Le piste della NarcoCapitale

Floriana Bulfon è una giornalista d’inchiesta, scrive per L’Espresso e La Repubblica, si occupa soprattutto di criminalità organizzata a Roma e per questo ha ricevuto diversi premi. Ma è anche stata oggetto di minacce, le ultime nel maggio scorso.
Con lei abbiamo parlato del panorama del narcotraffico nella Capitale, anche alla luce degli ultimi episodi di violenza di cui le cronache – non solo romane – continuano a occuparsi.

 

Giorni fa l’omicidio di Luca Sacchi, poi l’agguato a Casal Bruciato. Prima c’era stato il caso del carabiniere Mario Cerciello Rega, prima ancora l’omicidio di Diabolik, l’ultrà laziale Fabrizio Piscitelli.
Gli episodi di Sacchi e Cerciello Rega all’inizio sono stati rapidamente raccontati in un modo – il migrante assassino, il giovane che difende la fidanzata – poi, man mano che uscivano i dettagli, sono diventati altro. Storie che però tracciano, a quanto si capisce, un quadro unico, quello di una città dove l’economia della droga ha alzato il livello della violenza. Sta già accadendo da un po’ e non ce ne siamo accorti? O è un fenomeno nuovo?

Roma è un hub della droga non da oggi, ma da oltre un decennio. Solo che è una città che non ne prende mai coscienza. Vive un principio d’eccezione. Non ammette di essere mangiata da corruzione e mafie.
Roma è una città carica di malessere, di violenza e di rassegnazione. Valerio Del Grosso (l’assassino di Luca Sacchi, ndr) a caldo dopo l’omicidio ha detto: «Ho fatto una cavolata», come se ammazzare una persona fosse una ragazzata. L’altro giorno in una gelateria di Prati c’era un tipo seduto a prendere il gelato con mamme e bambini in pieno pomeriggio. Sfoggiava una felpa bianca con la scritta Casamonica. Non è uno del clan: è semplicemente uno che ammira le maniere forti, la malaroma violenta. I boss diventano il modello da seguire per porre un rimedio rapido alla propria impotenza. E non è colpa delle fiction, la realtà le supera.
Se prendi la serie Suburra a Roma siamo già a Narcos, con organizzazioni che abbiamo considerato per decenni straccioni di borgata e invece trattano ormai direttamente le importazioni di tonnellate dal Sud America.

 

Sono industriali, insomma.

La droga è un’industria. A tenere le fila ci sono i cartelli criminali, ma ormai adolescenti qualsiasi della classe media, quella che soffre la crisi, pensano sia normale arrotondare la paghetta spacciando, per comprarsi un paio di scarpe nuove, per andare in vacanza.
Nei quartieri di Roma degli impiegati e dei commercianti spacciare per i giovanissimi è diventata un’occupazione come un’altra. Ragazzi come Luca (17 anni) e Alessandro (16). Alle spalle famiglie della classe media, vite apparentemente normali. Frequentano la scuola e nel pomeriggio spacciano. 

Luca, tuta nera con bordure dorate e cappuccio in testa, ha un unico faro: er capo della mala. Ha pochi anni più di lui ed è il suo datore di lavoro, «è uno che ha fiducia in me -mi ha detto -Voglio i soldi, così me vado a diverti’». Ai piedi aveva scarpe da 500 euro appena acquistate. Ora ha un altro obiettivo: trascorrere il Capodanno a Barcellona.

La droga è un’industria. A tenere le fila ci sono i cartelli criminali, ma ormai adolescenti qualsiasi della classe media, quella che soffre la crisi, pensano sia normale arrotondare la paghetta spacciando, per comprarsi un paio di scarpe nuove, per andare in vacanza

Alessandro fa il turno dalle 15 alle 20 sotto alle torri di Tor Bella Monaca.  «Prendo 100 euro, chi fa il palo 50. Siamo in tanti e ognuno guarda ai cazzi suoi. Tanto ci pagano a giornata, mica a percentuale» mi ha spiegato.  Uno stipendio fisso con poche regole chiare perché «per entrare nel giro bisogna che qualcuno garantisca per te. Tutto si basa sul rispetto, perché la “famiglia” non si tradisce e non si infama».
Un’educazione criminale cresciuta nonostante Alessandro viva lontano da questo quartiere desolato, con i genitori che non sanno nulla del suo lavoretto.

Un sequestro di cocaina a luglio, al Casilino, da parte della polizia

 

Sembra il plot di una serie su Netflix. O cose che leggi in un romanzo di Don Winslow, di cui spesso non ci accorgiamo, se non ci toccano direttamente. O che non vogliamo vedere. 

Sono i figli di una metropoli avvelenata, dove l’iniziazione avviene alle scuole medie. Nel 2018 oltre 500 minorenni sono stati segnalati per stupefacenti. Come Nicola, che ha cominciato a 11 anni. Gliel’hanno venduta a scuola e ora che di anni ne ha 20 non ne è ancora uscito. Lui sostiene che «La droga è come se fosse legale, in qualsiasi angolo la trovi. Non c’è più il rispetto per il fatto che uno è piccolo e non va rovinato. Contano solo i soldi».
I soldi sono l’unico valore. Nei giorni delle rivolte di Torre Maura un figlio di un capo dei Casamonica, 13 anni, mi ha detto: “io non sono razzista con questi negri, io sono razzista con i poveri. Io odio i poveri”. Il suo sistema valoriale è simile a quello di tanti altri in una città che china la testa davanti al potere del denaro.

Un sequestro di cocaina e hashish da parte della Polizia a Roma nel luglio 2019

 

La droga è un’industria e Roma è una piazza importante e un hub nazionale. Ma la violenza a cui stiamo assistendo in queste ultime settimane a cosa è dovuta? Ed è in aumento, o ci colpiscono solo di più i singoli episodi?

Gli omicidi che abbiamo visto negli ultimi mesi, per quanto abbiano in comune la droga, sono di diverso tipo. Quello di Diabolik ad esempio ritengo possa essere legato al grande traffico e alla criminalità che lo sorregge.  A Roma si è infranta la pax mafiosa “il mercato ideale” delle cosche, come lo definiva un ‘ndranghetista: il posto perfetto dove arricchirsi e riciclare, così vasto e affamato di cocaina da offrire spazio a chiunque. A patto però di non sparare. Perché quando si spara la polizia raddoppia e le vendite crollano. In questo momento però molti esponenti criminali sono in carcere così come alcuni mediatori, figure centrali nella capitale dove nessuno comanda ma tutti devono trovare degli equilibri. Le nuove leve vogliono emergere, in particolare albanesi e slavi, abituati a farsi spazio con i kalashnikov. E poi c’è l’esuberanza delle seconde generazioni di pregiudicati calabresi, campani, siciliani cresciuti al fianco degli eredi di usurai e rapinatori romani.

A Roma si è infranta la pax mafiosa “il mercato ideale” delle cosche, come lo definiva un ‘ndranghetista: il posto perfetto dove arricchirsi e riciclare, così vasto e affamato di cocaina da offrire spazio a chiunque 

Per quando riguarda l’omicidio di Sacchi invece sembra sia da ricondurre a una storia di piazza, di spaccio di quartiere. Dove però ci sono ragazzini che vogliono farsi boss a mano armata. Trovare armi non è difficile e questo è il risultato. Rimane comunque rispetto a questa vicenda l’interrogativo della pistola utilizzata per l’omicidio e ancora non ritrovata: potrebbe ricondurre in un filo il mondo basso della strada con quello alto dei cartelli. 

Detto questo, non mi sembra ci sia un aumento di violenza ma occorre prestare attenzione a quello che sta accadendo considerando che prima, nel mondo basso che voleva crescere ci si fermava alle sparatine, alle gambizzazioni, mentre nel mondo alto vigeva la pax.

Un sequestro di varie sostanze stupefacenti, tra cui eroina e cocaina, nel settembre scorso a Roma da parte della Polizia

 

Quali sono le piazze principali della droga, a Roma?

La procura di Roma ha elaborato un dossier in cui parla di 30 piazze di spaccio nella città. In realtà prima ne avevano catalogate un centinaio, dipende da come vengono contate: per esempio, soltanto in via dell’Archeologia, a Tor Bella Monaca, ci sono 5 punti di spaccio distanziati da pochi numeri civici. Ad ogni modo sono piazze che funzionano contemporaneamente. Le principali, quelle dove arrivano i carichi, sono Tor Bella Monaca e San Basilio, dove si spaccia H24. Sono ritenute tra le più grandi d’Europa: Si lavora su turni, i “capi scala” controllano. Tutto è protetto da telecamere e vedette pronte a gridare ‘zio’ o ‘piove’ quando qualche ‘guardia’ si avvicina. Il “sistema” ha criteri aziendali: se uno finisce in carcere, la piazza viene subappaltata. E in cambio il titolare riceve una retta, assistenza legale e “la settimana”, ossia un centinaio d’euro ai parenti affinché possano campare. Negli appartamenti trasformati in bunker vecchiette confezionano dosi termosaldate. Scrivono diligentemente con il pennarello 2,3,5 indicando grammatura e costo. C’è poi chi regge i soldi del turno, il ragioniere che documenta su fogli a quadretti la contabilità perché fatturano milioni di euro.

Roma brucia droga senza sosta e si spaccia dalla Romanina a Campo de’ Fiori, dal Quadraro a Trastevere, dal Pigneto a Ponte di Nona. E poi Trionfale, Trullo, la stazione Termini, la Magliana. Insomma, le piazze sono sparse per la città. Un enorme supermarket che non chiude mai. Nel 2018 sono stati sequestrati oltre 5 mila chili di droga, ma è ragionevole pensare che quella venduta per strada sia tre volte tanto.

Una mappa dello spaccio di droghe a Roma pubblicata dal quotidiano “La Repubblica” sulla base del dossier della Procura

Negli appartamenti trasformati in bunker vecchiette confezionano dosi termosaldate. Scrivono diligentemente con il pennarello 2,3,5 indicando grammatura e costo. C’è poi chi regge i soldi del turno, il ragioniere che documenta su fogli a quadretti la contabilità perché fatturano milioni di euro

In genere, si parla di crack e cocaina, come sostanze smerciate. Ma c’è anche un ritorno dell’eroina?

Cocaina e crack vanno per la maggiore. «Per farti una botta di coca bastano 15 euro. E una volta che te la fumi, non te la pippi più», mi ha raccontato Chicco, un giovane muscoloso che di professione fa il “capo scala”. L’organizzazione offre pure consegne a domicilio: giovani pony express recapitano “birrette da 15, 20 euro” a bordo di taxi o con il car sharing.

L’eroina sta crescendo, soprattutto tra i ragazzini che non hanno nemmeno più il ricordo dei tossici per strada. Prevalentemente la fumano e il costo è basso, puoi farti una pippata di ‘lenta’ con 10/15 euro.
Poi ci sono erba e fumo che vengono bagnati con altre sostanze (ad esempio LSD) per rendere la droga più da sballo e per aumentare la dipendenza. Viene venduta soprattutto ai minori e fa sì che quattordicenni non riescano più ad uscirne. Nicola, ad esempio, ha iniziato alle scuole medie. Ora ha vent’anni, non ne è uscito ma utilizza i negozi legali di cannabis per non comprare più per strada.
Il problema è l’illegalità dei traffici e del sistema. E il punto centrale sono le droghe pesanti: è lì che le organizzazioni criminali fanno i veri affari.

Un sequestro di hashish a Roma nel maggio 2019

Non ci si può illudere che qualche retata metta in crisi una rete che guadagna milioni e distribuisce compensi a migliaia di persone.  Bisogna combattere il senso di abbandono in cui sono lasciati interi quartieri e occorre fare prevenzione nelle scuole.

Considerato che il mercato è fiorente, che c’è domanda e spazio per tutti, la repressione ha senso? Perché gli spacciatori sembrano immediatamente rimpiazzabili. Quali sono le possibili alternative?

La droga in alcuni posti crea anche una sorta di welfare criminale che permette a disoccupati e pensionati di tirare avanti. Gli operai, gli spacciatori e le vedette, vengono rimpiazzati subito, ne arrestano uno e le organizzazioni ne hanno altri venti a disposizione. La repressione ha senso a livello di trafficanti, bloccando i carichi e le rotte.
Detto questo, da sola la repressione non è mai sufficiente. Non ci si può illudere che qualche retata metta in crisi una rete che guadagna milioni e distribuisce compensi a migliaia di persone.  Bisogna chiedersi invece come sia possibile che un ragazzino che va a scuola la mattina trovi normale andare a spacciare per un clan il pomeriggio. Bisogna combattere il senso di abbandono in cui sono lasciati interi quartieri e occorre fare prevenzione nelle scuole. 

[La foto del titolo è stata diffusa con licenza creative commons via Flickr.com da Gioconda Beekman]

 

 

 

 

 

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