Mi piace andare a correre. Mi convinco di questa cosa soprattutto quando passo vicino a Villa Pamphili.
In quella che in molti e con così tanta convinzione chiamano realtà dei fatti so benissimo che non potrò mai partecipare alla maratona di Roma. Probabilmente non andrò nemmeno mai a vedere da vicino chi riesce a vincerla o portarla a termine.
Tutte le volte che mi metto le scarpe da ginnastica però, penso che forse non è ancora troppo tardi per prepararmi ai venti chilometri della famigerata corsa Roma-Ostia, e soprattutto, che se mai riuscirò davvero ad arrivare al traguardo, lo farò solo ascoltando Long distance runner dei Fugazi o Earthen dei Lento.
Specie per chi è sempre vissuto all’Eur o al Portuense, la distanza dal mare potrebbe quasi sembrare impercettibile.
Quando sei li però e ti trovi a lasciare la macchina un pò più lontano dai parcheggi corrazzati degli stabilimenti, capisci che Ostia non solo non è più Roma, ma che è anche davvero distante da tutto.
La realtà particolarissima di un quartiere che si affaccia sul mare, ma non riesce mai a viverlo fino in fondo e che, allo stesso tempo, è abbagliato da vicino dalla bellezza de la capitale, ma finisce per patirne solo i disservizi e i fastidi segna inequivocabilmente il modo di sentire l’appartenenza o i livelli di sopportazione della privazione di chi è li da sempre.
I dodici brevissimi racconti che compongono Ostia!, Romanzo di una periferia, un raccolta edita da Red Star Press, sondano perfettamente il malessere e quel paradigma comportamentale che caratterizza solo chi vive a Ostia e che ha finito per temprare una senso di solitudine tipo quella dentro la casa vuota del vecchio video Get me dei Dinosaur jr.
Molto prima però dell’arrivo clan Spada o degli incendi a Castelfusano.
Chi è particolarmente affezionato al film Amore Tossico di Claudio Caligari riconoscerà qui protagonisti scenari e situazioni familiari che tornano su come la bara di Queequeg in Moby Dick e arricchiscono di simboli e significati un capolavoro del nostro cinema degli anni 80.
In alcune pagine Rastablanco dei Radici nel Cemento, una storica band reggae del litorale, ricorda chi parlando della California, ha scritto che lì le rivoluzioni sono sempre fallite per l’inconveniente di avere il sole in testa e il mare accanto.
A Ostia ci sono molte altre distrazioni. Non è proprio andato tutto perso però, anzi alcune esperienze raccontate qui, come la nascita dello Spaziokamino hanno a che fare da vicino con una specie di western messicano degno di Pino Cacucci.
Il racconto nei vagoni della Roma-Lido di Ilaria Beltramme con rimandi alle atmosfere di un disco seminale come Jerusalem degli Sleep ha qualcosa di mistico e sublime.
Scopriamo anche che Emanuele Bevilacqua non è solo un grande caratterista del cinema, ma anche un grande narratore. Ha così tante risorse che potrebbe fare una battuta per ogni podista per ogni della Roma-Ostia…