La morte der Cavaliere Nero

C’erano er cavaliere bianco e er cavaliere nero…”:  chi non conosce questa esilarante barzelletta-sketch, entrata di prepotenza fra i cavalli di battaglia del maestro Gigi Proietti? Raccontava di un fantomatico “cavaliere nero”, che veniva sfidato a duello dal cavaliere bianco e dalla sua numerosa progenie, riuscendo, da solo, a sconfiggere tutti. “È che ar cavaliere nero nun je devi cacà er cazzo!” affermava, in conclusione, la morale di quella storia.

Per noi romani quella vicenda fantastica, era diventata, negli ultimi anni, una sorta di marchio di fabbrica e di assicurazione sulla vita: di fronte ai soprusi e alle ingiustizie, c’era sempre quell’immaginario cavaliere che poteva venire in nostro soccorso. Er cavaliere nero era come un Robin Hood de’ noantri, un fuorilegge invincibile, violento e irascibile, ma in fondo bonario, forte e giusto, sempre ironico e sarcastico, con la voce inconfondibile e romanissima di Gigi Proietti.

La scomparsa dell’attore che lo ha inventato, ha quindi ucciso anche l’invincibile cavaliere nero, gettando nello sconforto e nella disperazione l’intera città. Per una volta non c’è divisione fra destra e sinistra, fra anticovid e nomask, fra romanisti e laziali, fra ricchi e poveri. Sono tre milioni di romani che piangono la morte di Gigi Proietti. C’è chi ne ricorda il Mandrake del film “Febbre da Cavallo”, chi il Cavaradossi della “Tosca” di Luigi Magni, chi il professore imbranato di una esilarante lezione di educazione sessuale, chi il maresciallo Rocca. Tutti abbiamo il nostro “spicchio” di Proietti in cui identificarci, grazie a un uomo, nato sì in un quartiere borghese come quello di Montesacro, ma che ha saputo cogliere e interpretare magistralmente anche la romanità più popolare.

Proietti ha anche saputo trasmettere le proprie doti alle generazioni successive: da Enrico Brignano a Flavio Insinna, da Massimo Wertmuller, a Giorgio Tirabassi, a Gabriele Cirilli, tutti usciti dal suo laboratorio di teatro. Per questo, in fondo, si potrebbe dire che Proietti non è morto del tutto, che la sua eredità è ancora fra noi, a fertilizzare anche le nuove leve, a ravvivare Roma. Il romanissimo spirito di Gigi Proietti resta vivo e immortale, anche dopo il giorno dei morti di questo orribile anno 2020.

Ceto, si potrebbe dire tutto questo per consolarci, ma non è così, diremmo una bugia. L’eredità di Proietti è sicuramente viva in città, nel nostro spirito, negli insegnamenti ricevuti dai suoi tanti allievi, ma il suo cavaliere nero, quell’highlander immaginario che proteggeva la città, è morto con lui. Oggi non c’è più nessuno a difendere le mura aureliane dagli assalti dei nemici. Oggi abbiamo scoperto che nemmeno er cavaliere nero è immortale. Che ne sarà di Roma, adesso che lui non c’è più? Per questo l’orribile anno 2020, da oggi, fa ancora più paura.

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