Ordinaria amministrazione cercasi
“Sotto casa mia ce sta ‘na buca da un anno, mò je portamo le candeline”.
“Te pare che le luci ar capolinea de Rebibbia devono sta spente? C’avemo paura de sera”.
“Se qualcuno portasse via le foglie qui sotto, magari la strada non si allagherebbe quando piove”.
“Ma che ce vorebbe a dà ‘na pulita a ‘sto parco? Lo devo fare io?”.
Conduco tutti giorni un programma Tv che parla di Roma e fa parlare i romani. Alle telefonate in diretta abbiamo aggiunto da poco tempo una segreteria telefonica e i messaggi sono un fiume in piena. Mentre raccontiamo che Acea che sta sostituendo lampade vechie con “Led” in tutta Roma, Bruno replica: “Vabbe’ ho capito, ma qua a Villa Gordiani so’ spente da mesi”. Tutte segnalazioni circostanziate, che parlano di cose molto concrete, non troppo difficili da fare, se qualcuno le facesse. Perciò non si danno pace. Danno il polso chiaro della situazione giorno per giorno, basti pensare che a luglio era tutto un “i cassonetti so’ pieni!”, ma oggi no, visto che l’emergenza rifiuti è rientrata. Ora ce ne sono altre di “emergenze”, quelle di sempre, che in parte seguono le stagioni. Arrivano da persone “comuni”, se ha un senso questa definizione.
Non sono l’establishment che pensava vincesse Hilary, se volete, ma sono i contadini dell’Alabama/Trullo, che anziché Trump hanno fatto vincere la Raggi, come rivendica Grillo, che al miliardario “vicino al popolo” si è in qualche modo prontamente paragonato.
Pensionati, casalinghe, impiegati con senso civico, che forse non leggono Internazionale, ma che se passano davanti al degrado si incazzano ancora. Gente non “assuefatta” al peggio, che non demorde e chiede risposte “hic et nunc”, anche a costo di prestare il fianco alla risatina di qualche impiegato comunale che, ascoltandoli, penserà: “Ma che vole questo? Ha chiamato pure ieri. Ma ha capito che stamo a Roma e no a Bolzano?”.
Di solito hanno già provato a segnalare un problema allo 060606, sperando che gli operatori potessero risolverlo – senza sapere, ingenui, che loro al massimo ti danno un’informazione – o ai vari call center Ama, Acea, Municipio, ma nessun appello è valso un “pronto intervento”.
Perché a Roma se vuoi che ti vengano a pulire il giardino sotto casa devi pregare in ginocchio, a meno che non hai un amico, o l’amico dell’amico dell’amico che “aspetta mò ce penso io, chiamo coso che sta nell’ufficio tal dei tali e vedi come arivano”. E di solito, in quel caso, “arivano”.
Ma che vuole quel pragmatico popolo “Trumpraggista”, che non guarda con interesse ai grandi progetti futuribili, ma osserva con indignazione i disagi presenti?
Queste persone, che nella maggior parte dei casi hanno votato giustamente Virginia perché “aò, e mò basta” e che molto probabilmente non hanno letto le cronache della Raggi al “Cities for Life” di Parigi -dove ha promesso una Roma “Capitale della Modernità, mentre nella Classifica delle “Smart Cities” tra 105 comuni italiani Roma è malinconicamente ventunesima – non chiedono la luna. Non pretendono la sesta linea Metro o il “Tevere balneabile” (cit. Bertolaso), bensì cose molto più “fattibili” a rigor di logica, se soltanto questa fosse una città dove i panni stesi in pieno giorno davanti alla Piramide Cestia non restassero più di un minuto, perché poi passa la volante dei Vigili e te li fa togliere. E invece possono benissimo far mostra di sé per lo stesso arco di tempo di un’installazione di Christo a Berlino (se guardate la foto in fondo non è neanche male, manca solo la vendita di “gadgettistica” associata e le cartoline per i turisti).
“Ma il Servizio Giardini c’ha quattro gatti, i Vigili so’ sotto organico e poi stanno tutti in ufficio”, replica la vulgata nel bar di periferia, dove “tanto so’ tutti uguali, nun cambia gnente”. E ultimamente aggiungono implacabili (perché il tempo passa e loro sono quelli che l’hanno fatta vincere) “l’ho pure votata alla Raggi, ma è come l’altri!”. Vorrebbero amministratori pronti a riparare, sistemare, come un buon amministratore di condominio, cose che nei piccoli Comuni ti capita di vedere quando passi davanti all’assessore che segue i lavori della siepe e finché non è finita non va a casa.
Però Roma è enorme! E infatti, non a caso, è divisa in quindici Municipi e i Presidenti si fanno chiamare volentieri “Mini-Sindaci”. Ci sarebbero anche gli Assessori e un plotone di consiglieri eletti in Comune (48) e nei Municipi (360). Tutta gente che in campagna elettorale ti prometteva vicinanza perenne e controllo rigoroso del quartiere, quasi una minaccia: “Io poi starò sempre qui con voi a vigilare!”, scandiva il candidato X al mercato rionale di Boccea, lasciando biglietti con “Vota Io”. “Vabbe’ magari sempre sempre no – scherzava il vecchietto – ogni tanto fatte un giro pure a Casalotti”. Dove stanno ora? Chi governa forse sta cercando di capire in che guaio si è ficcato, barricato in Ufficio, sotto cumuli di carte da decifrare. Chi sta all’opposizione rintuzza il “nemico” ricoprendolo di comunicati denuncia, di ridicolo e di contro informazioni. Perché a Roma le campagne elettorali, come i Derby all’Olimpico, non finiscono mai. E in giro chi ci va? Non sarebbero la soluzione, ma distribuiti nei vari quartieri di elezione, predisposti al “pronto intervento”, rappresenterebbero già un discreto controllo.
Franco da Colle Salario ci chiama in diretta per raccontarci che nel suo comprensorio “hanno potato il verde tutto da soli, ma ora i sacchi stanno lì da settimane”. Hanno chiamato Ama, vorrebbero solo un pulmino che li porta via. Per loro è troppo ingombrante. Chiamiamo noi Ama e con una telefonata la risolviamo. Il pulmino passerà, ci fanno la cortesia. Ci voleva tanto? Sì, ci voleva una redazione che dicesse “perché sennò poi lo diciamo in tv e ci fate una figuraccia”.
Il quotidiano senso del dovere nella pubblica amministrazione latita. In decenni di cattiva amministrazione tutti hanno perso gli stimoli, ammesso che li avessero in partenza, assunti nella Capitale Mondiale dell’indolenza e dello “Sticazzi”, dove non si capisce perché devi fare una cosa oggi se “la potemo fa dopodomani”. E fare quello che altrove sarebbe il minimo, normale amministrazione, qui diventa una specie di favore. Comunque un’eccezione, che richiede mesi e mesi di “esecuzione lavori”.
“Hai visto, è passata la spazzatrice!” grida con emozione la commessa al titolare del negozio, neanche avesse avvistato un meteorite in picchiata verso i Castelli.
D’altronde non è un caso se l’ordinaria amministrazione fa notizia e l’ineluttabile spazzatura delle foglie, piuttosto prevedibile in autunno, diventa l’eccezionale e pomposo “Piano Foglie”, come il “Piano Caditoie”, il “Piano Potature” e via dicendo, neanche fossero “Piani Marshall”. E mentre Grillo sfila in corteo sulle buche di viale Ostiense per dire “No” al Referendum e per conquistare il governo, con la Raggi al fianco che rilascia il solito mantra “perché noi siamo diversi, mica siamo quelli di prima”, Roma per ora continua ad essere quello che era: un caotico e casuale incrocio di lavori mai fatti, fatti male e, soprattutto, da fare.
P.s. Mentre scrivo è uscito finalmente il “Piano Foglie” del Comune! Ben 68 dipendenti di “Multiservizi”, affiancati da 18 dipendenti di Ama, sono pronti ad “conquistare” la Capitale. La notizia dovrebbe scivolare in un trafiletto, tra le cose date per scontate, come in un condominio la “manutenzione caldaie”. Invece è già l’apertura di tutti i quotidiani online, in attesa del prossimo acquazzone. Del “Piano caditoie”, invece, non c’è ancora traccia. L’installazione artistica a Piramide, infine, non c’è più. Non è passato nessun controllo: i panni stesi da quel poveretto si sono asciugati.
[La foto del titolo, scattata pochi giorni fa, è di Andrea Bozzi]