Quer pasticciaccio brutto der Pd
Non è chiaro nemmeno ai militanti Pd più ferventi, quei pochi rimasti (ferventi), se ci sia da ridere o da piangere, sulla sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Roma in una causa sull’organizzazione del partito.
Nei giorni scorsi il tribunale ha dato ragione a due ex militanti , componenti dell’ultima assemblea eletta dall’ultimo congresso (nel 2013), del Pd della Capitale, che avevano fatto ricorso contro una delibera dell’11 giugno 2015 del commissario romano, il deputato Matteo Orfini. Quella delibera, varata dopo Mafia Capitale, prevedeva la riorganizzazione dei circoli accorpandoli e/o chiudendoli, in base al famoso Rapporto Barca.
Quello che è chiaro, sempre ai ferventi, è che sul debito pregresso, maturato o ereditato dal PD Roma sono state dette molte cifre, ma da ieri il Pd di Roma ha sicuramente 18.894 euro (esclusa Iva e marche da bollo) in più sul debito complessivo. Si dirà, ma c’è sempre l’appello ! Certo, ma si rischia di raddoppiare la posta: altri 37.788 euro di debito.
Il commissariamento del PD Roma va avanti da quasi tre anni, e tra un po’ scatterà la prescrizione, ma facciamo un salto indietro: 28 novembre, 2 dicembre e 4 dicembre del 2014 .
Il 28 e 29 novembre 2014, a un anno dalla sua elezione, il segretario romano Lionello Cosentino convoca al teatro Quirino un appuntamento di due giorni con tutto il partito romano (e non solo) per tornare a discutere dei problemi della città e per tentare di allacciare, instaurare, consolidare un rapporto politico con il Sindaco Ignazio Marino, candidato ed eletto dal Pd, componente della Direzione Nazionale del Pd, ex Senatore del Pd ma in lite perenne con il Pd, tranne nei momenti in cui viene candidato a qualcosa.
Nel parterre del Quirino, oltre a dirigenti di livello nazionale, si riaffaccia anche la cosiddetta società civile (i militanti di partito – tra i quali si annovera chi scrive – come è noto, sono degli incivili) tra cui il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.
Il magistrato fa un bellissimo intervento che fotografa le forze della criminalità organizzata che operano nella Capitale, mettendo in guardia la classe politica dalle possibili infiltrazioni. L’intervento di Pignatone è applauditissimo dai militanti del Pd e suscita molto compiacimento tra gli organizzatori della kermesse.
Il 2 dicembre, cioè tre giorni dopo la fine della conferenza programmatica del PD Roma scatta l’inchiesta Mafia Capitale, che porta la firma proprio del Procuratore Pignatone. Tra gli indagati c’è di tutto: ex NAR, ex Banda della magliana, ex detenuti redenti diventati imprenditori del sociale, ex militanti del Pci-Pds, ex missini, ex sindaci di Roma, ex democristiani oggi neo-democratici, alti burocrati di stato, funzionari amministrativi, varia umanità. L’inchiesta si basa su intercettazioni telefoniche e pedinamenti e parte da un sequestro di 500 kg di cocaina operato su una barca da diporto, ma la cocaina resta sullo sfondo e quello che emerge è un intreccio poitico-affaristico dentro gli appalti del comune di Roma con un periodo temporale ben determinato: dal 2010 al 2013. Le inchieste insomma sono relative al periodo della giunta di Alemanno, anche se lambiscono anche quella Marino.
Il 4 dicembre il segretario Matteo Renzi dimissiona Cosentino ed insedia Orfini, presidente dell’assemblea nazionale Pd, commissario di Roma. Orfini azzera tutto: segreteria, direzione ed assemblea democraticamente eletta dai militanti iscritti. Non pago, il neo commissario spara a zero contro il partito romano, da azzerare in toto, esclama all’assemblea romana alla quale ha appena comunicato lo scioglimento: è guerra aperta.
Con Orfini si schierano ovviamente la corrente dei giovani turchi romani – piccola ma agguerrita, che ingloba tutta la sezione giovanile del partito – e naturalmente i turbo-renziani che a Roma, come si suol dire, non hanno mai toccato palla.
Per recuperare sullo scontro iniziale, Orfini affida a Fabrizio Barca il compito di censire, vagliare e verificare il lavoro politico fatto negli ultimi anni da tutti i circoli territoriali del PD Roma, lavoro che sfocerà nell’interessante ma ignorato da tutti Rapporto Barca.
Si tratta di un bellissimo trattato di sociologia politica come non si faceva, o probabilmente non si è mai fatto, da anni. Dentro c’è di tutto: numeri, indicatori, tendenze, comportamenti e costumi politici, battaglie ed iniziative politiche fatte in tutti i quartieri romani che mettono in risalto un dato inequivocabile, ovvero che a dispetto del dogma degli ultimi 30 anni che vede i partiti, o il partito per eccellenza della sinistra, morti, c’è invece un partito, tanti piccoli partiti rappresentati dai circoli che come le formiche nel loro piccolo operano, lavorano, si indignano, producono classe dirigente e forniscono linfa politica al Partito Democratico.
E proprio perché scomodo e rivoluzionario, il rapporto resterà volutamente ignorato. Il lavoro termina a giugno del 2015, e non è privo di tensioni fra l’estensore ed i militanti: un partito cattivo e pericoloso tuonerà Barca, a metà dell’opera, in un intervista a Repubblica.
A luglio, consegnato il rapporto – i risultati saranno presentati alla Festa dell’Unità romana del Parco delle Valli che vedrà l’ultimo comizio, disperato, di Ignazio Marino – Orfini si muove e riorganizza il partito: chiusure, accorpamenti, nuova organizzazione municipale, nomina di sub-commissari municipali (tutti non romani e quasi tutti deputati) che dovranno accompagnare la transizione e verificare la bontà del tesseramento.
Dalla famosa delibera dell’11 giugno 2015 che sancisce la riorganizzazione parte il ricorso legale di due ex-componenti dell’assemblea romana e inizia una lunga partita giudiziaria che vede nuove delibere di riorganizzazione del Pd Roma, nuove proroghe al commissariamento romano (secondo lo Statuto Pd può durare al massimo un anno) di Orfini e ora assegna con non poco clamore il primo match agli ex iscritti al Pd, con la condanna in primo grado.
Dal luglio 2016 il PD non amministra più Roma: a ottobre del 2015, a seguito del finto scandalo degli scontrini denunciato dal Movimento 5 Stelle, Marino si dimetterà, poi ritirerà le dimissioni, ed infine i consiglieri del Pd, caso unico al mondo e nella storia occidentale, si recheranno in uno studio notarile per certificare le loro dimissioni tra lo sconcerto dei militanti romani del PD. Dopo 6 mesi di commissariamento affidato al prefetto Tronca, a marzo 2016 si tengono le primarie carbonare tra Giachetti e Morassut, con l’episodio comico delle schede bianche gonfiate. Poi, tra l’indifferenza della città. Si svolgono le elezioni comunali, con la netta affermazione del M5s e l’elezione plebiscitaria della prima sindaca donna di Roma: Virginia Raggi da Ottavia.
Ma Orfini è sempre li, non molla. Ha contro il partito romano, ha contro gli elettori romani e quando incontri qualche militante del PD disilluso o che non ha rinnovato la tessera e gli chiedi: chi voterai alla primarie nazionali, Orlando o Renzi? Orfini con chi sta?, risponde. Con Renzi. Allora voto Orlando.
[La foto del titolo è di Alessandro Capotondi. La foto di Matteo Orfini è della Fondazione VeDro. La foto di Fabrizio Barca è di Uk In Italy. Tutte sono state diffuse con licenza Creative Commons]
Caro Roberto condivido la tua analisi , dobbiamo ripartire dalla base. Come presidente di circolo ti auguro di riuscire a contattare quante più persone per dare loro
La certezza che possiamo riprenderci il partito!! !!!!!!!
Umberto Crociani