Giorgia Sallusti, Twitter-libraia

“Non sai cosa scegliere? Chiedi alla libraia”, dice rassicurante un cartello, in alto. Un altro propone un assortimento di “libri al buio”: quattro volumi in un unico sacchetto sigillato, che propongono diversi percorsi di lettura, tra cui fantascienza, Giappone, femminismo letterario e “continenti in movimento”.
Insomma, fidatevi di Giorgia, la libraia, che da cinque anni ha aperto la sua libreria, piccola ma stipata di volumi, nel quartiere delle Valli, un pezzo di Montesacro. Il negozio, a pochi passi dall’Aniene, si chiama Bookish (libresco). Fino a qualche mese fa però si chiamava il Giardino del Mago, come una vecchia canzone del Banco del Mutuo Soccorso, e la vecchia insegna è ancora lì.

Vado a trovare Giorgia Sallusti, 39 anni, di mattina, nel suo negozio, poco dopo l’apertura. Finora la conoscevo soltanto per i suoi tweet: divertenti, colti, arguti, certe volte impegnati, sorprendenti. Pieni di citazioni letterarie, ma anche di humor. Ci trovo un sacco di subculture che appassionano anche me, nei suoi mini-post. E sui suoi scaffali, a partire dai libri di fantascienza.

LE DATE

1981, nasce a Roma
2004, comincia a lavorare come traduttrice
2005, laurea triennale in Lingue orientali
2014, lascia il lavoro presso una società d’ingegneria
2015, apre la libreria “Il Giardino del Mago”

Giorgia non nasce libraia né figlia d’arte. Anzi, in famiglia, quando ha annunciato che il suo sogno era quello di aprire una libreria, pur senza avere alcuna esperienza se non quella di lettrice, hanno cercato tutti di dissuaderla: ma come, lasci un buon lavoro, posto fisso, stipendio tutti i mesi. Poi però, vista la sua caparbietà, le hanno dato una mano. “E ora sono fieri di me”, e della sua libreria indipendente.

Nata a San Basilio, cresciuta a Montesacro, Giorgia era partita con un’altra idea in testa. All’Università, ha studiato Lingue e Civiltà Orientali, Giapponese e Cinese. Mentre studiava, ha cominciato a lavorare come traduttrice tecnica e scientifica free lance. Poi come precaria, all’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente. Quando l’istituto ha chiuso i battenti – perché ritenuto uno dei vari enti inutili – ha trovato lavoro in una società di ingegneria, dove seguiva i clienti giapponesi. Un lavoro vero, pagato, ma non appagante: “Non ero felice. Lavoravo tutto il giorno ma non avevo il tempo di fare niente”, dice. “Ora sono povera, ma felice. Lavoro sempre un sacco, lavoro anche quando sono malata, ma mi piace”.

Prima di ospitare una libreria, il locale all’angolo tra via di Valle Corteno e via Valsassina ha visto passare varie altre attività. Una sala scommesse, i cui proprietari sono fuggiti a un certo punto – dicono le solite voci di quartiere – perché dovevano troppi soldi ai clienti. Ancora prima, un’agenzia di viaggi, che avrebbe truffato diverse coppie di freschi sposi – sempre secondo le voci di quartiere – incassando i soldi per le lune di miele senza però prenotare i viaggi. Più lontano nel tempo, una videoteca. Insomma, tutte attività economiche più o meno rovinate dall’avvento di Internet.
Una spada di Damocle che pesa da qualche tempo anche sulle librerie, quella dell’e-commerce. Ma, secondo Giorgia, il vero nemico dei bookstore non sarebbe tanto Amazon, quanto i distributori di libri, che inghiottono gran parte del prezzo di copertina di un libro. 

“Ora sono povera, ma felice. Lavoro sempre un sacco, lavoro anche quando sono malata, ma mi piace”

Per la cronaca, e la statistica, in cinque anni nel Lazio (e dunque soprattutto a Roma) hanno chiuso i battenti 25 librerie, passate da 609 a 586 da fine 2014 a fine 2019, secondo i dati di UnionCamere.
Quella di Giorgia, insomma, è stata è stata una scelta da kamikaze, ma che rifarebbe. “Mi seccava camminare per il quartiere e non trovare neanche una libreria. Qui trovi piuttosto parrucchieri e bar, sempre pieni”, dice la libraia.
Il suo è un vero negozio di quartiere. Per esempio, chiude a pranzo, dice, “perché la mia felicità e il mio benessere sono importanti. E poi comunque mi porto il lavoro appresso, c’è da rispondere alle email, fare altre cose”. Il sabato però nell’intervallo va a un corso di arabo in una libreria di Trastevere, Griot.

Bookish sorge davanti a una fumetteria. Per la libraia, è un caso. Ma in questo modo si scambiano clienti. L’identikit dei suoi, per Giorgia, è questo: “28-45 anni, per il 60% donne. In gran parte di sinistra”. La maggior parte viene dal quartiere, qualcuno l’ha conquistato grazie a Twitter: “Mi riconosco nei miei lettori, mi sembra che facciamo parte della stessa bolla, che abbiamo un percorso culturale comune”.
“In cinque anni ho imparato tanto dagli editori, dagli autori, dai lettori. Credo di aver fatto un buon lavoro e aver acquisito la fiducia dei lettori”, aggiunge.

Lei sceglie i libri a proprio gusto. La sua è una libreria di catalogo, con pochi classici e molta letteratura moderna e contemporanea, con un occhio particolare per la fantascienza, l’Estremo Oriente, gli editori indipendenti. E con un piccolo editore da qualche anno è anche fidanzata, dopo averlo conosciuto per ragioni di lavoro.
Bookish vive grazie anche agli ordini di libri, di gente che arriva per cercare un titolo o un autore che ricorda male o non ricorda affatto. C’è il vecchio cliente ipovedente che si fa leggere i libri dalla badante dopo averne sentito parlare alla radio. C’è la signora che riporta indietro il volume che non le è piaciuto e che ha abbandonato alle prime pagine.
Mai pensato di mollare?, chiedo. “Sì. Gennaio-febbraio è il periodo di scoramento peggiore. Devi pagare le fatture coi soldi guadagnati a Natale, e poi arrivare fino alla primavera, quando il lavoro riprende”.

“In cinque anni ho imparato tanto dagli editori, dagli autori, dai lettori. Credo di aver fatto un buon lavoro e aver acquisito la fiducia dei lettori”

Giorgia vende anche articoli di cartoleria, pupazzi e tazze d’ispirazione letteraria, ma occupano sempre meno spazio nella libreria. Quello che funziona meglio, insieme ai libri, in realtà sono le presentazioni di autori – spesso una volta a settimana – i dibattiti, le serate di lettura. Anche i gruppi di gioco, come quello di Dungeons And Dragons, un famosissimo role play (rilanciato recentemente anche da Stranger Things).

E poi, c’è Twitter, che è il suo gioco preferito, con l’account @georgienonfa. “Sui social in genere faccio comunicazione sui libri, è diventato un pezzo di lavoro. Twitter mi ha portato soprattutto amicizie vere, anche qualche cliente”. Ma il suo forte è appunto lo humor: “Se l’hai occasione per fare una buona battuta non la perdere mai, costi quel che costi, mi dico”.

Oggi ha 5.000 follower sul social, un piccolo fan club. Che saranno anche pochi, rispetto ai numeri che fanno gli influencer, ma visti da qui sono un bel segnale, per questa libraia indipendente e capocciona, che scrive anche su Minima & Moralia e su Altri Animali, due blog di approfondimento culturale di nicchia ma piuttosto quotati.

“Mi piacerebbe avere una libreria più grande, ma soprattutto consolidare quel che faccio già”, risponde Giorgia, con un certo grado di realismo, quando le chiedo dei suoi progetti. Nel frattempo, però, sono sicuro che sta pensando ad aggiungere un nuovo tatuaggio alla bella collezione che spunta sul braccio.

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