Conto alla rovescia per gli assistenti educativi

Siamo nel cuore dell’estate, le scuole sono chiuse da settimane, ma nella Capitale il destino di più di 2.500 assistenti educativi e culturali potrebbe cominciare a delinearsi meglio già da ora.

Martedì 30 Luglio la commissione Scuola del Comune si è riunita per esaminare una proposta di delibera popolare che chiede di internalizzazione un servizio che coinvolge non solo le famiglie che hanno bambini con disabilità, ma più in generale tutta la capacità di ricettività di un sistema scolastico già provato da tagli e burocrazia.

Fino all’inizio degli anni Duemila tutto il personale che collaborava con il corpo docente nel sostegno e l’accoglienza dei minori portatori di handicap era interno o gestito direttamente dal Comune. Poi, con la stagione delle privatizzazioni, il reclutamento e la regolarizzazione degli Assistenti educativi e culturali (Aec) è stato incasellato nella sfera delle cooperative private.

La delibera di iniziativa popolare promossa dal Comitato romano Aec, sottoscritta da 12.000 romani, ha di sicuro il merito di fare luce sulla precarietà delle condizioni contrattuali dei lavoratori del settore. Gare d’appalto al ribasso e pagamenti a singhiozzo rendono complicata la vita degli operatori, che percepiscono uno stipendio praticamente a cottimo, solo per le ore in cui riescono a collaborare effettivamente con i bambini in classe.

Ora la giunta Raggi ha sei mesi di tempo per pronunciarsi sulla delibera.

Nel frattempo la discussione iniziata nella commissione Scuola è indicativa delle opportunità, dei meriti e dei costi che il sistema delle cooperative, il cosiddetto privato sociale, può comportare per il Comune e per la collettività romana.

Per Germano Monti, portavoce del comitato romano Aec, così come è strutturata, l’intermediazione dei privati comporta solo spese e perdite aggiuntive per tutta l’amministrazione. Secondo Monti, il Comune avrebbe pagato cifre altissime per l’istituzione di corsi di formazione e specializzazione che non sono mai partiti. E la vicenda di Mafia Capitale ha dimostrato come anche il terzo settore può essere preda da esperti del malaffare senza scrupoli.

Il percorso intrapreso dalla delibera può portare insomma a un’analisi dei costi e benefici chiara e trasparente per consentire alla Giunta comunale una scelta più lucida.

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