Giachetti vuol cambiare Roma, ma come?
Roberto Giachetti, come previsto, si è dichiarato: con un video di un paio di minuti postato su Facebook, ha annunciato che parteciperà alle primarie per il candidato sindaco di Roma per il Pd o per lo schieramento che di centrosinistra, ancora non lo sappiamo (e non lo sa neanche lui). Conosco Giachetti (in modo epidermico) da più di 25 anni, prima come militante radicale, poi dirigente dei Verdi Arcobaleno (un gruppo composto di ex radicali, ex Dp e altri gruppi di sinistra, che poi finì in gran parte nei Verdi e in parte nel Pci-Pds) a fine anni ’80, capo di gabinetto del sindaco Francesco Rutelli. A un certo punto entrò nella Margherita (sempre dietro Rutelli) poi nel Pd. E’ famoso per il suo sciopero della fame contro il Porcellum, la legge elettorale voluta dal centrodestra.
Di sicuro conosce Roma. Ha partecipato alla stagione di sinistra che ha segnato una gran discontinuità al Campidoglio con Rutelli e Walter Tocci. E’ simpatico e un tipo diretto. E’ un progressista, almeno sui diritti civili. Oggi ha detto: “Roma non cambierà mai se si delega tutto a una persona o a una squadra per quanto in gamba”, però è esattamente quello che la sua candidatura propone, al momento. Una candidatura personale, per quanto chiami alla “partecipazione” dei cittadini, sostenuta, a quanto dicono tutti, da Matteo Renzi. Una candidatura di palazzo, insomma (Renzi + Rutelli), e politica. Mentre Ignazio Marino, nel 2013, si proponeva come outisder e non politico (Lo slogan Non è politica, è Roma era uno dei motivi per cui non l’avrei votato, francamente). Per quello ha vinto le primarie, il chirurgo prestato al Pd (Non sono sicuro che per lo stesso motivo sia stato cacciato, però: ci ha messo moltissimo del suo).
Roma deve cambiare, dice Giachetti, che chiede riscatto e aggiunge che deve cambiare “un po’” anche “il modo di fare politica”. Ma come? Perché ci sono tanti cambiamenti possibili. Cambiare è un termine come un altro: di per sé non significa gran che. Che Roma vuole? Non basta dire che Roma non è solo quella da cartolina. Certo in due minuti e mezzo non si può sparare un programma. Il punto che tocca rapidamente il neo-candidato è il nodo periferie-mobilità (e ci mette dentro le parole lavoratore e studente). Poi chiede ai cittadini di inviare le loro idee, anche “sulle piccole cose da cambiare nel vostro rione” (la politica della fontanella, si dice a Roma). Insomma, un po’ pochino. Bisognerà aspettare altri candidati (Stefano Fassina in questo momento è un mistero: è ostile al Pd, prefereriebbe sostenere il M5s al ballottaggio: però ha fatto il sottosegretario con Enrico Letta: mah), e soprattutto idee.