Vedi San Lorenzo e poi muori
Credo sia nata una nuova serie noir ambientata a Roma. L’aprifila s’intitola West and Skoda – Quei giorni da cani, e l’ha scritto Davide Pellegrini, un cinquantenne romano che si occupa di un sacco di cose, dal management culturale alla sharing economy, ed è un esperto di editoria digitale. Questo è il suo primo romanzo, e probabilmente avrà un seguito, visto che Robin Edizioni lo pubblica nella collana dedicata ai “Luoghi del delitto” come la prima puntata de “Le indagini del vicequestore Soccio”.
Il Soccio in questione, Walter, è un personaggio un po’ alla Rocco Schiavone, a partire dal vizio ricorrente di precisare il suo grado, la propria qualifica, davanti ai sottoposti, che lo chiamano più spesso commissario. Soccio gira in Skoda, viva e lavora a San Lorenzo, dove è ambientato ampiamente il romanzo; veste casual, con una preferenze per le camicie damascate e lo spolverino, anche d’estate. Ha una donna che è un po’ la sua coscienza, un vecchio amico che è diventato un criminale incallito, una squadra composta da caratteristi, più che poliziotti (è dai tempi di Montalbano che ci deve essere l’agente che fa ridere, quello burbero ma di buon cuore etc: ormai è un format), una passione per la malvasia, che beve direttamente da una fiaschetta, e per la trattoria I Colli Emiliani di via Tiburtina, dove sono ambientate alcune scene-clou.
Soccio è spesso odioso, non ha l’allure del poliziotto triste e pensoso di sinistra che ci hanno consegnato i noir francesi (e anche molti italiani), e che esistono appunto più nella letteratura che nella realtà quotidiana.
La trama del libro – che riguarda in particolare il sottobosco delle scommesse sui cani – non è particolarmente complessa, va detto, e non è necessariamente la cosa più interessante del romanzo, che è molto basato invece sulla caratterizzazione dei personaggi, dei luoghi, di San Lorenzo. Che in fondo è un quartiere piccolo per estensione, con una storia di un po’ più di un secolo alle spalle, ma che continua ad avere un indiscutibile fascino, per quella sua composizione un po’ popolare un po’ bohémien.
Da decenni residenza di studenti, un tempo luogo della politica (c’era la federazione del Pci, l’Unità, gli autonomi, c’è anche ancora Radio Onda Rossa) oggi dominata da locali e studi creativi, ogni tanto al centro delle cronache per storie di droga e di sangue (come nella vicenda di Desirée Mariottini), priva di spazi verdi e un po’ decadente, SanLo ha sempre voluto rivendicare la sua differenza. Un po’ la nostra Belleville, anche se meno periferica e meno multirazziale.
Molti dialoghi, nel libro, talvolta un po’ troppo televisivi (ma la contaminazione, nell’epoca delle serie, è normale). Poi in certi momenti offre descrizioni intense, non solo di luoghi ma anche di persone o stati d’animo.
[La foto del titolo è di Gianni Dominici ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]