Ostia narcotizzata sogna ancora le urne
Che il Commissariamento del Municipio X sarebbe stato prorogato lo si era intuito già il 22 novembre scorso. All’Idroscalo di Ostia andò a fuoco un capannone a tre chilometri dal Teatro “Fara Nume”, ma “Repubblica”, a rogo ancora acceso, scrisse: “Incendiato il teatro dove si sarebbe dovuta tenere lezione anti-mafia”. (Ri)apriti cielo! La notizia fece subito il giro d’Italia. “Pazzesco – commentarono da nord a sud – ma come si può vivere in un posto del genere? Neanche nel Bronx, quello degli anni sessanta però…”. E mentre le forze dell’ordine smentivano e altri giornali riferivano i fatti verificati (il capannone fatiscente ospitava infatti l’archivio del “Giornale di Ostia” e solo qualche scenografia del teatro in questione, unico nesso reale con la “narrazione fantasiosa” dei primi minuti), ecco il Senatore Stefano Esposito – calato ad Ostia dal Pd nel maggio 2015 come Commissario di partito dopo l’arresto del presidente Andrea Tassone, coinvolto con gravi accuse nell’inchiesta Mafia Capitale – pronto a diramare il suo dispaccio: “Fatto gravissimo, chiederò che il Commissariamento venga prorogato!”. Amen.
Ora c’è soltanto l’ufficialità in più. Il Consiglio dei Ministri, infatti, ha deciso che diciotto mesi di “pulizia dell’amministrazione locale” da parte del Prefetto Dott. Vulpiani non sono bastati. Ce ne vogliono altri sei. Alla notizia battuta dalle agenzie in tarda serata, non sono arrivati commenti, né dal Campidoglio – dove da anni il Municipio X viene citato solo per ricordare che Roma ha il mare – né dai partiti politici che hanno amministrato il litorale romano fino al 2015. Questioni di tempistica, forse. Ma neppure il giorno seguente sono arrivati segnali dal cielo “pentastellato”, né via chat, né su Facebook.
Dopo il Commissariamento iniziale passarono mesi prima che qualcuno in piena campagna elettorale per il Comune, guarda caso, utilizzasse il “caso Ostia” per raccogliere voti dal bacino marittimo, che non avrebbe votato per palazzo del Governatorato, ma per l’assemblea capitolina sì. Ritirarono fuori persino il referendum per l’autonomia. Il dopo Raggi è noto a tutti. Una visita al Grassi per omaggiare la nuova nomina del delegato al litorale, Giuliana Di Pillo – probabilmente il prossimo candidato presidente M5S -, una visita alla mostra per il centenario di Ostia “moderna”, un vicesindaco (poi diventato ex) che subentra in extremis al primo cittadino per inaugurare la pista d’atletica non ancora collaudata. La Sindaca nella sua ultima ed unica apparizione sul litorale dopo la nomina, ha tenuto a ricordare che sarebbe partito il “concorso” per la progettazione del nuovo “Skate park”, cosa già nota dallo scorso maggio perché oltre a chiedere con originalità la “valorizzazione del litorale di Roma” fu l’unica idea che l’allora candidato sindaco decise di promuovere. Sollecitata dai cronisti a prendere posizione su un’eventuale proroga del commissariamento di Ostia, la Raggi si lanciò in un “il diritto di voto è inalienabile”. Perle imperdibili, per cui i cronisti passerebbero volentieri anche un’intera notte sotto la pioggia.
Torniamo all’oggi. Di fatto ai cittadini del Municipio X viene impedito ancora di andare a votare. Molti però hanno più di un sospetto che l’operazione di legalità sia soprattutto un’operazione politica. Nelle scorse elezioni il M5S prese la maggioranza netta di preferenze in riva al mare. Perché rischiare, dunque, di regalargli anche il Municipio X? Tra un anno o due il Pd si sarà un po’ rifatto la faccia, dopo la vergognosa prova dell’ultimo eletto e forse il M5S ne avrà persa un po’, visti i tanti problemi del Governo Raggi. Il Prefetto Vulpiani intanto si occupa di ordinaria amministrazione, come legge vuole. In giro lo si vede soltanto se crolla una palazzina ad Acilia, altrimenti opera rintanato negli uffici di via Claudio e non comunica quasi nulla della sua attività.
I processi ai noti clan criminali Spada, Fasciani e Triassi vanno avanti, come è normale che sia. “Ma perché ora – si chiedono i cittadini/elettori – non possiamo tornare alle urne e decidere noi come voltare pagina?”. “Mica li favorivamo noi i criminali”, azzarda qualcuno, rischiando però automaticamente di essere definito “colluso”. In un territorio con un’identità precisa, in una città “normale”, insomma, le categorie protesterebbero e la società civile si ribellerebbe all’idea di non poter più votare per colpe non proprie. Ma Ostia sembra “narcotizzata” e forse sconta decenni di “servilismo” verso i partiti in Campidoglio. Generazioni politiche ed economiche cresciute con la mentalità dei “portatori d’acqua”, quasi questuanti verso Roma. “Dateci un po’ di potere e qualche investimento e noi vi portiamo i voti”. Ma oggi i politici che hanno fatto carriera partendo da Ostia, tanti e famosi, tacciono e guardano altrove. Gli unici a protestare sono gli opposti estremi: Casapound e SI-SEL. Ma hanno poco peso, così come le poche e ridimensionate testate locali, un tempo influenti nel dibattito civico. E Fiumicino intanto cresce e si sviluppa, specchio amaro di un’autonomia sfruttata al meglio, contrappasso beffardo al di là del Tevere di un rilancio che ormai gli “ostiensi” invidiano. Ostia, invece, agonizza, se è vero come è vero che “agonia” vuol dire “lottare contro la fine”.
Passeggiando sul lungomare di sera, tra lampioni spenti o intermittenti, il Pontile deserto e piazzale della Rotonda chiuso da mesi – con la pregiata fontana monumentale e il belvedere “dello Zodiaco” disegnato da Pier Luigi Nervi abbandonato alla sua rovina – la sensazione che si ha è che Ostia sia già morta da un pezzo. Intorno al Palazzetto delle Arti Marziali, disegno moderno, ma razionalista pure quello – che riprende le architetture nobili del passato dei Mazzoni, Piacentini e Libera – a due passi dalla stazione “fantasma” di Castel Fusano – c’è un esteso accampamento di roulotte. Non sono turisti che hanno trovato il loro funzionale stallo, ma disperati che ormai stazionano lì come se fosse normale: che si lavano alle fontanelle e fanno i bisogni dove capita. Le vie interne si sgretolano, l’asfalto cede, soprattutto tra Acilia e Ostia Antica dove va di moda il Suv “cingolato”. Ma anche via delle Baleniere, un tempo la “via del Corso” del commercio del Lido, sembra quasi sprofondare da un lato. Chi se ne occupa? Come stanno le cose? Chi lo spiega ai cittadini? Silenzio. Le “agonia” (o “agonali”) però erano anche “feste votive” dell’Antica Roma. Si sacrificavano animali agli Dei. E che si sia voluta “sacrificare” Ostia “all’altare della Legalità” (non potendo Commissariare Roma tutta) dalle parti di Piazza Anco Marzio – il salotto pedonale allo stesso modo tristemente desolato – lo pensano ormai in tanti. Ma la cittadinanza indolente, assuefatta, delusa forse da decenni di promesse e di connubi politica/illegalità, a capo chino si avvia verso il calvario quotidiano della Roma-Lido, o sulle intasate strade per Roma, la Colombo e la via del Mare.
I danni indiretti della continua campagna “Ostia uguale Mafia”, invece, si vedono eccome. Chi investirebbe oggi su un territorio dipinto come “peggio di Scampìa” o “di Reggio Calabria” da quasi due anni – anche quando la Mafia non c’entra nulla, come nel caso del teatro di cui sopra? La maggior parte dei residenti d’altronde può serenamente andare a correre in pineta o a giocare a “beach tennis” in spiaggia e, in fin dei conti, se ne infischia. Mentre i fasti del passato rivivono solo nei tanti set cinematografici o nelle videoclip musicali, proseguendo una tradizione che va da Pasolini a Caligari fino a Nanni Moretti. Gli ultimi della serie sono stati il gruppo “Thegiornalisti”. Hanno girato il loro video poetico proprio tra le palazzine liberty del lungomare e il cosiddetto “Pappagallo”, l’edificio colorato che affaccia sulla sonnolenta piazza Anco Marzio. Rievocando un passato glorioso che – citando il titolo del loro brano – mai come oggi sembra “Completamente” messo alle spalle.