Il punto C. Una storia di cantieri e sesso
Qualche tempo fa una mia amica mi ha raccontato che, quando faceva l’amore con il suo fidanzato, quest’ultimo recitava le tabelline.
Pare lo facesse per distrarsi e non rischiare di arrivare troppo in fretta. Questo poteva sicuramente essere considerato un gesto apprezzabile, anche se (come la mia amica mi ha confessato) sentirsi dire trepersetteventuno, treperottoventiquattro, trepernoveventisette mentre stai facendo sesso non è propriamente l’avverarsi di un sogno erotico.
Ma, a quanto pare, lei sarebbe stata persino disposta ad archiviare la cosa come una bizzaria trascurabile, se non fosse stato che lui le tabelline non le sapeva e che quindi ogni tanto doveva fermarsi per fare di conto.
Fino alla tabellina del cinque non c’era problema, ma quando si arrivava a quella del sei la mia amica cominciava ad agitarsi perché sapeva che dopo poco il suo fidanzato si sarebbe bloccato, cosa che puntualmente avveniva con le tabelline del sette e dell’otto.
Infatti a quel punto lui rallentava, cominciava a fare i calcoli aiutandosi con le dita, alla mia amica saltavano i nervi e tutto andava a finire miseramente.
Questa storia mi ha ricordato la tribolata perforazione del suolo romano per la creazione della metro C: anche qui calcoli, riconteggi, interruzioni e rallentamenti hanno spazientito tutti.
Ma è proprio di questi giorni la notizia che, con sei anni di ritardo, anche la stazione di San Giovanni è stata terminata e in autunno la linea C potrà finalmente collegarsi con la linea A rendendo sensato il termine “rete metropolitana”. Dieci anni di lavori, 3,7 miliardi di euro di costo e un prolungamento fino a Colosseo che sembra chimerico quanto il ponte sul Brandivino nella Terra di Mezzo di J. R. R. Tolkien non mi fanno capire quanto ci sia da rallegrarsene.
Comunque sia, proprio in questi giorni la mia amica ha lasciato il fidanzato. Lui pare che stia sotto un treno.
[La foto, “Metro C: Work in progress”, è di Bruno ed è stata diffusa con licenza Creative Commons]