Anche a Roma la “guerra” dei supermercati
La Sma del mio quartiere, dove andavo da tanti anni, ha cambiato nome, e ora si chiama Il Castoro. Negli ultimi mesi, prima del cambiamento d’insegna, i suoi scaffali erano spesso vuoti, sembrava un supermarket di qualche paese comunista.
Il marchio Sma, come quello Simply, fa capo al gruppo Auchan, che ora è stato acquisito dalla Conad. La fusione, che ancora non è stata approvata dall’Antitrust, rischia di lasciare fuori circa 3.000 dipendenti. Solo a Roma, la cassa integrazione riguarderà 1.100 persone.
Il supermercato vicino a casa mia era in franchising, non dipendeva direttamente da Auchan, e ora è passato al Gros, Gruppo Romano Supermercati. Già da qualche tempo aveva ridotto l’orario d’apertura al pubblico di sera: apre alle 7, chiude alle 21 e non più alle 22 (di domenica, invece, apre alle 8).
Nel frattempo, nel mio quartiere, un discount Todis (un marchio del gruppo Conad) ha chiuso: da quel che dicono gli ex clienti, a causa del prezzo troppo alto dell’affitto dei locali. Poco lontano ha aperto invece un Penny Market, un discount di nuova generazione: più curato, con prodotti diversi, non soltanto di primo prezzo.
Ma ci sono anche una piccola Coop e un Carrefour, che secondo il sito web della società è aperto 24 ore su 24, ma che di notte in realtà è chiuso. E la domenica mattina non c’è nessuno a occuparsi del banco pane e salumi.
Nel quartiere dove ho lavorato per quasi 20 anni, e che è pieno di uffici, è invece un fiorire di piccoli supermercati di grandi marche, i cosiddetti city, che sono considerati il nuovo modello vincente del settore.
Tra i supermercati è in corso una guerra su più fronti, anche a Roma. Una guerra tra discount e marchi famosi, tra “city” e ipermercati, una guerra anche sui prezzi e sugli orari
In quattro anni, il numero di supermercati nel Lazio è cresciuto tutto sommato di poco: tra il terzo trimestre del 2015 e lo stesso periodo del 2019 gli esercizi in più erano una settantina, dicono i dati di UnionCamere. Ad aumentare però sono stati praticamente soltanto discount e negozi di surgelati, se si leggono i dati nel dettaglio.
La redditività delle imprese (cioè la percentuale di guadagno) invece è nettamente calata: rispetto al 2007, su scala nazionale, si è più che dimezzata, secondo Federdistribuzione.
Tra i supermercati è in corso una guerra su più fronti, anche a Roma. Una guerra tra discount e marchi famosi, tra “city” e ipermercati, una guerra anche sui prezzi e sugli orari. Che coinvolge inevitabilmente i dipendenti, quasi 24.000 nel Lazio tra ipermercati, supermercati e discount, secondo i dati diffusi a novembre dal ministero del Lavoro.
Secondo Federdistribuzione, Quasi il 90% dei contratti di lavoro del settore sono a tempo indeterminato, ma per quasi il 50% delle persone si tratta comunque di part-time.
“Non abbiamo più orari di riferimento, possono cambiare in qualsiasi momento e qualsiasi persona ormai può essere chiamata a svolgere qualsiasi mansione. I nostri tempi sono impazziti, e fuori dal lavoro c’è il problema di organizzare la vita propria e quella della famiglia”, mi racconta Emidio, 60 anni, che lavora in un supermarket in zona Colombo.
E la stessa cosa mi dicono cassiere e cassieri dei supermercati del mio quartiere.
A lavorare nei supermercati non sono solo i dipendenti. Ci sono anche, quasi sempre di notte, lavoratori (spesso immigrati) di cooperative esterne che si occupano del rifornimento, o che fanno le pulizie.
La concorrenza più forte, con la corsa ai prezzi più bassi almeno su certi prodotti – per esempio la passata di pomodoro, o certi alimenti in scatola – pesa anche sui produttori, costretti a comprimere i costi (compreso quello del lavoro), se vogliono lavorare con le catene dei supermercati. Per Federdistribuzione, però, la nascita di consorzi e cooperative tra produttori introdurrebbe più efficienza nella filiera, e quindi consentirebbe di abbassare i costi senza conseguenze negative per chi lavora sui campi.
I clienti dovrebbero invece beneficiare di questa situazione di concorrenza, almeno a sentire gli esperti del settore, perché i supermercati puntano di più sulla qualità, sul “value for money”.
“Le imprese eccellenti sono quelle che hanno saputo interpretare meglio degli altri le richieste dei consumatori, che oggi hanno anche razionalizzato i comportamenti di acquisto”, mi dice Daniele Fornari, un esperto di marketing e grande distribuzione, che insegna alla Cattolica di Piacenza.
“I consumi sono calati del 10%. E poi è in atto una vera e propria recessione demografica, c’è un ridimensionamento dei nuclei familiari, ci sono più anziani, che consumano meno dei giovani. Ci sono nuovi stili alimentari, si sono ridotti gli sprechi, il 33% degli italiani è a dieta”.
“Ieri si vedevano persone riempire i carrelli. Oggi si vedono tanti fermi davanti allo scaffale, che confrontano due prodotti, hanno il cestello e non il carrello”, dice ancora.
Ieri si vedevano persone riempire i carrelli. Oggi si vedono tanti fermi davanti allo scaffale, che confrontano due prodotti, hanno il cestello e non il carrello
La fusione Conad-Auchan in provincia di Roma comunque rischia di marcare in modo significativo il mercato della Grande Distribuzione Organizzata. Perché, stando a uno studio dell’Antitrust, nella Capitale e in altre aree la presenza complessiva dei due marchi è così forte, spesso oltre il 35-40% del mercato, da far ritenere che “l’operazione in esame (che farebbe diventare Conad il primo gruppo in Italia col 18,5% del mercato, superando la Coop, ndr) possa ostacolare in modo significativo la concorrenza”.
Quindi è immaginabile che l’Autorità Garante della Concorrenza chieda alcune misure correttive, come cedere un certo numero di negozi a terzi.
In questi anni il modello succursalista, con l’azienda-marchio che controllava tutte le sedi, è in parte tramontato. Sono spuntate nuove catene, sono aumentati i franchising. E i supermercati sono diventati in alcuni casi canali di riciclaggio di denaro o comunque attività gestite da organizzazioni criminali. Ci sono diversi episodi di questo genere, soprattutto al sud. Ma è successo già anche a Roma. Nell’estate 2019, è stato il caso di sette esercizi a marchio Carrefour, “gestiti da un imprenditore locale terzo, autonomo e indipendente rispetto a Carrefour Italia che rimane a disposizione delle autorità” (come si è affrettata a spiegare la società francese) che sono stati posti sotto sequestro in un’operazione contro gruppi della ‘ndrangheta.
Aumentano i marchi della grande distribuzione. Si fanno la guerra fra loro, mentre i piccoli negozi chiudono tutti e non esiste più quel bellissimo rapporto esercente-cliente che caratterizzava prima l’atto della spesa.