Perché nessuno vuole vincere a Roma
Lo scenario di una corsa al ribasso era anche fin troppo ottimistico. Le candidature alla guida della città confermano il drammatico dato che molti romani temono: nessuno vuole davvero governare Roma. Chi è in buona fede teme legittimamente di doversi confrontare con un guazzabuglio irrisolvibile, chi è in cattiva fede sa bene che i riflettori sono tutti accesi e restano puntati sul Campidoglio, dove – in ogni caso – sarà sempre più difficile profittare della cosa pubblica.
Intendiamoci, ci sono in campo anche persone indubitabilmente rispettabili e capaci, forse anche molto capaci. Ma altrettanto senza dubbio si tratta di comprimari, la cui eventuale sconfitta non avrebbe contraccolpi sulla parte politica che li propone.
Che colpa si potrebbe dare a Renzi della sconfitta del candidato democratico, chiunque fosse tra Giachetti e Morassut? Certo nessuna, non più di quelle che già ha maturato nella non-gestione del caso Roma. Un po’ diversa è la situazione nel centrodestra che forse, con Marchini, aveva la possibilità di giocarsi realmente la partita. Ma sfumata quella ipotesi chi può far colpa a Bertolaso di essere, appunto, soltanto Bertolaso?
Nella scorsa stagione politica ben altri nomi si accalcavano per il Campidoglio: leader di partito e di corrente da ogni latitudine si misuravano con una sfida politica che rappresentava più di una semplice contesa amministrativa. Oggi, quello che era un tassello fondamentale del risiko nazionale, un feudo pregiato da conquistare, è invece diventato la più grossa grana che si possa affrontare e della quale tutti, dal Pd al M5S, farebbero volentieri a meno di occuparsi. Purtroppo non possono e sono costretti a farlo: il risultato di tanto poco trasporto è fin troppo evidente.