Meno tasse ai volontari? Raggi ci pensa

Di volontari che ripuliscono muri, adottano un giardino o, addirittura, riparano le buche (cosa che da Codice Stradale sarebbe pure punibile, perché “non si può alterare lo stato delle strade” senza permessi) Roma è piena.
Dai famosi gruppi Retake, che nei fine settimana vanno a grattare dai muri graffiti e zozzerie varie con pettorine colorate fino al singolo commerciante che, stanco di avere una cloaca davanti al suo negozio per l’incuria del Municipio o del Comune, taglia l’erba o abbellisce l’aiuola a sue spese, passando per decine di associazioni e e comitati che organizzano “ramazzate di quartiere”.

E poi ci sono le uscite dei Vip. Nell’estate del 2015, in una delle ricorrenti “emergenze rifiuti”, Alessandro Gassmann twittò perentorio: Chi non scende a pulire la propria strada, non vuole bene a Roma, con tanto di hashtag #RomaSonoio.
Molti plaudirono il prode che, smessi i panni dell’attore, vestiva quelli dello spazzino, commentando “che esempio, che virtù!”. Ma molti altri si domandarono: “Scusate, ma se uno paga le tasse più alte d’Italia, deve fare anche quello che il Comune non fa con il ricatto morale che altrimenti non ama Roma?”.

Il dibattito che puntualmente si riapre su “volontariato sì o no”– devo o non devo, cioè, sacrificare il mio tempo per fare quello che non fa il Comune o, in un’accezione più ampia, “lo Stato”? – appare però ingiusto, poiché mette da una parte i buoni (chi può permettersi di farlo) e dall’altra i cattivi (chi magari vorrebbe pure, ma non avendo tempo, né, a differenza di Gassmann, colf in casa che badano alla propria famiglia) non lo fa).

E certamente è un dibattito sterile, che sposta di pochissimo l’economia generale di una città dove l’ordinaria manutenzione del bene pubblico di fatto non esiste un po’ in tutti i quartieri. Si pagano errori del passato, oltre ad anni di ruberie ai danni dei cittadini, certificati dall’inchiesta di “Mafia Capitale” che ha mostrato come più che fare gli interessi del patrimonio pubblico, si puntasse a fare quelli delle tasche di pochi.

In questo quadro si inserisce però una grande opportunità per i Comuni.
Il Governo, infatti, visto che la crisi delle casse comunali colpisce tutta la penisola, ha varato con l’Art. 24 del decreto “Sblocca Italia” misure per “interventi di sussidiarietà orizzontale”, ovvero il cosiddetto “baratto amministrativo”.
Tu cittadino ti prendi cura di uno spazio, ma io amministrazione ti premio riducendoti le tasse.
I comuni – recita la norma – possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano”.

Parco del Celio. Foto di Simone Ramella, scattata il 2 ottobre 2010, diffusa con licenza Creative Commons. Flickr.com

Tu cittadino ti prendi cura di uno spazio,
ma io amministrazione ti premio riducendoti le tasse.

Ecco l’altra novità: le aree o i “beni inutilizzati”. In ogni quartiere esistono tantissimi piccoli spazi urbani abbandonati che, con l’impegno dei privati, potrebbero essere “rigenerati” in habitat urbani vivibili e occasione di socialità, nel possibile “do ut des” Comune/cittadini.
“In relazione alla tipologia dei predetti interventi – prosegue l’Art.24 – i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere”.

Dunque sono i singoli Comuni a dover fare un regolamento ad hoc, altrimenti il decreto resta lettera morta.
Ma mentre Milano, Napoli, Bologna e Torino ci lavorano da mesi ed hanno già preparato i regolamenti, a Roma nessuno lo ha fatto.
Nella precedente amministrazione il Pd, attraverso l’ex Assessore all’Ambiente Estella Marino, fece una cosa diversa, ma la differenza non è da poco. Con la delibera 207 del 2014 (approvata prima dello “Sblocca italia”) consentì ai cittadini di “adottare aree verdi”, senza però offrire nulla in cambio. Come a dire: “Se hai voglia, datti da fare, te lo concedo”. E ci mancherebbe altro. Visto come sono ridotti certi quartieri, alla gente di buona volontà che combatte l’incuria e il degrado andrebbero fatti busti equestri, altro che “gentili concessioni”. Il decreto prevede che i Comuni possano fare tanti piccoli contratti a tempo amministrazione/cittadino, ma dando a quest’ultimo, in cambio del suo prezioso servizio, un piccolo incentivo, che renderebbe l’impegno anche responsabile e continuativo.

Qual è la novità di questi giorni? È che a Roma la Sindaca Raggi starebbe pensando di cogliere questa opportunità. Prova ne è che il 14 ottobre scorso l’Assessore all’Ambiente Paola Muraro ha convocato alcuni Comitati di Quartiere per “dare applicazione all’art. 24 del decreto Sblocca Italia”.

La spinta maggiore, infatti, arriva proprio dai cittadini. In particolare dal Coordinamento dei Cdq del Municipio IX, composto da 18 comitati di quartiere, che vede come segretario e referente tematico l’avvocato Carla Canale. Questa signora tenace e preparatissima in tema di diritto amministrativo (non a caso corteggiata in campagna elettorale da più parti, ma che decise di restare una rappresentante della sua comunità) gestisce un quartiere dove i residenti da circa 20 anni si autotassano volontariamente con 45 euro l’anno per mantenere 10 ettari di verde a destinazione pubblica. Le 3200 famiglie residenti aderenti all’iniziativa oggi possono godere di spazi verdi che, a confronto di quelli pubblici a pochi metri di distanza, sembrano quelli di “Versailles”.

“E’ una grande occasione per tutti – – ci spiega Canale – si tratta solo di studiare e redigere i Regolamenti e poi passare alla fase operativa. A Bologna, Torino, Napoli ed in altre città la delibera è già realtà ed i Comuni si sono conformati al parere della Corte dei Conti del marzo di quest’anno. Il presupposto è che la presentazione del progetto da parte di cittadini, singoli o associati deve avere inerenza al territorio e deve riguardare, come peraltro ripreso dalla formulazione dell’art. 190 del nuovo Codice degli appalti, la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione”.

L’aspetto più importante è che l’agevolazione, così come prevista, non è costruita come corrispettivo, nella forma della datio in solutum (art. 1197 c.c.), rispetto al tributo – ipotesi che la Corte dei Conti non aveva ritenuto legittima con il parerei n. 27/2016 – ma come soluzione in termini di incentivazione, in un’ottica di ottenimento della conformazione spontanea del privato rispetto ad un obiettivo di rilevanza generale, che è l’attuazione della solidarietà attraverso prestazioni che non sono imposte, ma, appunto, assunte in sussidiarietà.

In sostanza nessuno potrà pensare di “saldare” con il proprio lavoro tasse pregresse non pagate, mentre potrà sottoscrivere – singolarmente o associandosi in comitati di cittadini – dei “patti di collaborazione” future si spazi, da pulire, da curare o da rigenerare in toto, in cambio di sgravi da Cosap, Tasi e Tari.

La Raggi, alle prese con mille problemi, sarebbe impaziente di vedere realizzato questo Regolamento. “L’esito della Commissione con la Muraro – conclude l’avvocato “capofila” di tanti volontari – è stato positivo. Attendiamo fiduciosi la prossima mossa”.

La speranza che l’inziativa vada in porto dovrebbe essere di tutti i romani, per passare dal volontariato “aggratise” a quello “in cambio di” e messo a sistema.

[Nella foto: un gruppo di volontari in azione nel IX municipio]