A Roma è caduto il velo

Le ennesime vicende di AMA e del suo management – con le dimissioni in blocco del cda e la nomina da parte del sindaco dell’amministratore unico Stefano Zaghis – confermano in modo inequivocabile alcuni fatti da un lato ma anche, dall’altro, problemi di sistema che investono la città di Roma da oltre un decennio.
Problemi che non trovano adeguate risposte politiche, mentre l’attenzione si concentra solo sulla stretta attualità e sul conclamato fallimento amministrativo della Giunta Raggi. 

Il governo del ciclo dei rifiuti è il paradigma sistemico per spiegare il ritrarsi di una città con un passato glorioso alle spalle e un futuro nerissimo all’orizzonte. La Giunta Raggi ha vinto le elezioni nel 2016 grazie alla capacità di catalizzare intorno al malcontento verso il notabilato partitico di sinistra e alla pochezza delle proposte della destra la voglia di rivalsa, ribellione e rabbia raccolta negli ultimi dieci anni. Ovviamente, ha aiutato anche la debolezza delle classi dirigenti dei partiti tradizionali.

Quello del M5s avrebbe dovuto essere il governo dei cittadini onesti. Riconosco, e lo ho sempre detto e scritto, che molte responsabilità non possono essere imputate a questa giunta. La situazione della città di Roma era in sofferenza da anni. I problemi della macchina amministrativa, la ripartizione della governance tra Campidoglio e Municipi, la farraginosità della burocrazia romana sono esempi di scuola.
Detto questo però, dopo oltre tre anni dalla vittoria scontata alle elezioni comunali, il velo è caduto. E con esso la città sprofonda in una situazione di totale incertezza. 

Foto di Fabrizio Lonzini diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

In altri tempi e a schieramenti invertiti –  su questo bisogna essere intellettualmente onesti – i 5 Stelle avrebbero fatto una canea immane

La crisi di AMA è correlata e inversamente proporzionale alla capacità della classe dirigente politica di essere all’altezza delle sfide. Per essere chiari: la dirigenza di AMA, fino all’altro giorno, era comunque composta nelle sue diverse formazioni (visti i cambi di amministratore delegato e presidente occorsi in questi tre anni) da persone competenti. Cosa non altrettanto vera per quanto riguarda il personale politico capitolino. Ma il problema della capacità delle classi dirigenti politiche riguarda drammaticamente anche gli altri partiti, non solo il M5s.

Questa è una situazione sistemica e mette a rischio tutta la comunità “politica” della città. Per mille motivi. A partire dall’assenza di una visione della città da qui a 50 anni almeno.
Il tema delle classi dirigenti è un problema molto particolare ma che condiziona pesantemente le scelte sul futuro delle comunità.  Ma non basta a spiegare il declino vertiginoso delle condizioni di Roma.

Certo pensare che la chiusura di Malagrotta, decretata sotto la Giunta Marino, fosse la soluzione al problema rifiuti, o che si possa continuare a trasferire con camion, treni e navi i rifiuti in altre Regioni o addirittura in altri Paesi sono facce della stessa, identica, disperata assenza di visione strategica. Come lo spot dell’economia circolare, che è diventato un mantra. So di sollecitare forti critiche, ma qualcuno mi deve ancora spiegare operativamente come si gestiscono i rifiuti nella situazione in cui oggi è Roma, non in un mondo immaginario.

Così come il balletto di responsabilità tra Comune e Regione su chi debba fare cosa (la legge è chiara e anche qui la Giunta Raggi ha dimostrato solo la sua caratterizzazione social) esprime in fondo il senso di “irresponsabilità” che pervade molti amministratori locali. Incapacità, pessima conoscenza dei sistemi, arroganza aumentata dal tifo in stile ultrà dei social e una politica che ormai si limita alla comunicazione come unico elemento distintivo e caratterizzante portano ai risultati che sono sotto gli occhi (e il naso…) di tutti coloro che vivono, lavorano o sono in visita a Roma.
Ma questa politica, questo modo di fare politica è però anche utile modello per le opposizioni (abbastanza silenti e quasi spettatrici a dire il vero) che navigano a vista. Nulla appare scalfire la loro granitica opera di contrasto alle politiche dell’attuale Giunta.

Foto di Simona diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

In altri tempi e a schieramenti invertiti –  su questo bisogna essere intellettualmente onesti – i 5 Stelle avrebbero fatto una canea immane: la vicenda della Panda rossa di Marino su tutto. Ma in questi tre anni, altro che Panda rossa!
Bandi comunali ritirati, contestati al Tar e persi; gare deserte; municipalizzate che ormai sembrano totalmente allo sbando (al di là delle solite, inutili, lagnose rassicurazioni); sospetti pesanti su interessi privatissimi di acquisto delle Municipalizzate come AMA (che potrebbe essere una miniera d’oro economicamente parlando nel prossimo futuro, a proposito di strategie sul futuro…).

Ecco Roma è anche questo. Drammaticamente anche questo. Ma limitarsi a spiegare che si è arrivati a questa situazione per colpa della “politica dei partiti” non può bastare. suonerebbe come una auto-assoluzione.

Se i partiti hanno responsabilità enormi sulla selezione della classe dirigente, allo stesso tempo le organizzazioni civiche non possono pensare di essere immuni da responsabilità per lo stato in cui versa Roma

Quello che stiamo misurando nonostante la situazione generale di estrema difficoltà, chiusura e poche idee sul versante dei partiti, è la vivacità delle organizzazioni civiche a Roma e la capacità di farsi interprete, partendo dai bisogni nei diversi ambiti di azione, delle istanze della città, immaginando percorsi innovativi, aggregazioni tra pari, aiuto e sostegno per gli ultimi (i poveri, i migranti, le famiglie in difficoltà).
Sembra quasi di ripercorrere la degenerazione della Roma Imperiale, dove a una città pubblica si contrapponeva la “caritas” delle comunità cristiane catacombali, nascoste sotto terra per loro incolumità, ma che costruivano una città a misura dell’uomo e non contro l’uomo.

Ora bisogna coinvolgere davvero i cittadini, varare una legge per Roma Capitale e investire sui giovani

Qui voglio essere però chiaro e netto. Se i partiti hanno responsabilità enormi sulla selezione della classe dirigente, allo stesso tempo le organizzazioni civiche non possono pensare di essere immuni da responsabilità per lo stato in cui versa Roma.
È anche responsabilità delle organizzazioni civiche – e ci metto per primo la faccia – se i partiti continuano a fare e disfare a loro piacimento, se i cittadini languono in attesa del solito favore, del solito conoscente, del solito aiutino.

Su Roma è necessario capire che il tema dei rifiuti, della mobilità e della integrazione delle persone sono il banco di prova per i prossimi 10 anni. E che questi tre problemi possono diventare opportunità di rinascita della città.
Ma a una condizione, con una necessità e con una scommessa.

La condizione è legata alla effettiva capacità di coinvolgere i cittadini, singoli e organizzati, in processi partecipativi per il governo del ciclo delle politiche pubbliche in tutte le fasi. Oggi si chiede ai cittadini se quello che è stato pensato da altri va bene così: forse è ora di smetterla con queste finzioni democratiche, quella non è partecipazione.

Foto di Jacques Lebleu diffusa su Flickr.com con licenza creative commons

La necessità: Roma Capitale ha bisogno di una legislazione a misura del suo ruolo sulla scorta di analoghe esperienze di altre capitali europee. Questo implicherebbe anche un investimento, una rilancio e una qualificazione della pubblica amministrazione capitolina.

La scommessa, invece, è quella di investire sui giovani. Investire nel senso di iniziare da subito, da ieri non da dopodomani, ad aprire la città ai giovani e a renderli protagonisti veri di Roma.

Sono cosciente che molti sono gli ostacoli, gli inciampi, le lusinghe che possono condizionare questi processi che devono trovare forma, visione e strategia. Ma questo probabilmente è il compito che spetta a quei cittadini più attenti alla costruzione della comunità cittadina che invece alla propria immagine.
E questo vale anche per le tante organizzazioni, piccole o grandi, conosciute o meno che abitano questa città e che ne costituiscono la rete sociale più preziosa, determinata e visionaria che si possa immaginare.
Non sarà facile. Ma ce la faremo.

Elio Rosati è segretario regionale di Cittadinanzattiva Lazio

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