Un materasso che nessuno Ama
Non sapevamo che sarebbe diventato un esperimento per comprendere la capacità di risposta dell’amministrazione alle esigenze del cittadino, non era certo questo il nostro scopo; al contrario del diffuso pessimismo, eravamo certi che la questione si sarebbe risolta facilmente, anche se qualche sospetto, dopo questo anno vissuto pericolosamente con l’immondizia ogni dove, ce l’avevamo.
Del resto vai a capire se effettivamente i romani hanno iniziato a buttare in strada immondizia per colpire la sindaca Virginia Raggi o se nonostante l’alta qualità dei servizi offerti ai cittadini (così dice il Comune), questi sono diventati una massa di zozzoni senza rispetto, tanto da ingombrare con armadi, poltrone, frigoriferi e quant’altro gli spazi accanto ai cassonetti.
Noi avevamo da buttare un materasso e ancora non siamo riusciti a farcelo portare via da Ama. Direte: era agosto. Lo sappiamo che non una buona risposta. Insomma non vale più, semmai è valsa. Intanto però siamo a settembre, ed è un mese che aspettiamo.
Non tutti sanno, o forse lo sanno in troppo pochi, che esiste un servizio di ritiro per i rifiuti pesanti. Il furgone arriva sotto casa e il servizio è gratuito. Con pochi soldi salgono al tuo piano e via, la cosa è fatta. Fantastico. Con un’opportunità del genere perché mai buttare in strade vecchi oggetti che non utilizziamo più?
Ma l’esperienza, come avrete capito da queste poche righe ironiche, non è andata come auspicato e promesso dal sito web dell’Ama dove si trovano le indicazioni sul servizio di ritiro a domicilio. Nella nostra piccola, ma credo significativa disavventura, non c’è una risposta generale o una accusa, si tratta di una fotografia di un servizio che nel nostro caso non ha funzionato. Sta forse in questo episodio la chiave per comprendere la degenerazione dei cosiddetti rifiuti ingombranti che per cercare di non rattristarci troppo fotografiamo e postiamo da mesi? Non lo so.
Convinco un mio caro amico a prendersi il mio materasso ancora buono, lui ne ha uno vecchio, s’era lamentato più volte di mal di schiena e altro. Trasportarlo non è però facile, ci vuole un poco di organizzazione e un’auto capiente. In qualche modo riusciamo a portarlo a destinazione. Il vecchio materasso, lo arrotoliamo su sé stesso, per quanto possibile, e lo fermiamo – per evitare che si riapra – con del nastro per pacchi. Fatto. Non ci vorrà niente per portarlo davanti al portone, il giorno in cui i lavoratori dell’Ama passeranno per il ritiro. Basta una telefonata e la cosa è fatta. Invece non è così: lo sospettavate, eh?
Il 5 agosto una voce registrata che risponde al numero Ama ci invita a riprovare più tardi o in un altro momento non essendo in grado di rispondere per le tante persone che stanno chiamando. La formula non è esattamente questa, ma ci somiglia. Proviamo e riproviamo più volte senza riuscire a parlare con qualcuno, sempre considerando che ogni chiamata dura tra i 7 e i 10 minuti: passiamo parecchio tempo in attesa, tuttavia non raggiungiamo il nostro scopo.
Chiameranno in tantissimi? Può capitare di trovarsi in difficoltà. Rimandiamo quindi al giorno successivo. Il 6 agosto purtroppo la situazione non cambia, lunghe attese con un disco che alternativamente dice: “Dieci telefonate avanti a te, attendere un operatore”, altrimenti: “Il tempo di attesa è lungo, richiama”. Anche il 6 agosto non ha esito positivo il nostro tentativo di entrare in contatto con Ama. Che fare?
Potremmo portare il nostro materasso direttamente in un Centro di raccolta, che però è distante da e onestamente ci risulta scomodo. Quindi optiamo per un’altra via offerta dalla municipalizzata romana – all’Ama le pensano tutte! – quella di inviare una email per essere poi ricontattati e prendere un appuntamento. Semplice, moderno, pratico, che ci vuole?
Inviamo l’email il 6 agosto ed oggi, 2 settembre, nessuno ci ha contattato. Noi siamo un poco tristi e il materasso anche.
[La foto del titolo, scattata a Monteverde nel 2008, è di Rinko Starr ed è stata diffusa con licenza creative commons su Flickr.com]