Una città che ignora i poveri
L’anno scorso a Roma sono morte 15 persone in strada. In passato, nella nostra città, bastava la morte di un solo senza dimora per sollevare polemiche e titoli importanti nei quotidiani. Adesso non accade più: anzi, quelle 15 persone ci sembrano qualcosa di inevitabile, contro cui nulla si può fare. Non fanno più notizia.
Perché? Perché Roma è lo specchio deformato e ingrandito dell’Italia. “La povertà del Paese ha più facce (economica, educativa, relazionale) ed è complessivamente rafforzata da una profonda crisi antropologica e valoriale, con disvalori veri e propri (la disonestà, la sopraffazione dell’altro, l’intolleranza, l’arroganza) che vengono ammirati e approvati da troppi”, scrive la Caritas nel terzo rapporto dedicato alla città, a premessa della situazione romana.
Mi raccontava un volontario, che fa il giro la notte per portare cibo e coperte a chi vive (suo malgrado) in strada, di aver incontrato una ragazza di 25 anni, proveniente dalla Val d’Aosta, in fuga dal padre, priva di residenza. Insieme al suo gruppo hanno cercato un posto letto per lei, ma non l’hanno trovato. L’hanno dovuta lasciare nel freddo notturno di piazza Vittorio, con tutti i rischi che ciò comporta.
Quest’episodio ci segnala due cose. La prima, è che nonostante gli sforzi della Caritas e delle parrocchie, anche quest’anno non ci sono posti sufficienti per le persone senza dimora. Il Comune fa poco o niente. Eppure il numero degli homeless è stabile a Roma, eppure l’inverno arriva ogni anno, eppure nella nostra città ci sono edifici abbandonati che potrebbero essere requisiti temporaneamente, così da rimediare un posto al coperto.
L’anno scorso a Roma sono morte 15 persone in strada. In passato, nella nostra città, bastava la morte di un solo senza dimora per sollevare polemiche e titoli importanti nei quotidiani. Adesso non accade più
La seconda cosa da tener presente è che in strada, dopo un decennio di crisi economica, possiamo trovare italiani che non ti aspetteresti, quelli che avevano una vita niente male, della classe media. E se non sono finiti in strada li puoi trovare, con la vergogna addosso, alla mensa Caritas. È una nuova tipologia di poveri, il rapporto Caritas li chiama “equilibristi della povertà”, persone che hanno un reddito sufficiente a pagare un affitto o anche un mutuo, ma che riescono a malapena a pagarsi di che mangiare o a pagare le utenze.
Questa situazione vulnerabile li fa camminare costantemente sull’orlo del precipizio della povertà vera e propria, in cui cadono di fronte a imprevisti minimi.
Parlando con qualche parroco di periferia mi colpisce che tutti finiscano per concentrarsi sulla povertà culturale. Non dimenticano le questioni concrete, ma sono più preoccupati dell’educazione, della scarsità di relazioni degli abitanti del loro quartiere. Qui – mi dice un prete – ci sono solo grandi magazzini, manca un teatro, manca un cinema. Limitazioni che si traducono in situazioni di disuguaglianza e ingiustizia sociale. Riteniamo l’Italia il Paese della cultura, un’affermazione che riguarda per lo più il passato, il nostro patrimonio artistico che abbiamo ereditato nel corso dei secoli. E il presente? Le persone che posseggono una laurea sono il 17%, pari a poco più della metà della media europea, coloro che possiedono un diploma di scuola superiore sono poco più del 60% (distanti di quasi 17 punti percentuali dalla media europea); solo il 3,3% degli adulti italiani raggiunge le più elevate competenze linguistiche, una percentuale tra le più basse in Europa.
In strada, dopo un decennio di crisi economica, possiamo trovare italiani che non ti aspetteresti, quelli che avevano una vita niente male, della classe media. E se non sono finiti in strada li puoi trovare, con la vergogna addosso, alla mensa Caritas
Tra i dati del rapporto di Caritas “La povertà a Roma: un punto di vista”, colpisce la sovrapposizione tra distribuzione dei redditi e disagio sociale. Circa il 40% della popolazione romana ha un reddito fino a 15mila euro, un altro 40% tra 15mila e 35mila. Solo il 17,5% presenta redditi imponibili tra 35mila e 100mila euro. La vulnerabilità sociale aumenta in quelle zone dove le condizioni economiche si fanno critiche, come nel quadrante Nord (Cesano, La Storta, Santa Cornelia, Prima Porta, Labaro, Tor San Giovanni e Bufalotta), seguite da quelle Est (Torre Angela, Giardinetti, Tor Vergata, San Vittorino), e Ovest (Boccea, Casalotti, Pantano); infine Sud (Ostia Nord, Acilia Nord e Sud, Porta Medaglia e Santa Palomba). Si può rimanere sorpresi – per esempio – che il triste primato di cassonetti dati alle fiamme, con 130 roghi, appartenga al VI Municipio, quello delle Torri?
È vero, Roma è una città complessa. Basti pensare che la Città Metropolitana di Roma comprende un territorio di estensione quasi 5 volte maggiore di quello dell’ex Provincia di Milano e ha una superficie poco inferiore a quella dell’intera Liguria. I 15 municipi romani hanno ognuno un’estensione territoriale e di popolazione simile a quella di una qualunque città italiana di medie dimensioni. Considerando poi l’estensione della Capitale, essa risulta maggiore alla somma delle superfici delle 9 città italiane più importanti (Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Palermo, Cagliari) mentre a livello europeo si attesta al secondo posto dopo Londra.
Nei nostri cortili e nei giardini pubblici la rumorosa e piacevole presenza dei bambini s’è ridotta, l’inverno demografico colpisce anche Roma. Aumentano gli anziani, diminuisce il numero di cittadini. C’è sempre più gente sola: su 1.360.158 famiglie, il 44% (602.695) sono nuclei formati da una persona sola. L’immagine “classica” della famiglia s’è opacizzata, “con la riduzione del numero dei figli (quando ci sono), con l’innalzamento dell’aspettativa di vita, l’aumento di separazioni e divorzi, come la crescita di persone orientate a relazioni temporanee o comunque non di coabitazione” si legge nel rapporto.
Le tensioni dei mesi scorsi contro i Rom a Torre Maura per l’assegnazione di case popolari tocca un altro punto dolente. Da una parte la rabbia contro lo straniero che deve essere compresa, anche se fomentata dalla destra, all’interno di una situazione generale di forte riduzione di certezze e di garanzie. Dall’altra c’è da tenere presente che a Roma l’incidenza della popolazione straniera – scrive la Caritas – è del 13,4% a fronte del 19,8% di Milano, del 16,3% di Firenze, del 15,1% di Torino.
I municipi con maggiore popolazione straniera sono il VI con 45.350 e il V con 42.555. Peraltro il 44% degli stranieri proviene da un paese europeo, il 33% da uno asiatico, il 12% da uno africano e l’11% da uno americano.
È sulle zone periferiche che pesa maggiormente il disagio di vivere in una città dove i servizi sono carenti e l’impoverimento di questi ultimi dieci anni di crisi ha agito su diversi livelli, allargando l’area del malessere urbano. Ci sono diversi punti in comune tra le povertà, che mettono insieme, senza che loro stessi lo sappiano, chi vive in strada, come chi è senza un lavoro.
Non si tratta solo di una deprivazione di senso ed economica ma di qualcosa che mina la convivenza democratica scavando un fossato sempre più ampio tra chi può perché ha i soldi in tasca e tra chi non può perché non li ha.
Tutto ciò si traduce in quelle che la Caritas chiama “le difficoltà nell’esigibilità dei diritti”. Si legge così nel rapporto: “Rendere autonomi i cittadini nell’accesso alle procedure volte al riconoscimento dei diritti esigibili è un obiettivo ancora lontano. Una stratificazione di normative, la discontinuità nell’approccio generale più o meno garantista, una informazione confusa, la difficoltà di accesso all’informazione stessa da parte dei più deboli, differenze linguistiche per quanto riguarda gli stranieri congiurano nel produrre la difficoltà nel vedersi riconoscere, nel lavoro soprattutto ma anche per la casa, nei rapporti familiari, come nei casi di separazione, i propri diritti”.
Insomma, la strada è lunga e la luce è poca. In Isaia 21,11-12 si legge: “Sentinella, quanto resta della notte? Sentinella, quanto resta della notte?”. La sentinella risponde: “Viene il mattino, poi anche la notte; se volete domandare, domandate…”. Ecco, non smettiamo di domandare.