Memorie di un ex manicomio
Rimossa dai suoi fini essenziali la cultura rischia di essere ridotta ad un’appendice anemica del turismo, i divertimenti e lo shopping.
Un processo del genere è ancora più degradante se i musei e la rete degli spazi espositivi pubblici non si valorizzano costantemente come snodi decisivi del nostro patrimonio, ma si ridimensionano – di fatto – a luoghi del tempo libero da occupare, seguendo le spietate leggi del mercato.
A Roma, specie nel centro storico, molti beni culturali di valore inestimabile continuano a risplendere nella loro bellezza, ma sono completamente disallineati e avulsi dal tessuto sociale.
Come abbiamo potuto drammaticamente constatare in queste settimane, anche in periferia dove gli spazi urbani sopravvivono – in teoria – anche oltre gli orari d’ufficio, i luoghi del sapere sono spesso sotto attacco se non respinti dal fuoco e le fiamme.
Il Museo Laboratorio della Mente presso il complesso architettonico dell’ex Manicomio di Roma del Santa Maria della Pietà è talmente radicato a livello spaziale e visivo nella memoria della sua vecchia funzione pubblica che – col tempo – potrà solo marginalmente essere scollegato dal suo territorio e dal contesto comunitario.
Nel suo libro “Le Mafie di mezzo” (Donzelli) Vittorio Martone ha condotto uno studio documentato anche su come gli spazi culturali siano ridotti a un simulacro della vita urbana, quasi a livello di residui di un passato di cui non si conserva alcuna memoria o cartoline per turisti a cui si testimonia ciò che non esiste più.
Il Museo della Mente respinge con forza questo destino, sia perché è calato a livello fisico e cerebrale nelle stesse stanze dove venivano realizzate le distorsioni della cura psichica, sia perché cerca ostinatamente di testimoniare il suo passato e riconvertirsi in una funzione positiva e di memoria.
Nell’ambito di questa missione, a inizio novembre, in collaborazione con il Museo del Manicomio di San Servolo di Venezia, si è tenuto al Santa Maria il convegno Musei, Memorie e Narrazioni per la salute mentale. Anche quest’anno, come già nel 2018, musei, aziende sanitarie, cooperative e associazioni culturali che realizzano attività legate al “paesaggio culturale degli ex ospedali psichiatrici e alla salute della comunità” sono stati così i protagonisti un momento di incontro e di condivisione delle esperienze che contribuiscono a realizzare, con e per la cittadinanza, un nuovo modo di leggere e comunicare il disagio psichico, promuovendo conoscenza e benessere.
Edizioni Contrasto nel 2015 ha ripubblicato un reportage del fotografo Gianni Berengo Gardin realizzato a fine anni Sessanta negli istituti psichiatrici italiani. Quella documentazione, all’epoca, entrava di prepotenza all’interno di strutture proverbialmente chiuse e faceva luce – nel vero senso del termine – su condizioni e situazioni che fino a quel momento non dovevano essere mostrate. Visitare di persona quei luoghi, anche oggi, è un’occasione non solo per capire il livello repressivo che possono ricoprire gli spazi istituzionali, ma vivere sulla pelle un disagio di cui è difficile liberarsi. Aldilà a cui accennavamo, il Padiglione VI del Santa Maria dimostra come anche nella reclusione e nel disagio psichico si possono produrre forme d’arte sorprendenti. Per esempio, la parete di Oreste Fernando Nannetti.
L’antropologo Franco La Cecla, nei suoi consueti attacchi agli archistar, accusa la nuova urbanistica di essere l’ancella del formalismo architettonico, che si vende solo a chi la chiama per ratificare decisioni più grandi stabilite in altre sedi. Partendo dall’esperienza del Museo della Mente, tutto il complesso gigantesco del Santa Maria, ancora incompleto e con un destino incerto, mostra che si possono conservare e convertire forme di memoria e funzionalità sociale intense e percorribili.
In queste settimane, tra l’altro, sono ancora in corso gli incontri informativi sulle forme di demenza dedicata alla cittadinanza. Il servizio di geriatria e il Centro di Disturbi Cognitivi della locale Asl, dopo la grande partecipazione della prima edizione, hanno messo in campo un nuovo ciclo di conferenze dal titolo “L’alzheimer e le altre demenze”. Diversi appuntamenti (i prossimi il 6 dicembre, il 10 gennaio e il 31 gennaio) dedicati alla storia della malattia, ai sintomi cognitivi e funzionali, alle terapie farmacologiche ma anche ai disturbi comportamentali legati alle demenze e alla cura e all’assistenza del paziente al domicilio, oltre che al percorso sul territorio.
Gli eventi, realizzati nell’ambito delle attività del Centro Internazionale di Promozione della Salute e del Benessere, sono ad ingresso libero e si terranno presso il Comprensorio di Santa Maria della Pietà, nel Padiglione 26. L’apertura alla collettività di uno spazio destinato fino a pochi anni fa alla reclusione e l’isolamento sembra la soluzione del tutto in linea con gli obiettivi e il percorso che ha animato tutta l’esperienza originaria del grande neurologo Franco Basaglia, per il quale, in occasione del quarantennale della morte, il prossimo anno sono già in programma numerose celebrazioni.
[La foto del titolo è stata diffusa da Letizia Tasselli su Flickr.com con licenza creative commons]