, c’è chi vuole approfondire un percorso creativo ed artistico, chi ha una passione specifica e vuole migliorarsi, chi ha un ricordo piacevole di ceramica legato all’infanzia e vuole “fare una prova” oggi.
Vuoi che ti dica la verità?!? Io ho messo solo il contenitore, ma il bello di tutto ciò (che contengono), il “contenuto” sono le persone che lo frequentano, la loro sensibilità e la voglia di condividere non solo un gesto artistico, ma anche la propria esperienza di vita.
Lavorare la creta è la via che tu hai scelto per il tuo lavoro artistico, con originalità e con riconoscimenti importanti.
Con il passare degli anni ho scoperto che il mondo della ceramica è molto altro dalla sola attività pratica e manuale e che, con sorprendenti aperture e capacità di linguaggio, molti artisti l’hanno resa un’arte al pari delle altre, sebbene essa porti con sé un pregiudizio negativo, così che viene meramente considerata nelle arti minori, pregiudizio probabilmente dovuto al fatto che nel passato le opere venivano prima realizzate in bozzetti di argilla e poi eseguite con materie diverse come marmo o leghe metalliche presunte più nobili.
Ma basta andare a conoscere le opere di alcuni grandi scultori italiani, come Nino Caruso, Alessio Tasca, Carlo Zauli e Pompeo Pianezzola, per renderci conto dell’immenso potenziale che questo materiale ha come medium espressivo nella scultura.
Tra i tuoi maestri c’è Nino Caruso.
Sì, certo. Ci sono alcune sue riflessioni che trovo importanti. Eccole: “….l’arte infatti, è un’altra cosa, è una ricerca fine a sé stessa, dove ognuno si sente libero e non devi rispondere a nessuna funzione, se non quella dello spirto e della bellezza. Motivo per cui, alle persone che frequentano le Officine Ceramiche, suggerisco sempre di affiancare ad un percorso pratico e manuale quello di un approfondimento degli artisti che più si avvicinano al loro linguaggio preferito
….se in passato conservare il cibo nei grandi contenitori, le giare, voleva dire non avere paura del domani poiché il cacciatore prima doveva cacciare ogni giorno per avere la certezza del cibo, mentre con l’agricoltura e la conservazione dei prodotti la ceramica ci ha dato la certezza del futuro, quindi dal punto di vista antropologico ha un’importanza enorme; per questo, quando noi diciamo ceramica, il bambino subito comincia a fare un vaso perché quella forma è dentro di noi, quindi, finita questa funzione l’artigiano di oggi deve trovare nuovi prodotti con nuove destinazioni….”
Ed è quello che cerchi di fare tu.
Da contenitore a contenuto, l’argilla a mio avviso ha accompagnato la storia dell’uomo da sempre e sono certo che continuerà a farlo.
https://evandrogabrieli.wixsite.com/officineceramiche
www.contemporaryitalianceramic.com