Cominciamo a pensare al dopo

No, non bisogna “abbassare la guardia”, come avverte l’assessore regionale alla sanità del Lazio Alessio D’Amato. I contagi scendono ma non bisogna pensare che sia finita. Basta immaginare cosa potrebbe accadere a Pasqua e Pasquetta, se il “restate a casa” di questi giorni divenisse lettera morta. Esporremmo noi e altri a rischi imprevedibili.

Detto questo, per evitare che la reclusione in cui siamo, oramai abbiamo raggiunto la quinta settimana, diventi così insopportabile da provocare reazioni incontrollate.
Abbiamo bisogno che qualcuno ci indichi la strada, i passi che ci permetteranno di tornare almeno ad una parziale normalità. Insomma senza una meta, una via d’uscita, una qualche soluzione si semina frustrazione e di conseguenza rabbia.

Antenne e nuvole all’alba, a Roma. Foto di Giorgio Rodano diffusa su Flckr.com con licenza creative commons

Il ragionamento che, specie in alcune aree del Nord del Paese, potrebbe sembrare mal posto, si sorregge invece nel Lazio grazie ai numeri della diffusione del Convid 19 nel Lazio e a Roma. Elenchiamo quelli che sono stati resi noti ieri, domenica 5 aprile: 36 nuovi casi di coronavirus nella Capitale (sabato erano stati 46), 123 in totale in tutta la Regione.
I decessi nella Regione sono stati 7 (a Roma 1) e continua la crescita dei guariti che salgono di 36 arrivando a 475 totali. Sono usciti dalla sorveglianza domiciliare in 9.921. Nel complesso i casi positivi attuali sono 3186 (3880 gli esaminati finora), 1235 i ricoverati e 197 in terapia intensiva, 1754 in isolamento a casa, 219 i decessi, 475 i guariti.

Non è ancora chiaro cosa voglia dire in concreto la cosiddetta “Fase 2”, come si svilupperà e con quali tempi. L’impressione che abbiamo, a parte gli annunci e le dichiarazioni, è che oltre al rimanere confinati e agli interventi di natura economica, non molto altro ci sia sul piatto del “Dopo-Covid19”.

Per esempio, stando all’andamento dell’epidemia, è evidente – senza nulla togliere ai vari epidemiologi – che la situazione del Lazio non è quella della Lombardia. Considerazione elementare ma che finora non è stata valutata sino alle sue conseguenze.
Non ci dovrebbe scandalizzare dunque, sempre tenendo presente le condizioni eccezionali dentro cui stiamo vivendo, una “ripartenza” differenziata. Tra l’altro potrebbero essere sperimentate – con ragionevolezza e relativa sicurezza – procedure da replicare in Regioni che ancora non sono in condizioni per ripartire.

Alba su Roma. Foto di Dorli Photography diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

Insomma perché non ipotizzare un controllo dei confini regionali e una riapertura, almeno parziale, lì dove esistono margini di sicurezza?

In questi giorni vedremo se l’andamento dell’epidemia nel Lazio e a Roma si conferma in discesa, come accaduto nella scorsa settimana. Al tempo stesso speriamo che si arrivi alla validazione del test rapido che lo Spallanzani e i medici di base stanno provando sulla popolazione di Nerola o anche quello che sta sperimentando il Policlinico di Tor Vergata. Sarebbe una ulteriore piccola luce per incominciare a vedere oltre il buio di questi giorni.

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