A Parioli 8 volte i laureati di Tor Cervara

Ci sono tanti modi per utilizzare un libro, ma per le Mappe della Disuguaglianza, uscito da un paio di mesi e dedicato alla geografia sociale di Roma, me ne vengono in mente sostanzialmente quattro. La lettura sensazionalistica per sommi capi, anzi, per soli titoli, come fanno spesso i media, una specie di rubrica delle curiosità della “Settimana Enigmistica”. Scoprirete così a Parioli la percentuale di laureati è otto volte quello di Tor Cervara o che le famiglie numerose vivono soprattutto fuori dal Grande Raccordo Anulare. 

È per questo motivo che ho scelto di usare il titolo: A Parioli 8 volte i laureati di Tor Cervara. Ora, però, potete leggere oltre.

Poi c’è l’atteggiamento da studioso, che cerca correlazioni e possibili cause di alcuni fenomeni, che vuole capire come funziona la città. Ancora, c’è la lettura da amministratore, che intende anche farla funzionare in un modo diverso, la città. Infine c’è quella del politico, che vuole essenzialmente trasformare quei dati in voti, in consenso, e che potrebbe anche essere interessato a far funzionare qualcosa, ma è preoccupato soprattutto di capire se ne avrà il tempo e se le cose da fare gli faranno guadagnare o perdere consenso.

Tor Cervara nel 2008. Foto di Minimocomunemultiplo.lab diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

Keti Lelo, Salvatore Monni e Federico Tomassi hanno trasformato in libro in lavoro che avevano iniziato sul blog #mapparoma nel febbraio del 2016, utilizzando la cartografia dei  singoli quartieri (più precisamente le 155 zone urbanistiche in cui è divisa la Capitale), non solo quella più generale dei municipi, per presentare dati relativi all’istruzione, al consumo del suolo e al trasporto pubblico, alle elezioni, alla presenza di stranieri etc, e per confrontare poi queste situazioni con quelle di Milano, Napoli, Torino.

Quello che ne esce, appunto, sono le mappe della disuguaglianza, non solo dal punto di vista del reddito. Non un po’ di disuguaglianza, ma tanta, soprattutto a scapito di diverse zone (ovviamente secondo lo schema centro-periferia, che nelle ultime elezioni in particolare è diventata anche contrapposizione politica; ma anche nord-sud, est-ovest, fuori e dentro il Gra, etc). 

Qualche esempio? A parte quelli più facili, da titolo, che facevo all’inizio, c’è la questione della densità di piazze, cioè del luogo più classico d’incontro tra le persone in una città, che è anche luogo politico. A Roma c’è appunto un’assenza di piazze, che sono presenti praticamente solo in centro e nella periferia storica, in una zona che praticamente corrisponde alla cosiddetta “fascia verde”.

Oppure c’è la presenza degli stranieri: Se l’Esquilino è veramente il quartiere multietnico, visto che un residente su quattro (25%) è straniero, a Tor Tre Teste scendiamo al 4%. E soprattutto, dal 2010 (cioè 10 anni fa ormai), a causa della crisi, il numero degli stranieri è cresciuto poco.

Infine, la questione della casa. A Roma il 70% dei residenti abitano in case di proprietà (poco sotto la media nazionale ma decisamente sopra Napoli, per dire), ma la percentuale varia dal 50% del centro storico all’86% di Grotta Perfetta. Mentre sono 40.000 le famiglie considerate in “disagio abitativo”.

E parlando di disagio sociale in senso lato – un indice che mette insieme disoccupazione, occupazione, concentrazione giovanile e scolarizzazione – i valori peggiori a Roma si registrano in periferie come Tor Cervara, San Basilio, Torre Angela, Borghesiana, Giardinetti-Tor Vergata, Tiburtino Nord, Torrespaccata e Torre Maura, Tufello, Santa Maria di Galeria e Cesano, Corviale, Santa Palomba, Ostia Nord.

Quella di Roma è una disuguaglianza che non è soltanto l’eredità della grande crisi del 2007-2008, ma un fenomeno, che accompagna la Capitale nel suo attuale stato di declino, causato da vari fattori, a partire dallo sviluppo urbanistico caotico, iniziato tanto tempo fa ma che continua imperterrito. Una disuguaglianza che, secondo gli autori dello studio, si potrebbe cominciare a ad attenuare, a sanare, non soltanto creando infrastrutture materiali, “ricucendo” la città con il trasporto pubblico su ferro prima di tutto, ma anche investendo fortemente su scuola, casa, sanità, etc.
Il problema, ovviamente, è dove prendere il denaro. E quella è una scelta politica, però.

 

[La foto del titolo, che raffigura la chiesa progettata da Richard Meier a Tor Tre Teste, è di Stefano Corso ed è stata diffusa su Flickr.com con licenza creative commons]

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