Gli indignati del grande freddo romano
Il titolo più strappalacrime è stato quello del Corriere della Sera: “I nostri bambini lasciati al freddo”. Immagino la titolista, o il titolista, afflitto e rattristato. Chissà se anche lui, o anche lei, sia andata a prendere il figlio a scuola per evitargli il congelamento. Perché molti genitori della scuola frequentata da due dei miei tre figli lo hanno fatto. Prima, però, hanno riempito le chat What’s App di decine di messaggi angosciati, preoccupati, irati, perché i riscaldamenti non erano stati accesi per tempo o non funzionavano (la caldaia è poi partita verso le 12).
A contribuire alla diffusione del panico sono state anche le maestre, avvertendo che le famiglie potevano andare a riprendere i figli, viste le temperature polari. Le stesse maestre hanno pensato bene anche di non portare fuori i bambini (vestiti comunque in media come se andassero a scuola a Oslo sotto la neve), in giardino, al sole, a correre e a scaldarsi, almeno per un po’.
Come al solito, più che dal generale Inverno, Roma viene sconfitta da se stessa. Città con tanti pregi climatici ma non abituata al freddo pungente, che subisce ogni volta come fosse la prima, continua a scontare i soliti problemi di approssimazione nell’amministrazione. E quindi, il piano “scuole calde” è andato a farsi benedire. Come molti altri piani del Campidoglio, non solo a guida grillina.
Nulla di stupefacente. Per questo, ciò che più stupisce, almeno me, o meglio: ciò che mi fa arrabbiare – è la reazione dei genitori. Che invece hanno accettato con fatalismo, fin qui, il fatto che nei giorni scorsi le scuole non siano state pulite dalla Multiservizi per un problema di contratto scaduto col Comune (così ci è stato riferito dalle autorità scolastiche attraverso i rappresentanti di classe).
E ancora prima, in pochi si sono indignati per il fatto di essere stati costretti a pagare di tasca loro la pittura delle classi, avvenuta durante le feste, fatta con spirito di servizio da genitori privi di assicurazione in caso di incidenti (un bidello si era offerto di farlo, ma la somma era astronomica). O di dover versare denaro ormai per un sacco di cose che dovrebbero essere previste di norma da una “Buona scuola”, senza avere almeno più voce in capitolo nelle decisioni delle scuole.
Invece no. Il dramma è scoppiato solo per tre ore in cui i nostri figli sono stati al freddo in classe, trasformando un piccolo disagio (che, ripeto, poteva essere affrontato meglio dalle docenti) in una crisi di nervi collettiva.
[La foto, di Caterina Mulieri, è stata scattata a Ostia lo scorso 6 gennaio]