Braccia rinate nell’agricoltura

Quella della Tenuta di Redicicoli è una storia di oggi, la storia di un simpatico ventenne di nome Daniel Burrai, ma è anche una storia dalle radici antiche.
“Foris pontem Salarium in loco qui Radicicula vocatur”, oltre ponte Salario in un luogo chiamato Redicicoli, si leggeva già in un documento del 1087. Un luogo in cui sorsero vigne e frutteti e poi torri e casali, i cui resti più antichi, a tutt’oggi visibili, risalgono al XIII secolo.

Mentre percorro in macchina la campagna di via di Settebagni, ai limiti della Riserva della Marcigliana, in direzione della tenuta, penso a quel nome “Redicicoli” e immagino antichi feudatari, nobili e castellani, che qui, un tempo, avevano le proprie terre.
La realtà, però, è un po’ più banale. Il nome Redicicoli non sembra derivare da un antico e mitico sovrano, né da quello di una famiglia aristocratica. L’ipotesi più probabile è che indichi le radici, proprio quelle delle piante che si vedono nella zona, o forse il raphanus sativus radicicula, nome scientifico del ravanello, che qui un tempo, probabilmente, si coltivava.
Certo è che “La tenuta dei ravanelli”, come nome suonerebbe decisamente strano. Sembrerebbe il titolo di un racconto per bambini. Meglio, allora, continuare a immaginare un’antica e inesistente stirpe nobiliare, di cui Daniel Burrai potrebbe essere l’ultimo rampollo. 

All’altezza di via Wanda Capodaglio, un cartello indica l’ingresso della tenuta. Qualche metro di strada sterrata, per risalire una piccola collina, poi sono arrivato.
Che questa sia una storia, contemporaneamente, antica e modernissima, è il luogo stesso ad indicarmelo. Alla mia sinistra, verso sudovest, si vedono da lontano le auto che sfrecciano veloci sul Grande Raccordo Anulare. Sullo sfondo, il centro commerciale di Porta di Roma, col nuovo quartiere che gli è cresciuto intorno. Un po’ più a nord, lo svincolo della Roma-Firenze. Ma se giro lo sguardo alla mia destra, il panorama cambia del tutto: colline morbide e alberi da frutta, casali antichi e terre coltivate; i trentasei ettari della tenuta.

Ad attendermi c’è un giovane sorridente, dai capelli scuri, illuminati da un ciuffo biondo e sbarazzino. È lui Daniel, l’attuale assegnatario dei terreni. Ha 25 anni, ne aveva 21 quando è arrivato qui.
“È iniziato tutto nel 2014, quando il Comune di Roma ha messo a bando questi terreni – esordisce Manuel – per la realizzazione di un’azienda agricola multifunzionale. Decisi di partecipare, vinsi quel bando e, un anno dopo, l’allora Sindaco Ignazio Marino, con una piccola cerimonia, mi assegnò la tenuta”.
Un’assegnazione che durerà per 15 anni, più altri 15: “Qui ho un normale contratto d’affitto. Al momento pago al Comune più di 7.000 euro l’anno, suscettibili di variazioni di legge”.

Prima di lui, a occupare quei casali e quei terreni della Tenuta, c’erano stati, per alcuni anni, attivisti di Casapound: “Non ho nulla da dire contro di loro, certo è che avevano tenuto tutto nella più completa incuria, senza realizzarci mai nulla. Per esempio, la vede quella costruzione? – e con una mano mi indica un casale, dal tetto un po’ diruto – Ecco quella, tanto per dire, quando sono arrivato io era completamente ricoperta dai rovi. Nemmeno si riusciva a vedere che sotto c’era una casa. Mi sono messo di buzzo buono ed ecco qua. Certo, ora per sistemarla davvero e renderla agibile, servirebbero diverse centinaia di migliaia di euro, soldi che ora non ho”.

“Non ci sono i fondi del Comune, per questo?” chiedo io, un po’ sorpreso.
“Il bando prevedeva uno stanziamento iniziale, a fondo perduto, di 70.000 euro, che sono serviti per l’acquisto delle attrezzature agricole, per la sistemazione dei terreni e del piccolo casale in cui ora vivo. Poi, sempre da bando, si prevedeva anche la possibilità di stanziare altri 200.000 euro, in base alla disponibilità delle casse comunali. Ma parlare di ‘possibilità’ e dire ‘in base alla disponibilità’, da parte di un Comune che è sempre in deficit, equivale a dire che quei soldi non arriveranno mai. Infatti, finora non sono arrivati. Peccato, perché nel casale diroccato era prevista dal mio progetto la realizzazione di un laboratorio per la trasformazione dei prodotti e di un’area attrezzata, destinata ad eventi e anche ad accogliere le visite guidate delle scuole. Senza quei fondi diventa tutto più lento e difficile, ma poco alla volta troverò un altro modo per realizzare ogni cosa”.

È un “figlio d’arte” Daniel. Il padre lavora ancora oggi in una tenuta non molto distante, all’interno del parco della Marcigliana. La madre, come la nonna, è stata dipendente di un’azienda agricola pubblica.
“Essere figlio di contadini, per me è stato importantissimo. Mi ha trasmesso la passione, l’amore per la terra. Non si può fare questo lavoro senza passione, visto che un contadino difficilmente può diventare ricco, nonostante la fatica. Ma questo è il lavoro più importante del mondo, perché fa mangiare le persone. Ed è importante che la gente mangi sano. E che quindi da parte mia e di chi fa il mio lavoro, si coltivino cibi sani, puliti, senza additivi, che facciano bene alle persone”. A Daniel si accendono gli occhi.
“La passione l’ho avuta fin da piccolo. Qualche anno fa mi sono diplomato all’Istituto Agrario Emilio Sereni e ora eccomi qui, con una mia azienda. È la più grande azienda su terreno pubblico, all’interno del Comune di Roma, sa? Altre aziende così si possono trovare a Maccarese, o in altri Comuni della provincia, ma non dentro la città. Nei primi tempi, qui ho coltivato grano, producendo anche per i più importanti pastifici italiani. Poi, per un anno, ho deciso che fosse giusto far riposare i terreni, trasformarli a pascolo naturale. Dal 2018 ho poi iniziato la trasformazione in azienda biologica, evitando ogni concime chimico e ora sono in attesa di poter ottenere la certificazione bio”.

A luglio di quest’anno, improvvisamente, la trasformazione in biologico sembrava avviata verso un epilogo imprevisto e negativo: l’Ama e il Comune di Roma, nella necessità di trovare delle aree per il trasbordo dei rifiuti, avevano infatti identificato, fra le zone idonee, anche un terreno a pochissimi metri di distanza dalla tenuta di Redicicoli. Una scelta che, ovviamente, avrebbe definitivamente stoppato il processo di trasformazione bio dei terreni.
Ma quando la sindaca Virginia Raggi si recò all’Università Salesiana per presentare l’iniziativa, mostrando sullo schermo della sala alcune mappe delle aree interessate, tra cui la zona adiacente alla tenuta, dai banchi del pubblico Daniel Burrai si alzò per spiegare alla prima cittadina alla sindaca la situazione dell’area, la presenza della sua azienda, raccontandone per filo e per segno la storia, il bando comunale vinto, il processo in corso di trasformazione in bio. La scelta di portare lì vicino l’Ama avrebbe ammazzato il progetto.
La sindaca rimase colpita dall’intervento, racconta Daniel, e chiese maggiori dettagli. A fine riunione, Raggi disse che avrebbe ponderato bene il tutto. Qualche giorno dopo, il Comune di Roma annunciò che l’area sarebbe stata risparmiata.

“Quella questione pare essersi risolta per il meglio – dice Daniel – Il problema, però, è che col Comune il mio rapporto resta sempre un po’ difficile, ma su altre questioni. Purtroppo, mi sto rendendo conto che negli uffici comunali scarseggiano le persone competenti nel campo dell’agricoltura. Quando vado lì – e visto che sono su un terreno comunale, capita spesso – vorrei parlare con persone che in materia ne sappiano almeno quanto me, o più di me, ma non è mai così. E in questo modo ogni piccola questione provoca lungaggini, eccessi di burocrazia, incomprensioni, problemi amministrativi”.

Manuel però non si scoraggia: “All’inizio c’erano anche alcune associazioni del territorio a darmi una mano qui, poi, poco alla volta, sono rimasto solo. Forse gli altri si sono accorti che il lavoro in campagna è molto faticoso. Ma dà anche bellissime soddisfazioni. Oggi, oltre ai terreni, qui abbiamo quasi 200 alberi da frutto, peschi, albicocchi. Presto attiveremo una fattoria didattica per i ragazzi del territorio. Poi facciamo vendita al dettaglio, ovviamente di prodotti esclusivamente di stagione. Ma, soprattutto, dopo aver risistemato un antico pozzo, la cosa più bella è che abbiamo attivato 40 lotti di orti urbani, ciascuno con la sua capiente cisterna d’acqua. Sono lotti da 60 metri quadrati, studiati per poter soddisfare il fabbisogno di una famiglia. Li diamo in concessione ai cittadini che vogliano occuparsene e il successo è stato tale che al momento sono ‘sold out’. È bello, perché vengono persone di ogni tipo a curare questi orti”.
Proprio nel momento in cui lo racconta, si sentono arrivare alcune auto. Sono i clienti, venuti a comprare i suoi prodotti, e alcuni dei concessionari degli orti, arrivati per controllare i propri orti. Fra gli altri, riconosco il capitano della locale stazione dei Carabinieri, anche lui contadino per hobby e per passione.

Saluto Daniel, risalgo in  macchina, percorro all’inverso la piccola discesa sterrata, per poi immettermi su via di Settebagni, nel traffico caotico della città.
Ma, mentre sono alla guida, ripenso a Daniel e mi chiedo se, prima o poi, si libererà almeno un posticino nel suo “sold out” di orti urbani, per poterlo occupare e avere anch’io il mio piccolo terreno da curare.
Se non altro per il piacere di poter tornare spesso lì, in quella tenuta di Redicicoli, che non è il nome di un antico re delle favole, ma è un posto ugualmente carico di magia e di energia positiva.

[Le foto sono tratte dalla pagina Facebook della Tenuta di Redicicoli]

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