Per fortuna che c’era il lockdown

Per fortuna che c’è stato il lockdown, si potrebbe dire, con poche auto in circolazione. E per fortuna che gli impianti di riscaldamento sono stati spenti ad aprile. Perché in un mese, tra tra l’8 febbraio e il 7 marzo di quest’anno, la campagna di “Cittadini per l’aria” sull’inquinamento da biossido di azoto ha registrato dati piuttosto preoccupanti.

Il 99% dei circa 360 campionatori passivi di NO2 posizionati a Roma da cittadini che hanno collaborato volontariamente alla ricerca, pagando anche le provette, hanno misurato concentrazioni superiori alla soglia annuale di 20 μg/m³ stabilita dai ricercatori dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Sempre su base mensile, il 42% dei campionatori ha superato i 40 μg/m³,  il 15% i 50 μg/m³ e il 5% supera addirittura i 60 μg/m³.

 

Il limite dell’Oms non è quello previsto dalla legge (una media annua di 40 μg/m³, o una media oraria di 200 µg/m³ da non superare per più di 18 volte all’anno), ma segnala comunque i primi effetti nocivi sulla salute umana. 

Anche così, però, in base ai valori medi mensili misurati dai cittadini che hanno partecipato al progetto di citizen science NO2NOGRAZIE!, e tenendo in considerazione il trend degli ultimi 5 anni registrato dalle centraline dell’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpa), i ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia del Lazio stimano che i valori che superano il limite di legge riguardino quasi un terzo (il 27%) dei campionamenti romani.

Clicca qui per vedere la mappa del livello di NO2 medio annuale stimato

Clicca qui per vedere la mappa del livello di NO2 medio mensile rilevato nel periodo

Nella mappe fornite da “Cittadini per l’aria”, sulla base delle elaborazioni degli epidemiologi,  indicano per il centro picchi di 110 μg/m³, nonostante la circolazione sia limitata. Il punto peggiore è via Druso, la strada che porta dal centro alla Cristoforo Colombo. Ma preccupano anche le consolari Prenestina, Casilina, Tiburtina, Tuscolana, Nomentana.

Il biossido d’azoto è prodotto soprattutto dalle auto, e dai diesel in particolare. Di qui la decisione di molte città di ridurre la circolazione di questo tipo di motori (anche se i diesel apparentemente emettono invece meno Co2, il principale gas a effetto serra, rispetto alle auto a benzina).

Secondo il Centro Regionale della Qualità dell’Aria dell’Arpa, gli effetti sull’apparato respiratorio del biossido d’azoto comprendono “riacutizzazioni di malattie infiammatorie croniche delle vie respiratorie, quali bronchite cronica e asma, e riduzione della funzionalità polmonare. Più di recente sono stati definiti i possibili danni dell’NO2 sull’apparato cardio-vascolare come capacità di indurre patologie ischemiche del miocardio, scompenso cardiaco e aritmie cardiache”.

“Gli effetti a lungo termine includono alterazioni polmonari a livello cellulare e tessutale, e aumento della suscettibilità alle infezioni polmonari batteriche e virali”, mentre non si hanno prove al momento che il biossido di azoto provochi tumori o danni allo sviluppo del feto.

“Durante la fase di lockdown, abbiamo sperimentato città con l’aria pulita, silenziose, non invase dal traffico”, ha detto Carla Ancona, ricercatrice del dipartimento di epidemiologia del SSR del Lazio. “Per diminuire le concentrazioni degli ossidi di azoto e migliorare lo stato di salute dei residenti è importante limitare l’uso delle automobili, soprattutto di quelle alimentate a diesel”.
Insomma, la ricetta è sempre la stessa: più mezzi pubblici, biciclette, zone pedonali e mezzi elettrici, in tempi non biblici.

[Le foto e i grafici pubblicati sono stati forniti da Cittadini per l’aria]

 

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