Via dei Querceti

La maggior parte delle rampe, a Roma, è preceduta da piccole colonne, solitamente in marmo.
Stanno lì soprattutto per evitare che qualcuno si scapicolli di sotto con la macchina, esclusiva riservata a 007.
A parte questo, però, quei piantoni bassotti sono arredo specifico delle scalinate, con l’eccezione di quelli che cingono qualche palazzo importante, e che a quell’occupazione prestigiosa sacrificano, come spesso accade, anche un po’ di libertà, condizione sottolineata talvolta dalle catene che li collegano.
Non hanno catene, invece, questi che presidiano la sommità delle scale e in rari casi la base, e se ne stanno in coppia, o in piccoli gruppi, la cui ordinata equidistanza non diventa quasi mai marziale.
In cima alla scalinata di via dei Querceti ce ne sono dieci, con buone possibilità che si tratti del record cittadino, tanto più in proporzione al numero degli scalini, che sono soltanto dodici.

Trovarne la metà impacchettata da lavori in corso fa pensare a una squadra con assenze importanti, e all’attesa o al ricordo di tempi migliori. Conferma, per chi ha dubbi, che la vita non è perfetta.
Però fa regali, e la parziale indisponibilità di questa scala rende più facile accorgersi che da qui se ne vede un’altra.
Solo raggiungendola si apprende che scende, insieme a una dirimpettaia un po’ diversa, verso la basilica di San Clemente, meraviglia mosaicale con annesso chiostro, che a sua volta ha sei scalini affacciati proprio sulle due rampe.

È il vecchio ingresso della chiesa, diventato cortiletto di fatto, che tanto i sampietrini quanto i piccoli mattoni dei muri fanno sembrare esso stesso mosaico.
Da lì si può ricambiare lo sguardo alle colonnine in formazione rimaneggiata, avendo più chiaro del solito che in città, umani compresi, tutto quanto è tassello.

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