Roma deve ripartire anche dalle bici

È curioso che oggi alcuni considerino la bicicletta uno strumento per privilegiati o al massimo utile soltanto nel tempo libero. Eppure, fino a non molti decenni fa, la bici era uno strumento popolare, essenziale, quasi come il cavallo del Far West: un modo per muoversi su distanze medie, in campagna o in città.

Oggi lo è ancora in diversi Paesi: non soltanto quelli meno sviluppati, dove il lusso è avere un’auto; anche in società ricche, moderne e organizzate, che ne apprezzano la praticità. Ma La crisi del Covid-19 potrebbe essere un’opportunità di ripartire su due ruote anche da noi.

Nella fase che seguirà la fine dell’emergenza il vero “vaso di coccio” della mobilità, almeno in Italia, sarà il trasporto pubblico – metro, tram, bus, molto meno i taxi – perché le regole di distanziamento ridurranno moltissimo il numero dei viaggiatori ammessi a bordo. Almeno nell’immediato, non sarà possibile aumentare il numero dei mezzi, come ha spiegato in un’intervista al Corriere della Sera la ministra dei Trasporti Paola De Micheli. Dunque, più persone si sposteranno con mezzi privati, anche se il boom del telelavoro di queste settimane mitigherà almeno in parte l’aumento dei veicoli a motore.

Ma ci sono persone che, soprattutto per ragioni di reddito, saranno costrette comunque a usare il trasporto pubblico. Si tratta di persone che spesso abitano in periferia, o nella periferia estrema (che a Roma, per esempio, può significare a diverse decine di chilometri). Almeno una parte di loro potrebbe orientarsi proprio sulla bici, perché i tempi di attesa dei mezzi pubblici potrebbero essere molto, molto lunghi.

Il governo, ha detto ancora De Micheli, è pronto a intervenire con incentivi per l’acquisto di bici e monopattini. Ma senza il rapido intervento dei Comuni, servirà a poco.

Nel mondo, ci sono metropoli che hanno reagito in modo diverso all’emergenza. Quelle che hanno creato piste ciclabili “temporanee” (per esempio, Città del Messico), quelle che hanno reso gratuito il bikesharing (Londra), quelle che hanno chiuso al traffico strade per dare più spazio ai pedoni (Calgary). Poi ci sono invece città che, al contrario, hanno aperto a tutte le auto le zone a traffico limitato: come Roma, la cui sindaca però ha annunciato misure al momento non definite per favorire la mobilità su due ruote.

Foto di (Waiting for) Godot diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

La bici favorisce il distanziamento sociale e l’attività fisica, due cose di cui abbiamo fortemente bisogno soprattutto ora. Riduce la pressione sul trasporto pubblico locale e non crea inquinamento (soprattutto le polveri sottili, che sono il problema principale delle città).

In uno studio europeo pubblicato nel 2018, il cosiddetto Pasta (Physical Activity Through Sustainable Transport Approaches), l’analisi economica per confrontare i costi legati all’aumento delle reti ciclabili con i benefici economici stimati connessi alla ridotta mortalità prematura indicava che i migliori rapporti costi-benefici sarebbero ottenuti già con un aumento del 10% della rete ciclabile. Nel caso di Roma il rapporto delle prestazioni per euro speso sarebbe fino a 70 a 1, più di ogni altra capitale europea.

Le piste di emergenza si possono creare anche con fioriere o i cosiddetti “armadillo”, cioè gli attenuatori d’impatto: non servono affatto grandi investimenti. In questo senso vanno le proposte avanzate dagli attivisti delle due ruote alla sindaca Virginia Raggi o la petizione avviata su Change al primo cittadino di Milano, Beppe Sala.
Perché la bici non è snob, è pop.

Questo articolo è stato originariamente scritto per Huffington Post

Foto di Marrti Tulenheimo diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

 

 

 

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