Il verde a Roma ha bisogno di regole e soldi
A Roma, tra le tante emergenze aperte, c’è quella del verde pubblico. Mai prima d’ora le aree verdi dell’Urbe si sono trovate in una simile condizione di degrado, inutilizzabili, sporche e, in alcuni casi, avvertite anche come un pericolo, per il rischio di incendi e di crolli di rami ed alberi.
Al tempo stesso, mai prima d’ora così tanti gruppi di cittadini si sono organizzati a tutela del patrimonio verde della città: dalle ville storiche al filare di alberi al giardinetto sotto casa.
A partire dagli ultimi mesi del 2017, a Roma, abbiamo assistito ad interventi massicci di abbattimento di alberi, effettuati dalle ditte private che si sono aggiudicate i lotti dell’appalto indetto dalla Giunta Marino nel 2015 per la manutenzione urgente del cosiddetto “verde verticale”.
Ecco, bisogna essere chiari: oggi la cura degli alberi, nella Capitale, non viene effettuata più dal Servizio Giardini, ma è stata esternalizzata. Una scelta molto discutibile ma che forse si giustificava, all’epoca in cui il bando fu indetto, per almeno tre ragioni.
La prima: il Servizio Giardini conta ormai più o meno 200 giardinieri (erano circa 2000 vent’anni fa) ai quali sarebbe teoricamente affidata la cura dei circa 320.000 alberi e 44 milioni di metri quadrati di verde di Roma.
La seconda: il verde pubblico romano versava – e versa tuttora – in condizioni disastrose, dopo almeno un decennio di grave incuria ed abbandono, con l’intensificarsi di episodi di caduta di rami ed alberi che arrecano danni a cose e persone (episodi peraltro enfatizzati dalla stampa: un pino che cade su un’auto parcheggiata fa notizia, mentre 300.000 alberi sani che restano in piedi, o uno scontro tra due auto ad un incrocio, non fanno notizia);
La terza: il Dipartimento Ambiente ed il Servizio Giardini di Roma Capitale sono state tra le strutture amministrative maggiormente interessate dall’inchiesta “Mondo di mezzo” sulla corruzione e la penetrazione della criminalità organizzata a Roma (uno dei sistemi di finanziamento e riciclaggio del denaro era quello di disporre l’abbattimento di alberi e poi provvedere alla sostituzione mediante “affidamento diretto”, acquistando il servizio da un vivaio “amico”).
Possiamo comprendere dunque che, in una fase emergenziale, l’amministrazione guidata da Marino (succeduta alla Giunta Alemanno) abbia ritenuto di pagare qualcun altro per fare ciò che dovrebbe essere compito del Comune: assicurare il decoro, la bellezza e la salubrità della città mediante la cura del verde e in particolare degli alberi.
Ma, dopo questa prima annotazione, dobbiamo ribadire un principio: il verde è un servizio pubblico, come la mobilità, o l’istruzione.
Il verde è un servizio pubblico, come la mobilità, o l’istruzione
Cerchiamo ora di capire meglio cosa prevede il bando del 2015, che la Giunta Raggi ha comunque portato a compimento, assumendosi quindi il compito – quanto meno – di vigilare sulla corretta esecuzione del servizio.
La gara in sostanza assegna ai privati il “monitoraggio” delle alberature; il compito di potare (e, se necessario per la sicurezza, abbattere) gli alberi; la responsabilità per i danni che – nel periodo di durata del contratto – vengano prodotti dalla caduta di alberi e rami.
Inoltre, la gara è al massimo ribasso e le imprese partecipanti non devono garantire che, per l’esecuzione delle operazioni di taglio e potatura, si serviranno di personale in possesso di specifiche professionalità del settore.
In un quadro simile, anche il più onesto degli imprenditori sarebbe spinto a tagliare – passatemi il gioco di parole – il più possibile, limitando al contempo gli interventi di messa in sicurezza delle essenze arboree.
In un quadro di gare al massimo ribasso, anche il più onesto degli imprenditori sarebbe spinto a tagliare più alberi possibile
Abbattere un albero piuttosto che effettuare interventi mirati di cura o “salvataggio” (si parla, in questi casi, di “dendrochirurgia”) costa di meno, può essere fatto da personale scarsamente specializzato, ad un minor costo, e pone al sicuro dai rischi di futuri contenziosi per danni.
Inoltre, come ho potuto verificare all’esito di un accesso agli atti riguardante l’abbattimento degli storici pini domestici di Via Appia Nuova, sebbene le ditte si siano giustamente preoccupate di far svolgere delle perizie agronomiche prima di intervenire sugli alberi, questi pareri non sono stati mai vagliati da un funzionario del Servizio Giardini.
Se a questo aggiungiamo che – a seguito delle modifiche apportate all’art. 185 del cosiddetto “Codice dell’Ambiente” (Decreto legislativo 152/2006) dall’art. 4 della Legge 154/2016 – gli scarti degli interventi di manutenzione del verde urbano (“la paglia, gli sfalci e le potature”) non costituiscono più rifiuti in senso stretto, ma possono essere “valorizzati” destinandoli agli impianti di produzione di energia tramite biomassa, possiamo ben comprendere che – senza un’adeguata vigilanza da parte delle strutture pubbliche – l’affidamento ai privati della cura del verde ci porterà in breve a vivere in una città senza alberi di prima grandezza, terra desolata e cementificata, sempre più calda e dall’aria sempre più irrespirabile.
Perché gli alberi non sono solo belli: sono anche utili per il nostro benessere
Perché gli alberi non sono solo belli: sono anche utili per il nostro benessere. Un filare di alberi in un viale può ridurre la temperatura, in estate, dai 2 agli 8 gradi.. I pini di Roma diffondono naturalmente, al di sotto del loro “ombrello” umidità e refrigerio, proprio come quei singolari macchinari metà ventilatori, metà annaffiatori, con cui i bar e le trattorie cercano di rinfrescare chi siede nei tavolini all’aperto.
Vi sono specie che purificano l’aria dall’inquinamento atmosferico, come il tiglio o il bagolaro, tipico del Lazio. Inoltre gli alberi contribuiscono alla stabilità del terreno drenando l’acqua in eccesso nei quartieri costruiti su zone argillose e umide, come nel caso dei pioppi dell’area di Viale Giustiniano Imperatore (dove alcuni palazzi si sono inclinati perché sprofondati nel terreno).
Per non parlare dei casi in cui, sui terreni scoscesi, la presenza di alberi contribuisce al contenimento del rischio di frane e smottamenti.
Mitigazione del cambiamento climatico, riduzione dell’inquinamento atmosferico, consolidamento del terreno. Nel medio e lungo periodo investire negli alberi paga.
Se un autobus troppo vecchio va a fuoco nessuno dice che bisogna fare a meno del trasporto pubblico (per ora). Se un pino troppo vecchio cade al suolo si dice che bisogna eliminare i grandi alberi dalle città.
Come per tutti i servizi, però, affinché il verde urbano “funzioni” occorrono regole chiare e fondi adeguati. Vivere in una città fresca, pulita e piacevole è un nostro diritto di cittadini: non è un optional. E per realizzare i diritti, per “rimuovere gli ostacoli”, come dice la Costituzione, l’apparato pubblico deve spendere soldi e dotarsi di uffici e personale.
Tuttavia, l’impoverimento non solo economico, ma della nostra stessa coscienza civile, ha portato molte persone a vedere gli alberi in città come un costo eccessivo o addirittura un pericolo.
Se un autobus troppo vecchio va a fuoco nessuno dice che bisogna fare a meno del trasporto pubblico (per ora). Se un pino troppo vecchio cade al suolo – magari anche perché, per via dei lavori per la metropolitana, se ne sono danneggiate le radici – si dice che bisogna eliminare i grandi alberi dalle città.
Quello che occorre, dunque, è una disciplina rigorosa e risorse adeguate.
Cominciamo dalle risorse: quanto deve spendere una città come Roma per la tutela del verde? Non so fornire una risposta esatta, ma sono in grado di individuare qual è il problema principale con cui chiunque ha rivestito e rivestirà il ruolo di Sindaco della Capitale è destinato a scontrarsi: il famigerato “patto di stabilità”.
Fino a quando gli enti locali continueranno ad essere stretti nella morsa del contenimento della spesa, non sarà possibile riportare la macchina a regime.
Veniamo quindi alle regole.
Roma è tra le grandi città italiane forse l’unica ad essere ancora priva di un Regolamento del verde pubblico. In discussione sotto la Giunta Marino, il Regolamento – a due anni dall’insediamento – è ancora in discussione sotto la Giunta Raggi.
Dotarsi di un Regolamento è fondamentale perché solo grazie all’imposizione di precisi criteri tecnici, requisiti professionali del personale addetto, tempistiche, obblighi a carico degli uffici pubblici e dei privati incaricati del servizio, è possibile innalzare il livello di qualità del nostro verde pubblico. In questo ambito, una proposta semplice ed immediata è quella di aumentare la trasparenza, così che – se il Servizio Giardini non è in grado di vigilare sull’operato delle ditte – almeno si dia questa possibilità ai cittadini.
Il Regolamento dovrebbe quindi stabilire che tutti gli interventi di potatura ed abbattimento di alberi (salvo quelli d’urgenza, per motivi di sicurezza) siano resi noti online, sul sito del Comune, da 60 a 10 giorni prima. In tal modo si consentirebbe a comitati e cittadini di far periziare gli alberi a rischio taglio prima dell’accensione delle motoseghe.
Un regolamento per stabilire come e quando fare gli interventi di potatura ed abbattimento di alberi (a parte le urgenze), anche per poter fare perizie prima che arrivino le motoseghe
In questi mesi, non è mai stato possibile contestare puntualmente sotto il profilo tecnico le operazioni di taglio: nel momento in cui un accesso agli atti parte, in genere gli alberi sono stati già tutti tagliati, e diventa impossibile far svolgere una perizia completa (e, comunque, a quel punto la frittata è fatta).
Inoltre occorre realizzare, per la gestione del verde, un vero decentramento amministrativo. La struttura del Municipio è inutile, se non può disporre di risorse proprie: questo vale per la manutenzione delle strade come per la cura del verde. D’altra parte, assegnare ai Municipi la gestione di aree verdi più vaste rispetto a quelle che hanno attualmente in carico (fino a 5000 mq) potrebbe rivelarsi un boomerang, se non si aumenta anche il loro bilancio.
Infine, un impatto notevole sul nostro giardinetto di quartiere lo avrebbe anche una migliore programmazione urbanistica.
Se alzassimo lo sguardo ci accorgeremmo che, a Roma, il servizio-verde pubblico è in crisi per ragioni non molto diverse da quelle del servizio di trasporto pubblico o di manutenzione della rete viaria.
Una città sterminata ed espansa – in cui la variante al PRG è la regola, ed il rispetto del PRG è l’eccezione – comporta maggiori costi per la collettività. Più vasta è la superficie di cui prendersi cura – su cui allocare trasporti, strade ben tenute, acqua e luce, verde pubblico, asili, reti di smaltimento dei rifiuti – più alto ed esponenziale è il costo per l’apparato pubblico.
Lo sviluppo disordinato della città fa aumentare il costo di tutti i servizi, a beneficio della speculazione edilizia privata. Puntare sull’espansione e l’edificazione di nuove aree, anzi che sul recupero e sull’ottimizzazione dell’esistente non produce ricchezza e lavoro (se non per un brevissimo periodo) ma solo un “debito ecologico”, che poi non è altro che un peggioramento della qualità di noi cittadini.
A parole, negli ultimi anni, molte forze politiche si sono dichiarate contrarie a questo modello di sviluppo. Eppure continuiamo ad assistere ad operazioni come la Nuova Fiera di Roma, l’ipotesi di costruire un intero nuovo quartiere (con annesso stadio) a Tor di Valle, la realizzazione di un nucleo abitativo (asseritamente per ragioni di housing sociale) a Santa Palomba, all’estrema periferia sud della città. Tanto per dirne qualcuna.
Quando ci sediamo su una panchina sfasciata, in mezzo alle erbacce e senza ombra, ricordiamoci anche di questo.
[La foto del titolo, “Circo Massimo”, di L’Uomo Invisibile, è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]